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Autonoma valutazione: Cassazione su misure cautelari

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato in custodia cautelare per estorsione aggravata. La difesa lamentava la mancanza di autonoma valutazione da parte del GIP e del Tribunale del Riesame, che avrebbero meramente recepito la richiesta del PM. La Corte ha ribadito che l’uso di tecniche redazionali “per relationem” è compatibile con l’obbligo di autonoma valutazione, purché emerga una “visibile” elaborazione critica da parte del giudice. Il ricorso è stato giudicato generico in quanto non ha dimostrato come una diversa valutazione avrebbe cambiato l’esito della decisione cautelare.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Autonoma Valutazione del Giudice: Legittimo Copiare il PM?

Il principio dell’autonoma valutazione da parte del giudice rappresenta un pilastro fondamentale del sistema processuale penale, specialmente quando si tratta di decisioni che limitano la libertà personale, come le misure cautelari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 43129 del 2024, torna su questo tema delicato, chiarendo i confini tra una legittima motivazione per relationem e una mera e inammissibile apparenza di motivazione. Il caso analizzato riguarda un ricorso contro un’ordinanza di custodia in carcere per il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza di Custodia Cautelare

Il procedimento ha origine da un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Palermo, che disponeva la custodia in carcere per un individuo accusato di concorso in estorsione aggravata. Secondo l’accusa, l’indagato, insieme ad altri, avrebbe costretto una persona, tramite minacce di gravi danni, a non concedere in locazione un’officina a un potenziale concorrente.

Contro questa misura, l’interessato proponeva richiesta di riesame, che veniva però respinta dal Tribunale di Palermo. Di conseguenza, il difensore presentava ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali, entrambi incentrati sulla violazione della legge processuale.

Il Ricorso in Cassazione: La Presunta Mancanza di Autonoma Valutazione

Il cuore del ricorso si fondava sulla presunta violazione dell’obbligo di autonoma valutazione imposto al giudice dall’articolo 292 del codice di procedura penale. La difesa sosteneva che sia l’ordinanza del GIP sia quella del Tribunale del Riesame fossero sostanzialmente una riproduzione acritica della richiesta cautelare del Pubblico Ministero, prive quindi di un’effettiva e indipendente elaborazione critica.

Inoltre, il ricorrente lamentava una motivazione carente o meramente apparente riguardo alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari, sottolineando come, dopo l’autunno del 2023, non si fossero registrati ulteriori episodi di minaccia ai danni delle persone offese.

L’Orientamento della Cassazione sulla Autonoma Valutazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso manifestamente infondato, ha colto l’occasione per ribadire il proprio consolidato orientamento sul tema. I giudici hanno chiarito che la necessità di ‘autonoma valutazione’, introdotta dalla legge n. 47 del 2015, non vieta al giudice di utilizzare tecniche redazionali come la motivazione per relationem, ovvero di ‘incorporare’ nel proprio provvedimento parti della richiesta del PM.

Ciò che la legge impone non è una riscrittura integrale degli atti, ma una ‘visibile’ elaborazione autonoma delle ragioni che sostengono la decisione. In altre parole, deve essere evidente che il giudice ha esaminato criticamente le fonti di prova e le argomentazioni della pubblica accusa, giungendo a un proprio e autonomo convincimento.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché generico. La difesa si era limitata a denunciare una somiglianza formale tra l’ordinanza e la richiesta del PM, senza però adempiere all’onere di specificare quali aspetti, se valutati autonomamente, avrebbero potuto condurre a un esito diverso. Secondo la Suprema Corte, per contestare validamente la mancanza di autonoma valutazione, non basta evidenziare una sovrapposizione grafica dei testi, ma è necessario dimostrare la ‘rilevanza causale’ dell’omissione. Il ricorrente deve indicare quali elementi di segno contrario siano stati ignorati e come la loro considerazione avrebbe potuto modificare la decisione cautelare.

Nel caso di specie, il Tribunale aveva condiviso i dati conoscitivi forniti dal PM, ritenendoli sufficienti a dimostrare la gravità indiziaria. La motivazione, pertanto, non poteva essere considerata meramente apparente.

Con riferimento al secondo motivo, relativo alle esigenze cautelari, la Corte ha sottolineato che, per i reati aggravati dal metodo mafioso, opera una presunzione di adeguatezza della custodia in carcere. Tale presunzione non è stata ritenuta superata dal tempo trascorso, data la gravità dei fatti, che dimostravano un capillare e protervo controllo del territorio.

Le Conclusioni

La sentenza n. 43129/2024 conferma che la nullità per difetto di autonoma valutazione non può essere invocata in modo puramente formalistico. Il giudice può avvalersi degli elaborati del PM per economia processuale, a condizione che il suo percorso logico-critico sia chiaramente percepibile. La difesa che intende sollevare tale vizio ha l’onere di andare oltre la mera denuncia di un ‘copia-incolla’ e di argomentare in modo specifico su come l’omessa valutazione critica abbia concretamente inciso sulla decisione, impedendo l’apprezzamento di elementi favorevoli che avrebbero potuto portare a un esito diverso. In assenza di tale specificità, il ricorso è destinato all’inammissibilità.

Un giudice può copiare parti della richiesta del Pubblico Ministero nella sua ordinanza?
Sì, la Cassazione ha chiarito che il giudice può utilizzare tecniche redazionali che incorporano parti della richiesta del Pubblico Ministero (‘per relationem’). Tuttavia, è indispensabile che emerga una ‘visibile’ ed autonoma elaborazione delle ragioni che giustificano la misura, dimostrando che il giudice ha svolto una propria valutazione critica.

Per contestare la mancanza di autonoma valutazione, è sufficiente dimostrare che l’ordinanza del giudice è molto simile alla richiesta del PM?
No, non è sufficiente. La difesa deve specificare in che modo l’asserita accettazione acritica della richiesta del PM abbia impedito di considerare elementi di segno contrario che avrebbero portato a una conclusione diversa. Bisogna dimostrare l’incidenza concreta della mancata valutazione sull’esito del provvedimento.

In caso di reati con aggravante mafiosa, come viene valutata la necessità di una misura cautelare?
Per i reati commessi con metodo mafioso, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. prevede una presunzione ‘temperata’ di adeguatezza della custodia in carcere. In questo caso, la Corte ha ritenuto che tale presunzione non fosse superata né dal tempo trascorso dai fatti né da altri elementi, data la gravità del controllo del territorio manifestato dagli indagati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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