Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27438 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27438 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOMENOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 09/01/1976
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 17/09/1975
avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del Tribunale del riesame di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME per il tramite del comune difensore, ricorrono avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli adito ex art. 309 cod. proc. pen. che ha confermato la misura della custodia cautelare, rispettivamente, in carcere (COGNOME) e degli arresti domiciliari (COGNOME), disposta dal Giudice delle indagini preliminari di Napoli in ordine ai delitti di c agli artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
I ricorrenti deducono vizi di motivazione e violazione di legge penale e processuale relativamente agli artt. 125, comma 3, 309, comma 9, 292 cod. proc. pen. per ritenuta insussistenza di autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
I ricorrenti rilevano come la motivazione resa dal Tribunale sia viziata ed illogica là dove, pur avendo riscontrato la presenza di “indubbie criticità sotto i profilo motivazionale” e non condiviso la scelta del Giudice delle indagini preliminari di stabilire criteri astratti e predeterminati indipendenti dalla gravi indiziaria delle condotte in concreto contestate e della personalità dei singoli destinatari della richiesta cautelare, anziché annullare l’ordinanza genetica ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen., ha ritenuto di poterne officiosamente integrare il contenuto, e ciò in contrasto con quanto da tempo statuito dalla giurisprudenza di legittimità che, equiparando la mancanza di motivazione alla motivazione apparente, ha ritenuto non praticabile tale opzione.
La difesa assume di aver rappresentato in sede di ricorso come il Giudice delle indagini preliminari avesse indicato premesse metodologiche generiche ed indistinte per ogni imputato ed in particolare: a pag. 25 aveva enunciato i criteri di massima senza effettuare alcun riferimento alle singole vicende personali contestate in via provvisoria agli indagati; a pag. 35, in ordine alla contestata partecipazione all’associazione di cui al capo 1), aveva riportato stralci dell’informativa di reato senza un’analitica prospettazione degli elementi sintomatici della sussistenza associativa, esaurendo poi la valutazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in appena due pagine (pag. 43 e 44).
Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, pertanto, quella resa dal Giudice delle indagini preliminari costituisce una motivazione apparente o assente e non solo “carente”, tale da non consentirne l’integrazione da parte del Tribunale del riesame.
IL CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, che complessivamente deducono la nullità dell’ordinanza genetica per assente o apparente motivazione o difetto di una autonoma valutazione, ritenendo illegittima l’integrazione effettata dal Tribunale del riesame, sono infondati.
Deve ribadirsi che t anche a seguito delle modifiche apportate agli artt. 292 e 309 cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, l’ordinanza che decide sulla richiesta di riesame può integrare l’eventuale carenza o insufficienza della
motivazione di quella adottata dal primo giudice, salve le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva dell’autonoma valutazione in ordine alle esigenze cautelari ed alla gravità indiziaria, in quanto, ricorrendo tali ipotesi, tribunale del riesame è tenuto ad annullare il provvedimento impositivo della misura (Sez. 5, n. 6230 del 15/10/2015 – dep. 2016, Vecchio, Rv. 266150; Sez. 3, n. 49175 del 27/10/2015, COGNOME, Rv. 265365).
2.1. Questa Corte di cassazione ha, infatti, statuito che il potere-dovere del Tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera nelle ipotesi in cui il primo giudice si sia limitato ad una sterile rassegna delle fonti di prova a carico dell’indagato, in assenza di qualsiasi riferimento contenutistico e di enucleazione degli specifici elementi reputati indizianti (Sez. 2, n. 46136 del 28/10/2015, COGNOME, Rv. 26521201); né si è ritenuta possibile una integrazione della motivazione del provvedimento impugnato che non abbia un contenuto dimostrativo dell’effettivo esercizio di una autonoma valutazione da parte del giudicante (Sez. 6, n. 44605 del 01/10/2015, COGNOME, Rv. 265349; anche con riferimento ai limiti del potere officioso riconosciuto al Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza di gravi indizi quanto a configurabilità di una aggravante, cfr. Sez. 5, n. 36391 del 15/07/2019, Indelicato, Rv. 276906).
2.2. D’altro canto, la previsione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del 16 aprile 2015, è osservata anche quando l’ordinanza cautelare operi un richiamo, in tutto o in parte, ad altri atti del procedimento, a condizione che il giudice, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto (Sez. 6, n. 30774 del 20/06/2018, Vizzì, Rv. 273658).
Con riferimento, poi al rinvio per relationem ed alla possibilità che tale metodo non incida negativamente sulla complessiva legittimità dell’apparato argonnentativo del giudice della cautela, si evidenzia che l’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza è osservata anche quando il giudice ripercorra gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero, dando conto del proprio esame critico dei predetti elementi e delle ragioni per cui egli li ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura (in materia di misure cautelari reali: Sez. 3, n. 35296 del 14/04/2016, Elezi, Rv. 268113).
Questa Corte ha, inoltre, ritenuto legittima, e conseguentemente compatibile con la citata previsione normativa, la redazione dell’ordinanza cautelare personale
per mezzo della tecnica c.d. dell’«incorporazione», che si realizza quando emerga dal contenuto complessivo del provvedimento la conoscenza degli atti del procedimento e, ove necessaria, la rielaborazione critica degli elementi sottoposti al vaglio, non dovendosi confondere il concetto di “valutazione autonoma” con quello di “valutazione difforme” (Sez. 5, n. 1304 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 275339).
Sotto tale aspetto non indifferente, ai fini dello specifico compito affidato al giudice della misura cautelare, risulta la natura del reato e delle modalità attraverso cui si perviene al suo accertamento nei confronti di uno o più soggetti, non potendosi certo ritenere indifferenti le condizioni che hanno portano ad ascrivere ad un soggetto un evento certamente verificatosi, rispetto ad altro in ordine al quale, per esempio, sussista incertezza anche in ordine alla stessa integrazione, a prescindere dall’eventuale contributo oggettivo e soggettivo alla fattispecie dei cui gravi indizi deve fornirsi la valutazione.
Nessuna rilevanza in tale contesto può assumere il mero dato «estetico» ovvero «stilistico» della decisione (dato in ordine al quale si è espresso il Tribunale allorché ha mostrato di non condividere la metodica utilizzata dal Giudice dele indagini preliminari), aspetti irrilevanti ai fini della produzione degli effetti giur propri dell’atto, pur essendo innegabile che, al fine di consentire al giudice del riesame di apprezzare se la decisione sia o meno connotata dalla conoscenza degli atti da parte del giudice della cautela e del conseguente autonomo apprezzamento, è alla modalità espositiva del testo del provvedimento che deve essere fatto riferimento onde desumere la sussistenza dei requisiti di legittimità ed efficacia di cui all’art. 292, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen.
Ciò premesso, corretta risulta la motivazione del Tribunale del riesame di Napoli che ha ritenuto pertanto sussistente la motivazione in ordine ai presupposti della misura (gravi indizi e esigenze cautelari).
L’aver rappresentato di non condividere il modo di operare del Giudice delle indagini preliminari non costituisce, come vorrebbero far intendere i ricorrenti, contraddizione in ordine alla ritenuta esistenza di una motivazione, apprezzata invece in termini di sua carenza e, pertanto, integrabile in sede di provvedimento emesso ex art. 309 cod. proc. pen.
Il Tribunale ha evidenziato, riportandone il contenuto, le esatte modalità attraverso cui il Giudice delle indagini preliminari aveva inteso supplire agli strettissimi tempi entro cui emettere l’ordinanza, rilevando come, per ciascun reato e, in particolare, in ordine al delitto associativo contestato ai ricorrent avesse provveduto ad indicare gli aspetti salienti valorizzati che davano conto delle ragioni poste alla base della gravità indiziaria autonomamente apprezzata.
Giuridicamente corretta risulta la distinzione operata dal Tribunale tra motivazione carente e motivazione assente o apparente e la conseguente
integrabilità della prima a fronte della nullità discendente dalla seconda, laddove si è ritenuto che la stessa deponesse per una analisi critica ed autonoma
valutazione cui seguiva, rispetto alla preliminare riproduzione delle risultanze emerse dalle indagini, il ragionamento probatorio espresso in termini sintetici e
l’iter logico posto a fondamento del giudizio in ordine alla rilevata sussistenza della gravità indiziaria a carico di ciascun indagato.
Rasentano, inoltre, la genericità le censure rivolte dai ricorrenti al modo di operare del Giudice delle indagini preliminari ed il dissenso espresso in ordine alla
,Lit- qualificazione in termini di “carenza”ritTaivazione operata dal Tribunale, vista la
non adeguata articolazione delle ragioni poste alla base della differente valutazione che, pertanto, si risolve in una mera manifestazione di dissenso.
4. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26/06/2025.