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Autonoma valutazione del GIP: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto accusato di essere a capo di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. L’appello si basava sulla presunta mancanza di autonoma valutazione del GIP nell’emettere l’ordinanza cautelare. La Corte ha ritenuto il ricorso non solo manifestamente infondato, ma anche privo della necessaria specificità, confermando la validità del provvedimento restrittivo.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Autonoma Valutazione del GIP: Quando un Ricorso è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21562/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: l’autonoma valutazione del GIP nell’emissione delle ordinanze cautelari. La pronuncia offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità di un ricorso che lamenti la violazione di tale obbligo, sottolineando la necessità di una critica specifica e non generica da parte della difesa. Il caso riguardava un soggetto indagato per il ruolo di capo e organizzatore di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.

I Fatti di Causa

Il Tribunale del Riesame di Bologna aveva confermato un’ordinanza di custodia cautelare (prima in carcere, poi ai domiciliari) emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) nei confronti di un individuo ritenuto al vertice di una complessa organizzazione criminale. Le indagini, basate su intercettazioni, videoriprese e sequestri, avevano delineato un quadro indiziario grave, descrivendo una struttura piramidale dedita al traffico di ingenti quantitativi di cocaina e hashish. L’indagato era stato identificato come colui che gestiva i canali di approvvigionamento e impartiva ordini agli spacciatori.

Contro la decisione del Riesame, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

I Motivi del Ricorso: Una Critica all’Autonoma Valutazione del GIP

Il fulcro dell’argomentazione difensiva era la presunta natura “stereotipata” della motivazione del Tribunale. Secondo il ricorrente, il G.I.P. non avrebbe compiuto una vera autonoma valutazione del GIP degli elementi indiziari, limitandosi a riprendere le tesi dell’accusa. A riprova di ciò, la difesa evidenziava come l’ordinanza menzionasse anche i reati-fine (lo spaccio), sebbene all’indagato fosse contestato unicamente il reato associativo.

In sostanza, il ricorso mirava a far dichiarare la nullità dell’ordinanza genetica per non aver rispettato il requisito, imposto dalla legge n. 47 del 2015, che obbliga il giudice a una disamina critica e personale degli atti, senza appiattirsi sulla richiesta del Pubblico Ministero.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su due pilastri: il difetto di specificità del ricorso e la sua manifesta infondatezza.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato in modo dettagliato perché le censure difensive non potessero trovare accoglimento.

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato inammissibile per difetto di specificità. La difesa, per contestare efficacemente la mancanza di autonoma valutazione, avrebbe dovuto indicare quali aspetti specifici della motivazione erano stati omessi o travisati e, soprattutto, perché un’analisi diversa avrebbe portato a conclusioni favorevoli all’indagato. Una critica generica all’impianto motivazionale non è sufficiente per superare il vaglio di ammissibilità in Cassazione.

In secondo luogo, la Corte ha ritenuto la censura manifestamente infondata. L’obbligo di autonoma valutazione, chiariscono i giudici, non impedisce al G.I.P. di richiamare, anche per relationem, atti del procedimento, a condizione che dal contesto complessivo del provvedimento emerga un vaglio effettivo e critico degli elementi decisivi. Nel caso di specie, il G.I.P. aveva dedicato specifiche pagine (dalla 290 alla 292 dell’ordinanza) a una valutazione propria e autonoma, sia sulla configurabilità del reato associativo sia sul ruolo specifico del ricorrente. Il riferimento ai reati-fine, lungi dall’essere un errore o un sintomo di motivazione stereotipata, era funzionale a dimostrare che il giudice aveva esaminato l’intero compendio indiziario prima di giungere alle sue conclusioni.

Infine, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: la censura relativa alla nullità dell’ordinanza per omessa autonoma valutazione è ontologicamente distinta da quella relativa all’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. La prima attiene al metodo con cui il giudice ha motivato, la seconda al merito della sua valutazione.

Le Conclusioni

La sentenza n. 21562/2024 consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per contestare efficacemente la validità di un’ordinanza cautelare sotto il profilo della mancanza di autonoma valutazione del GIP, non basta una critica generica. È necessario che la difesa articoli una censura specifica, puntuale e argomentata, dimostrando concretamente dove il giudice ha fallito nel suo dovere di analisi critica e come ciò abbia inciso sulla decisione. In assenza di tali elementi, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, confermando la solidità del provvedimento restrittivo e precludendo un esame nel merito da parte della Suprema Corte.

Cosa si intende per ‘autonoma valutazione’ del GIP in una misura cautelare?
Significa che il Giudice per le Indagini Preliminari ha l’obbligo di esporre, con una motivazione propria e non meramente riproduttiva della richiesta del Pubblico Ministero, le ragioni specifiche che giustificano l’applicazione di una misura restrittiva, dimostrando di aver condotto un vaglio critico e personale degli elementi d’indagine.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per ‘difetto di specificità’?
Perché, come chiarito dalla sentenza, non è sufficiente una lamentela generica. Il ricorrente ha l’onere di indicare con precisione quali aspetti della motivazione del provvedimento impugnato sono errati o carenti e spiegare le ragioni per cui una diversa valutazione di tali aspetti avrebbe dovuto condurre a una conclusione differente.

Contestare la mancanza di autonoma valutazione del GIP equivale a contestare l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza?
No. La Corte ha ribadito che si tratta di due questioni distinte. La prima riguarda il rispetto delle regole procedurali sulla stesura della motivazione (un vizio di forma/procedura). La seconda riguarda la sostanza degli elementi a carico dell’indagato (un vizio di merito). Un provvedimento può essere motivato in modo autonomo ma basarsi su indizi ritenuti insussistenti, e viceversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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