Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22445 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22445 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 29/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 21/08/1974
avverso l’ordinanza del 12/12/2024 del TRIB. LIBERTA di Catanzaro
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Procuratore Generale che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso:
udito il difensore Avvocato NOME COGNOME del Foro di Cosenza in difesa di COGNOME COGNOME la quale ha esposto i motivi del ricorso e ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 14 novembre 2024, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di COGNOME NOME in relazione ai reati di cui ai capi 1 (associazione finalizzata al traffico di sost stupefacenti, escluse le aggravanti dell’essere l’associazione armata e quella di cui all’art. bis.1 c.p.) e 2 (cessione di sostanze stupefacenti) della provvisoria imputazione.
Il difensore dell’indagato proponeva richiesta di riesame, eccependo in via preliminare la nullità dell’ordinanza genetica per omessa autonoma valutazione ai sensi dell’art. 292 comma 2 lett. c) cod.proc.pen., con particolare riferimento all’individuazione del ricorrente quale canal rifornimento della droga su Scalea, alternativo a quello costituito dal coindagato NOME COGNOME Nel merito, contestava il quadro indiziario e cautelare a carico del proprio assistito.
Il Tribunale del Riesame di Catanzaro, con ordinanza del 12 dicembre 2024, ha respinto la richiesta, confermando il provvedimento impugnato.
In ordine all’eccezione preliminare, il Collegio ha ritenuto che dal complesso dell argomentazioni svolte nell’ordinanza genetica non potesse desumersi l’assenza di un vaglio critico autonomo da parte del GIP, affermando la legittimità della motivazione per relationem che richiami o riproduca le argomentazioni contenute nella richiesta del Pubblico Ministero, purché accompagnata da un effettivo vaglio degli elementi di fatto.
Nel merito, il Tribunale del Riesame ha ravvisato un significativo quadro indiziario a cari del ricorrente, desunto principalmente da intercettazioni ambientali effettuate sull’autovettura uso ad altri indagati, accompagnate dal monitoraggio GPS dello stesso veicolo, che documentava frequenti soste nei pressi dell’abitazione di COGNOME Domenico ubicata all’interno del complesso residenziale “INDIRIZZO” di Scalea.
In particolare, il Collegio ha evidenziato che, nel periodo da marzo a maggio 2020, il ricorrente aveva ceduto in sei occasioni quantitativi imprecisati di cocaina ai componenti de gruppo, ponendosi come fornitore abituale del sodalizio e maturando crediti per circa trentaseimila euro.
In ordine alle esigenze cautelari, il Tribunale ha confermato la sussistenza del pericolo d reiterazione di reati della stessa specie, richiamando il principio della presunzione relativ pericolosità per i reati associativi e valorizzando i precedenti penali dell’indagato (ricettaz furto continuato, rapina in concorso, detenzione illegale di armi, resistenza a pubblico ufficia plurime ipotesi di danneggiamento, oltre a precedenti specifici in materia di stupefacenti).
Come elementi attualizzanti, il Collegio ha menzionato una annotazione di p.g. del 24.10.2024, che documentava la sottoposizione a custodia cautelare del ricorrente in data 13.6.2023 per reati in materia di stupefacenti, nonché il deferimento in stato di libertà per po illegale di armi nell’ottobre 2023 e per violazione dell’art. 391 ter c.p. nei mesi di aprile e 2024.
Avverso tale ordinanza, COGNOME COGNOME per il tramite del proprio difensore, propone ricorso per Cassazione, articolando i seguenti motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b), c), e cod.proc.pen. in relazione all’art. 292 comma 2 lett. c), cod.proc.pen., per omessa autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari.
Il ricorrente censura anzitutto l’ordinanza impugnata nella parte in cui ritiene che il avesse ottemperato ai dettami normativi di cui all’art. 292, comma 2, lett. c), cod.proc.pen.
Al contrario, secondo il ricorrente, il GIP non avrebbe operato un richiamo, in tutto o parte, per relationem alla richiesta del PM, bensì si sarebbe limitato, in modo generico e acritico, a indicare che COGNOME NOME “costituisce uno dei due canali principali di approvvigionamento del gruppo”, senza specificare gli elementi indiziari a sostegno di tale affermazione. Rileva che identica motivazione è stata utilizzata nei confronti del coindagato NOME COGNOME, descritto come “canale alternativo a quello di COGNOME NOME di rifornimento di cocaina”, a dimostrazione dell’assenza di un’effettiva valutazione individualizzata del posizioni.
L’assenza di autonoma valutazione emergerebbe, secondo la difesa, sia in relazione agli indizi di colpevolezza, sia in riferimento alle esigenze cautelari.
Riguardo al primo profilo, il GIP avrebbe omesso di indicare specificamente gli elementi idonei ad attestare che COGNOME NOME fosse il fornitore stabile ed ufficiale del pretes gruppo criminale facente capo a NOME COGNOME e NOME COGNOME, limitandosi a deduzioni e congetture basate sul mero dato, peraltro non riscontrato, che gli altri indagati si recassero ne vicinanze del complesso residenziale “INDIRIZZO” dove il medesimo dimorava.
In ordine al secondo profilo, il GIP avrebbe parimenti omesso la necessaria valutazione individualizzata delle esigenze cautelari, riportando acriticamente le deduzioni contenute nell richiesta della Procura e applicando una formula standard per tutti gli indagati.
A dimostrazione di ciò, il ricorrente riporta testualmente stralci dell’ordinanza geneti evidenziando l’utilizzo di formulazioni identiche per tutti gli indagati e l’assenza di ele specifici riferiti alla propria posizione.
Particolarmente emblematica dell’assenza di autonoma valutazione sarebbe l’affermazione, priva di riscontro, secondo cui il ricorrente avrebbe protratto le sue condotte più a lungo de altri pretesi correi, circostanza in aperto contrasto con gli stessi atti processuali, dai quali che l’ultima cessione contestata a NOME risalirebbe al 24.05.2020 (come indicato nel capo 2 dell’imputazione provvisoria) e che egli è detenuto dal 13.06.2023.
A sostegno della propria censura, il ricorrente richiama quanto affermato dalla Suprema Corte in tema di autonoma valutazione, evidenziando che “il requisito dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza impone al Giudice l’obbligo del vagl critico delle risultanze investigative tramite un’attività ricostruttiva ed esplicativa, che, non implica, con riferimento all’esposizione della parte narrativa del provvedimento, la necessit
di una riscrittura originale del testo della richiesta del PM” (Cass., Sez. 3, sent. n. 4896 01.12.2015, Rv. 265611).
2.2 Con il secondo motivo, lamenta la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e cod.proc.pen. in relazione all’art. 273 cod.proc.pen. e 74 D.P.R. 309/90, per carenza degli elementi costitutivi del delitto associativo contestato al capo 1).
Il ricorrente sviluppa questa censura attraverso molteplici profili.
In primo luogo, contesta l’affermazione del Tribunale del Riesame secondo cui risulterebbe che egli era sottoposto a captazione ambientale e a monitoraggio con impianto di videosorveglianza. Tale affermazione, sostiene il ricorrente, risulta pretestuosa e avulsa d compendio investigativo, giacché non risultano riprese né a carico del ricorrente né di altri pret sodali e la captazione ambientale citata è esclusivamente quella effettuata sull’autovettur “Mercedes Classe A” in uso a NOME COGNOME, nella quale non viene mai captata la voce del COGNOME.
In secondo luogo, contesta l’identificazione tra la sua persona e il soggetto indicato nel conversazioni con l’appellativo “Mimmo” o “Mimmuccio”. Pur riconoscendo che il diminutivo potrebbe essere ricondotto al suo nome di battesimo, il ricorrente rileva che, senza altri elemen di riscontro, non può essere considerato riconducibile esclusivamente alla persona di NOME NOME.
A sostegno della censura, evidenzia che lo stesso Ufficio di Procura gli ha attribuito anche altri appellativi, quali “COGNOME” e “Napolicchio”, circostanza che avrebbe dovuto indurre i giu a verificare più accuratamente la sua effettiva identificazione. Sul punto, critica come apoditt e tautologica la motivazione del Tribunale del riesame, che si sarebbe limitato ad affermare che tali altri appellativi non sono di per sé ostacolo di un altro alias, senza spiegare “perc “NOME” a cui fanno riferimento altri indagati fosse riferito solo e sempre al Tamarisco”.
Inoltre, contesta la sussistenza di un’associazione finalizzata al traffico di stupeface evidenziando una contraddizione insanabile nell’ordinanza impugnata laddove, da un lato, si afferma l’esistenza di un gruppo criminale stabile operante nel settore del traffico de stupefacenti, ma dall’altro si ammette che a Scalea operavano più soggetti, tra gli altri i fra COGNOME e NOME COGNOME, che spacciavano autonomamente e dall’altra, soggetti indipendenti quali il COGNOME NOME che a sua volta operava cessioni di stupefacente per conto proprio.
La circostanza dimostrerebbe, secondo il ricorrente, che non si può parlare di un gruppo stabile operante nel territorio di Scalea, i cui partecipi siano sempre gli stessi soggetti, dedi traffico di stupefacenti.
Infine, contesta la propria partecipazione all’asserito sodalizio, evidenziando l’insufficie del dato temporale, giacché le presunte cessioni si sarebbero verificate solo nel breve periodo marzo-maggio 2020, lasso temporale che, anche secondo i dettami giurisprudenziali ricorrenti, non sarebbe periodo idoneo e sufficiente a creare quel vincolo stabile e quella affectio societatis, necessari per la partecipazione del COGNOME all’associazione che occupa.
A supporto della tesi, analizza dettagliatamente il contenuto delle intercettazioni valorizz dai giudici di merito, dalle quali emergerebbe che egli, dopo un certo periodo, aveva interrott rapporti di fornitura con NOME COGNOME a causa dei debiti accumulati da quest’ultimo (cir 36.000 euro), comportamento incompatibile con la qualifica di partecipe ad un’associazione. Se COGNOME fosse stato realmente partecipe dell’associazione e fornitore stabile della consorteria criminale riconducibile a NOME COGNOME – argomenta il ricorrente – lo stesso non avrebb negato la fornitura di ulteriori 50 grammi di stupefacente, o addirittura non avrebbe interro le forniture per debiti che il COGNOME aveva maturato nel corso del tempo.
Infine, denuncia l’illogicità del diverso trattamento riservato a NOME COGNOME considera anch’egli fornitore stabile, ma ritenuto dal Tribunale estraneo al consesso associativo.
Osserva che, col venir meno delle forniture da parte del Tamarisco, l’associazione, che, evidentemente, ha continuato ad operare, aveva senza dubbio altri canali dai quali approvvigionarsi. Tanto sta a significare che la droga eventualmente ceduta a COGNOME da parte del ricorrente, in talune occasioni, non è stata mai indispensabile ai fini associativi, ovvero la continuità dello spaccio da parte di tutti gli altri consociati.
2.3 Con il terzo motivo, deduce la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e cod.proc.pen., in relazione all’art. 73 comma 1 D.P.R. 309/90 e 273 cod.proc.pen., per carenza di elementi indiziari in ordine alle cessioni di stupefacenti contestate al capo 2).
Il ricorrente rileva che le cessioni di stupefacenti contestategli sono state desunte dal G esclusivamente dalle soste effettuate da altri indagati in prossimità del comprensorio abitativ “INDIRIZZO“, sede della propria dimora, in assenza di ulteriori riscontri quali sequestri stupefacente, intercettazioni dirette, rinvenimento di denaro.
In particolare, critica la ricostruzione indiziaria basata su un’unica intercettaz ambientale – nella quale Tamarisco non risulta tra i loquentes captata nell’autovettura Mercedes in uso a Finotti, nella quale si parlerebbe di acquisto di sostanza stupefacente che, il Giud della cautela solo in via deduttiva attribuisce al ricorrente, sulla scorta della sosta che l’a nei pressi dell’abitazione del Tamarisco. Il suddetto elemento, secondo il ricorrente, non è u dato indiziante certo, atteso che è flebile la ricostruzione operata dal GIP in assenza di ulter riscontri, tanto più che i pretesi correi, non fanno riferimento nella intercettazione in esam COGNOME.
Lamenta infine che il Tribunale del Riesame, tuttavia, in ordine al capo 2) dell’imputazione provvisoria, non ha fornito alcuna risposta alle censure difensive, incorrendo in difetto esizi di motivazione.
2.4 Con il quarto motivo, eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e cod.proc.pen., in relazione all’art. 274 cod.proc.pen., per insussistenza delle esigenze cautelar
Il ricorrente denuncia l’illogicità dell’ordinanza impugnata nella parte relativa alle esig cautelari, evidenziando la manifesta contraddittorietà del ragionamento seguito dal GIP e avallato dal Tribunale del Riesame.
5 GLYPH
In primo luogo, contesta la validità dell’annotazione di p.g. del 24.10.2024, valorizzata qua elemento attualizzante, rilevando che essa fa, evidentemente, riferimento, a fatti antecedenti comunque coevi a quelli per cui è stata applicata la custodia cautelare carceraria nel processo che occupa, ad eccezione dell’ipotesi di cui all’art. 391 ter c.p. reato commesso quando i COGNOME era già rinchiuso !delle patrie galere.
In secondo luogo, evidenzia l’intrinseca contraddittorietà della decisione impugnata nella parte in cui ritiene sussistenti le esigenze cautelari nei suoi confronti ma non per gli coindagati. In particolare, ricorda che il GIP aveva rigettato la richiesta di applicazione misura cautelare per le posizioni di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ritenut partecipi dell’associazione che occupa, taluni anche con il ruolo di organizzatori (NOME COGNOME e NOME COGNOME), e gravati da precedenti penali specifici, sulla scorta della mancanza d attualità delle esigenze cautelari, poiché i fatti contestati erano risalenti nel tempo, ovve condotte si sarebbero arrestate al 2020. Lo stesso ragionamento, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto a fortiori valere anche per la sua posizione, atteso che l’ultima condotta inferente l’att di cessione di stupefacenti risale al 24 maggio 2020, per come attestato nel capo 2) dell’incolpazione provvisoria, nonché dall’assunto accusatorio, secondo il quale il ricorren avrebbe interrotto le forniture di stupefacente nei confronti di NOME COGNOME e gli altri p correi, a partire dal 24 maggio 2020.
In conclusione, secondo il ricorrente, l’ordinanza impugnata risulta affetta da insanabil contraddittorietà nella parte in cui ritiene che l’ultima cessione di sostanza stupefacente da pa di Tamarisco, sarebbe avvenuta il 24.05.2020, salvo poi affermare che sarebbero attuali le esigenze cautelari per il ricorrente e non più attuali quelle di NOME COGNOME, NOME COGNOME gli altri pretesi accoliti.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, illustrando le ragioni della ritenut infondatezza dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
La prima censura, concernente la dedotta violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c) cod.proc.pen. per omessa autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari, tanto in ordine ai gravi indizi di colpevolezza quanto in relazione alle esigenze cautelari, si r manifestamente infondata sotto il profilo della corretta applicazione dei principi consolidat materia di motivazione per relationem. Il Tribunale del Riesame ha infatti correttamente ritenut
che dal complesso delle argomentazioni svolte nell’ordinanza genetica non potesse desumersi l’assenza di un vaglio critico autonomo da parte del GIP, confermando la piena legittimità dell motivazione che richiami o riproduca le argomentazioni contenute nella richiesta del Pubblico Ministero, purché tale richiamo sia accompagnato da un effettivo e sostanziale vaglio degli elementi di fatto acquisiti al fascicolo.
Va in proposito ricordato che il principio della reciproca integrazione tra i provvedimenti giudice di merito, costituenti “doppia conforme”, opera non soltanto nell’ambito delle sentenze definitive ma trova piena applicazione anche con riguardo alle ordinanze in materia di libert personale, secondo un orientamento ormai consolidato che trae origine dal fondamentale precedente delle Sezioni Unite (n. 7 del 17/04/1996, Moni, Rv. 205257) e che ha trovato costante conferma nella giurisprudenza successiva delle Sezioni semplici (Sez. 3, n. 8669 del 15/1/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266765; Sez. 6 n. 48649 del 06/11/2014, COGNOME ed altri, Rv. 261085; Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, COGNOME e altro, Rv. 212685).
Nel caso in esame, il Tribunale del Riesame ha fornito un’autonoma e articolata valutazione degli elementi indiziari e delle esigenze cautelar’, procedendo ad integrare e arricchire argomentazioni già sviluppate nell’ordinanza genetica e formando con essa un risultato organico ed inscindibile dal punto di vista logico-giuridico. In tal modo, ha efficacemente sanato eventu lacune motivazionali del provvedimento originario, rendendo la censura sul punto manifestamente infondata.
Il ricorrente, d’altro canto, si limita a proporre una lettura alternativa e parcell dell’ordinanza impugnata, senza riuscire ad evidenziarne specifiche carenze logiche o giuridiche, ma limitandosi esclusivamente a sollecitare una rivalutazione nel merito della vicenda cautelare, attività questa rigorosamente preclusa in sede di legittimità, essendo il sindacato di questa Cor necessariamente circoscritto alla verifica dell’esistenza di una logica base argonnentativa in grado di sostenere validamente i vari punti della decisione.
In particolare, come sarà appresso illustrato in relazione ai motivi attinenti ai gravi ind alle esigenze cautelari, il Tribunale ha dato autonoma e logica risposta alle censure sollevate sottolineando elementi specifici a carico del Tamarisco, in relazione alla gravità indiziaria e esigenze cautelari.
In dettaglio, la seconda censura, diretta a contestare la sussistenza dei gravi indizi colpevolezza in ordine al delitto associativo, risulta inammissibile secondo i consolidati princ che governano l’impugnazione delle misure cautelari personali.
È infatti pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che il ricorso per cassazion ammissibile soltanto quando denunci la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i princi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4
n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01; Sez. 6, n. 11194 del 8/03/2012, COGNOME, Rv. 252178-01; Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, COGNOME, Rv. 241997-01).
Quando sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, all Corte Suprema spetta il delicato compito di verificare, in relazione alla peculiare natura d giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbi adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante l valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diri governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Con riguardo alla determinazione dei parametri che devono orientare l’interprete nella materia disciplinata dall’art. 273 cod. proc. pen. ai fini dell’emissione di ordinanze che dispongono misure coercitive, l’orientamento consolidato della Corte di cassazione (Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, COGNOME, Rv. 26868301; Sez. 6, n. 7793 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 25505301; Sez. V, n. 36079 del 5/06/2012, COGNOME, Rv. 25351101; Sez. 4, n. 37878 del 6/07/2007, COGNOME, Rv. 23747501) ritiene che, ai fini dell’applicazione delle misure cautelari anche dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 63 del 2001, sia sufficiente il requisito d sola gravità degli indizi, posto che l’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen. richia espressamente il terzo ed il quarto comma dell’art. 192, ma non anche il secondo comma che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi
Ne consegue che, in sede di giudizio de libertate, la valutazione degli indizi non va operat secondo i parametri richiesti ai fini dell’affermazione di responsabilità all’esito del giudi cognizione. Il diverso regime trova evidente giustificazione nella diversità dell’oggetto de delibazione cautelare, preordinata ad un giudizio prognostico in termini di ragionevole ed alt probabilità di colpevolezza del soggetto, rispetto a quella di merito, orientata inv all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. U, n 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 23459801; Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 26968301;).
3.1 Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame ha ritenuto sussistente un significativo articolato quadro gravemente indiziario a carico del ricorrente, la cui valutazione richie preliminarmente il richiamo dei principi consolidati in materia di associazione finalizzat narcotraffico.
È ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità che, ai fini della configurabil un’associazione finalizzata al narcotraffico, risulta necessaria la connpresenza di tre elemen fondamentali: l’esistenza di un gruppo composto da almeno tre persone tra loro vincolate da un patto associativo, sorto anche in modo informale e non contestuale, avente ad oggetto un programma criminoso di compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; la disponibilità parte del sodalizio, con sufficiente stabilità, di risorse umane e materiali per una credi
attuazione del programma associativo; un apporto individuale apprezzabile e non episodico degli associati, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, che integri un contribut alla stabilità dell’unione illecita (Sez. 6, n. 7387 del 03/12/2013, dep. 2014, Pompei, Rv. 25879 Sez. 4, n. 44183 del 02/10/2013, COGNOME, Rv. 257582).
Non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, essendo sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimenta deducibili dalla predisposizione di mezzi per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contribu dei singoli associati (Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 275583). L’element organizzativo assume pertanto un rilievo secondario, essendo sufficiente anche una struttura minima perché il reato si perfezioni (Sez. 2, n. 16540 del 27/03/2013, COGNOME, Rv. 255491).
Il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, potendo essere anche non espresso e costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attivit proprie ed altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione del scopo comune (Sez. 3, n. 32485 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283691-02). La prova del vincolo può essere desunta dalle modalità esecutive dei reati fine e dalla loro ripetitività, dalla na dei rapporti tra i loro autori, dalla ripartizione di compiti e ruoli fra i vari soggetti i raggiungimento del comune obiettivo di effettuare attività di commercio di stupefacenti (Sez. 6, n. 9061 del 24/09/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255312).
L’assenza di una cosiddetta “cassa comune” non è ostativa al riconoscimento dell’associazione, essendo sufficiente, anche nell’ipotesi di una gestione degli utili non parita né condivisa tra i vari sodali, che tra questi sussista un comune e durevole interesse a immettere nel mercato sostanza stupefacente, nella consapevolezza della dimensione collettiva dell’attività e dell’esistenza di una sia pur minima organizzazione (Sez. 6, n. 2394 d 12/10/2021, dep. 2022, Napoli, Rv. 282677).
Ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, particolare dell’affectio di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano f riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato (Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021, Sermone, Rv. 282122; Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, COGNOME Rv. 27844002).
La partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti configura un reato forma libera, la cui condotta costitutiva può realizzarsi in forme diverse, purché si traduca in apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organismo, posto che in tal modo s verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 35975 26/05/2021, COGNOME, Rv. 282139). È sufficiente anche l’adesione e l’apporto di un contributo per una fase temporalmente limitata, non essendo richiesto un atto di investitura formale, ma risultando necessario che il contributo dell’agente risulti funzionale per l’esistenza ste
dell’associazione in un dato momento storico (Sez. 3, n. 22124 del 29/04/2015, COGNOME, Rv. 263662; Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257905).
Sotto il profilo probatorio, la prova del vincolo permanente, nascente dall’accord associativo, può essere fornita anche mediante l’accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per i rifornimenti della droga, logistiche, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, s tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di rea rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610).
La prova dello svolgimento di un’attività sistematica e continuativa di cessione di sostanze droganti per un apprezzabile periodo di tempo può essere raggiunta anche nel caso in cui risultino dimostrate o riscontrate da sequestri soltanto alcune delle cessioni, monitora attraverso servizi di intercettazione di conversazioni, quando le stesse siano collegat probatoriamente alle altre condotte contestate, senza che sia necessario riscontrare tutti i singo episodi, specie quando tali fatti coinvolgano le medesime persone, si presentino omogenei e risultino avvinti tra loro da continuità cronologica (Sez. 5, n. 14863 del 21/12/2020, dep. 202 COGNOME, Rv. 281138).
3.2 Ciò posto sui principi operanti in materia, i giudici di merito hanno fornito una suffici e articolata descrizione dell’organizzazione e delle modalità operative dell’associazione dedita traffico di stupefacenti.
La motivazione risulta adeguatamente articolata in ordine alle ragioni per cui il compendio probatorio risulta effettivamente in grado di dimostrare che i rapporti tra l’indagato odie ricorrente e il gruppo fossero caratterizzati dal coefficiente di stabilità indispensabile riconoscimento della sussistenza del sodalizio e che la struttura associativa apparisse più che idonea al perseguimento delle finalità illecite.
E’ stata data esauriente risposta a ciascun rilievo ed è stato illustrato adeguatamente l’organigramma ed i ruoli ricoperti dai vari soggetti, rappresentando la struttura funzionamento dell’organizzazione, che riusciva a soddisfare quotidianamente le esigenze di tutti gli acquirenti ad ogni ora della giornata.
In perfetta aderenza ai suesposti principi, la configurabilità del reato associativo è st desunta sulla base di una valutazione complessiva di elementi convergenti, dai quali è emersa una struttura stabilmente radicata, di cui capi e promotori risultavano i coindagati NOME COGNOME che movimentava un notevole giro d’affari ed era fornita di una cassa comune nella quale confluivano i proventi dell’attività di spaccio, destinati al finanziamento dell’associazio al sostentamento degli affiliati detenuti. La stessa si basava su un preciso organigramma e si avvaleva di basi logistiche per lo stoccaggio dello stupefacente. Altri elementi sintomatici de sussistenza di un pactum sceleris erano individuati nel comune uso da parte dei sodali di un gergo criptico e nella frequenza dei contatti tra gli stessi.
Il dato intercettivo, che costituisce la parte prevalente del compendio indiziario, è altamen rappresentativo di un contesto illecito in cui emergono conversazioni che fanno riferimento esplicito alla natura della merce trattata.
A lumeggiare il contenuto dei dialoghi intervenivano riscontri interni ai colloqui, q l’utilizzo di particolari precauzioni, il manifestato timore di correre dei rischi nel tra costanti riferimenti alla qualità, quantità e al prezzo del bene trattato, nonché gli esiti dell’ investigativa che spesso ha consentito il rinvenimento e contestuale sequestro del narcotico. Inoltre, a completare la piattaforma indiziaria concorrevano anche gli esiti dei serviz osservazione, controllo e pedinamento, gli arresti e i sequestri intervenuti.
NOME COGNOME, secondo l’impostazione accusatoria condivisa dai giudici della cautela, agiva in qualità di partecipe, rappresentando il canale partenopeo di rifornimento di cocaina alternativo a quello gestito da COGNOME NOME, il quale si sarebbe consolidato a seguito de contrasti insorti in Scalea con il sodalizio del primo.
In primis, viene data puntuale risposta ai rilievi difensivi circa l’erronea identificazi NOME COGNOME del soggetto citato nei dialoghi inerenti i rifornimenti e i debiti di droga.
COGNOME risultava, nel periodo considerato dalle indagini, dimorante nel comune di Scalea, presso il complesso residenziale “INDIRIZZO“, palazzina El, scala A, in cui scontava la misura di sicurezza della libertà vigilata con prescrizioni e successivamente, dal 29.04.2020, la misur di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in Scalea.
Già nelle prime fasi dell’attività investigativa avviata nel marzo 2020, grazie alle captazi ambientali intervenute con monitoraggio GPS a bordo dell’autovettura Mercedes Classe A in uso agli indagati, si è avuta cognizione del fatto che COGNOME NOME ed i suoi gregari si recassero spesso al complesso residenziale “INDIRIZZO“, composto da un cospicuo numero di palazzine destinate al turismo estivo e quasi disabitate nel resto dell’anno, che hanno costituito una vali base logistica del gruppo, quale luogo di stoccaggio dello stupefacente.
In particolare, risultava che la vettura monitorata si fermasse con elevata frequenza in INDIRIZZO, corrispondente all’indirizzo del Tamarisco.
Le attività investigative dimostravano che in data 15.03.2020 avveniva una riunione presso l’abitazione di COGNOME NOME, cui partecipavano anche i fratelli COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, gestore autonomo di una piazza di spaccio in Scalea, non riconducibile al sodalizio ma tollerata in ragione dei rapporti di parentela e degli agganci criminali vantati COGNOME cognato di COGNOME NOME.
Con specifico riferimento alle contestazioni riguardanti l’identificazione dell’indagato qu soggetto indicato nelle conversazioni con l’appellativo “Mimmo” o “Mimmuccio”, si osserva che, come chiarito da questa Corte a Sezioni Unite, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rim alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massim esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/20 Sebbar, Rv. 263715). Anche in successivi arresti si è puntualizzato che in sede di legittimità
possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quel proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cu il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difform risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272558).
Il nomignolo “NOME” o “NOME“, diminutivo di NOME, viene collegato al COGNOME dalla lettura congiunta del contenuto delle intercettazioni ambientali e delle contestuali e ripe localizzazioni dei veicoli in uso ai sodali, in corrispondenza del parco dove abitava il COGNOME significative del fatto che costoro in tali circostanze avessero incontrato il predetto fornitor
Dopo aver superato, con ampia e logica motivazione, le censure attinenti alla identificazione, il Tribunale ha argomentato adeguatamente anche in ordine al contributo partecipativo.
Dal marzo al maggio 2020 il COGNOME cedeva in almeno sei occasioni quantitativi imprecisati di cocaina ai sodali del gruppo, ponendosi come fornitore abituale del sodalizio.
Vengono richiamati in ordinanza frequenti dialoghi in cui i sodali lo menzionavano nell’organizzazione dei futuri approvvigionamenti e quale creditore di denaro per forniture pregresse di stupefacente.
Il Collegio del riesame ha evidenziato come nel periodo da marzo a maggio 2020, il ricorrente avesse ceduto in almeno sei occasioni quantitativi imprecisati di cocaina ai sodali d gruppo i cui capi e promotori risultavano COGNOME e COGNOME ponendosi come fornitore abituale del sodalizio e maturando crediti per circa trentaseimila euro.
Vengono adeguatamente sottolineati il notevole giro di affari tra il COGNOME e il gruppo che chiaramente traspariva dalla notevole entità del credito maturato dal fornitore verso sodalizio; i sistematici contatti attraverso i quali il COGNOME assicurava la fornitura stupefacente; la frequentazione costante dell’abitazione del COGNOME da parte dei sodali; l’affidamento riposto nel medesimo fornitore, a tal punto che la sua decisione di interrompere consolidato rapporto suscitò rimostranze nei sodali.
Le argomentazioni sviluppate dal Tribunale sul punto posseggono una stringente capacità persuasiva e risultano immuni da qualsiasi caduta di consequenzialità logica, risultando coerenti alle evidenze probatorie, mentre il tentativo del ricorrente di deprimere il significato probat di tali risultanze si risolve nella prospettazione di una lettura alternativa a quella opera termini di asserita maggiore capacità esplicativa, attività questa che è rigorosamente preclusa alla Corte di Cassazione, essendo il sindacato di legittimità circoscritto alla verifica dell’esis di una logica base argomentativa in grado di sostenere validamente i vari punti della decisione.
Quanto alla sussistenza del vincolo associativo, il Tribunale, muovendo dalla dovuta ricerca degli ulteriori indici riconducibili al paradigma dell’affectio societatis, oltre a quello della di stupefacente al sodalizio, ha adottato un ragionamento lineare e privo di vizi logici valorizzare il numero di cessioni, almeno sei, la ripetitività di approvvigionamenti ravvicinati tempo, il tenore dei dialoghi da cui è possibile desumere un sistema collaudato, i contatti dire
di COGNOME NOME con i vertici del sodalizio, il rapporto confidenziale con costoro tale d indurre i sodali a recarsi presso l’abitazione del prevenuto.
La circostanza elevata dalla difesa ad indice di esclusione della sussistenza del vincolo associativo, ovvero l’interruzione delle forniture da parte di NOME in ragione dei debi accumulati da COGNOME, accompagnata da rimostranze da parte del gruppo verso il Tamarisco, è stata coerentemente considerata come sintomatica di una pregressa programmazione criminosa, in cui gli associati facevano affidamento sulla stabile fornitura dell’indagato, tanto da formul apertamente le loro rimostranze per la scelta di interruzione dei rapporti da parte del correo.
Il fatto che il gruppo si sia successivamente rivolto, per le forniture, al canale altern rappresentato da COGNOME Franco viene proposto dalla difesa come argomento aspecifico, non in grado di svalutare la dimensione relazionale dei rapporti tra gli associati e l’indagato ai fini sussistenza dell’affectio societatis del reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90. Come evidenziato dal Tribunale, a tal fine è richiesta essenzialmente una progettualità comune tra il soggetto e programma associativo nell’immettere sostanza stupefacente nel mercato, ma non una sovrapponibilità di interessi economici tra i correi, prospettabili finanche come divergen secondo il principio consolidato per cui “ai fini della configurabilità del delitto di associ finalizzata al traffico di stupefacenti, è sufficiente l’esistenza tra i partecipi di una d comunanza di scopo, costituito dall’interesse a immettere droga sul mercato del consumo, sicché il vincolo associativo sussiste anche tra venditori e acquirenti della sostanza, non rilevando diversità dei fini personali e degli utili che i singoli si propongono di ottenere dallo svolgi dell’attività criminale” (Sez. 2 n. 51714 del 23/11/2023, Rv. 285646).
La terza censura, diretta a contestare la gravità indiziaria in ordine alle cession stupefacenti contestate, si rivela inammissibile.
Il ricorrente esamina partitamente alcuni elementi indiziari, sollecitandone una lettu parcellizzata, al fine di evidenziare l’insufficienza di ciascun elemento singolarmente pres secondo un metodo argomentativo già implicitamente rifiutato dal giudice della cautela che, con logica esposizione, ha operato una lettura congiunta e non frammentata di tutti gli elementi emersi dalle indagini.
Risulta evidente, dalla enunciazione delle ragioni addotte dal Tribunale a sostegno della pronuncia di rigetto, che la gravità indiziaria è stata desunta sulla base di un analitico esame quadro indiziario, senza omettere di indicare gli elementi di riscontro e l’intrinseca coeren dell’interpretazione fornita nel provvedimento genetico in merito al tenore delle conversazion intercettate, non spettando alla Corte di Cassazione compito diverso da quello di verificare se giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, nel rispetto dei canoni della logica principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Nel caso di specie, i provvedimenti di merito, diversamente da quanto deduce il ricorrente, hanno indicato specificamente le intercettazioni da cui è stata ricavaTa l’attività di cessione d
stupefacente, rispetto alle quali, salvo il tema della identificazione del fornitore (“Mi Mimnnuccio”) di cui si è già trattato, non risultano formulate specifiche censure idone disarticolare la motivazione.
Come si è già detto, il Tribunale ha evidenziato come nel periodo da marzo a maggio 2020, il ricorrente avesse ceduto in almeno sei occasioni quantitativi imprecisati di cocaina ai soda gruppo i cui capi e promotori risultavano COGNOME e COGNOME ponendosi come fornitore abituale sodalizio e maturando crediti per circa trentaseimila euro.
5. La quarta e ultima censura, relativa alle esigenze cautelari, è infondata. L’ordinan impugnata, dopo aver richiamato la presunzione relativa di idoneità della sola custodia cautela in carcere a soddisfare le esigenze cautelari, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. il reato di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90, superabile da elementi specifici dai quali l’idoneità di misure meno gravose a soddisfare le esigenze di cui all’art. 274 cod.proc.pen., correttamente evidenziato che non è emerso alcun concreto elemento idoneo a superarla.
Il Tribunale ha opportunamente sottolineato la spiccata capacità a delinquere del soggetto gravato da precedenti anche specifici, quali precedenti in materia di traffico internaziona stupefacenti, ricettazione, furto continuato, rapina in concorso, detenzione illegale di resistenza a pubblico ufficiale, plurime ipotesi di danneggiamento.
Come elementi attualizzanti, il Collegio ha menzionato una annotazione di polizia giudiziar del 24.10.2024, che documentava la sottoposizione a custodia cautelare del ricorrente in dat 13.6.2023 per reati in materia di stupefacenti, nonché il deferimento in stato di libertà per illegale di armi nell’ottobre 2023 e per violazione dell’art. 391 ter c.p. nei mesi di april 2024.
Quanto alla pretesa contraddittorietà dell’ordinanza impugnata nella parte in cui ha riten sussistenti le esigenze cautelari per il ricorrente ma non per altri coindagati, si osserva valutazione delle esigenze cautelari deve essere necessariamente individualizzata, tenendo conto del diverso profilo criminale degli indagati e della differente persistenza nel tempo dell attività delittuosa.
Nel caso di specie, il diverso trattamento cautelare trova adeguata giustificazione n particolare pericolosità sociale del ricorrente, desumibile dai numerosi precedenti a suo cari dal ruolo, emerso nel periodo attenzionato, di fornitore stabile, idoneo a costituire un c privilegiato di approvvigionamento per il sodalizio criminoso.
Non vale osservare che l’ordinanza non avrebbe adeguatamente valutato il requisito dell’attualità, poiché se è vero che l’apporto al sodalizio risulterebbe interrotto, è al certo che sono stati valorizzati ulteriori comportamenti illeciti, posti in essere dal pr successivamente, a dimostrazione della sua continuativa dedizione al crimine.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deve essere disposto, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’ar
comma 1-ter disp. att. cod.proc.pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att.
proc. pen.
Così è deciso, 29/04/2025