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Autonoma valutazione: Cassazione su custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha confermato la validità della motivazione del provvedimento, chiarendo i criteri dell’autonoma valutazione del giudice e la sufficienza degli indizi raccolti, basati principalmente su intercettazioni e monitoraggio GPS, per configurare sia il reato associativo sia le esigenze cautelari attuali.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Autonoma valutazione del GIP: la Cassazione conferma la custodia cautelare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22445 del 2025, affronta temi cruciali in materia di misure cautelari, in particolare il requisito della autonoma valutazione da parte del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione della custodia in carcere in contesti di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, confermando la legittimità di un provvedimento restrittivo basato su un solido quadro indiziario.

I Fatti del Ricorso

Il caso ha origine da un’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Catanzaro, che disponeva la custodia cautelare in carcere per un individuo indagato per i reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e cessione di stupefacenti. Secondo l’accusa, l’indagato fungeva da fornitore abituale di cocaina per un sodalizio criminale operante nel territorio di Scalea.

La difesa aveva proposto richiesta di riesame, lamentando la nullità dell’ordinanza per una presunta omessa autonoma valutazione da parte del GIP, che si sarebbe limitato a recepire acriticamente la richiesta del Pubblico Ministero. Il Tribunale del Riesame, tuttavia, rigettava la richiesta, confermando l’impianto accusatorio e la sussistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza sia delle esigenze cautelari.

Contro la decisione del Tribunale del Riesame, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando diversi motivi di impugnazione.

La Censura sulla Mancata Autonoma Valutazione

Il nucleo centrale del ricorso verteva su quattro punti principali:

1. Violazione dell’art. 292 c.p.p.: La difesa sosteneva che il GIP non avesse operato un’effettiva e autonoma valutazione degli elementi a carico, utilizzando formulazioni generiche e standardizzate, identiche per più indagati, senza specificare gli elementi indiziari a sostegno della sua posizione.
2. Carenza degli elementi del reato associativo: Si contestava la sussistenza stessa dell’associazione criminale, evidenziando la breve durata dei rapporti (marzo-maggio 2020) e l’interruzione delle forniture da parte del ricorrente, elementi ritenuti incompatibili con una stabile partecipazione al sodalizio.
3. Insufficienza degli indizi per le cessioni: Il ricorrente lamentava che le accuse di spaccio si basassero unicamente su soste dell’auto di altri indagati nei pressi della sua abitazione, senza riscontri diretti come sequestri o intercettazioni in cui si facesse esplicitamente il suo nome.
4. Insussistenza delle esigenze cautelari: La difesa denunciava una contraddittorietà nella decisione, che riteneva attuali le esigenze cautelari per il proprio assistito ma non per altri coindagati, nonostante i fatti principali risalissero al 2020.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La sentenza ha analizzato e respinto punto per punto tutti i motivi di doglianza, confermando la piena legittimità dell’ordinanza impugnata.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fornito una motivazione articolata e approfondita per la sua decisione.

In primo luogo, riguardo alla presunta mancanza di autonoma valutazione, la Corte ha ribadito il principio della “doppia conforme cautelare”. Anche se l’ordinanza genetica del GIP fosse stata sintetica, la successiva ordinanza del Tribunale del Riesame, fornendo una valutazione autonoma, articolata e completa degli elementi, ha sanato ogni eventuale lacuna originaria. Il giudice non è tenuto a una “riscrittura originale” del testo della richiesta del PM, ma a un vaglio critico effettivo, che nel caso di specie è stato ampiamente dimostrato dal complesso delle motivazioni dei due giudici di merito.

Sul tema dell’associazione a delinquere, i giudici hanno chiarito che per la configurabilità del reato non sono richiesti un patto formale o una complessa organizzazione. È sufficiente un vincolo stabile, desumibile da elementi di fatto come la ripetitività delle forniture, la gestione dei crediti e i contatti sistematici. La Corte ha ritenuto che le sei cessioni documentate in un breve arco temporale, il notevole credito maturato (circa 36.000 euro) e le rimostranze degli altri sodali alla sua decisione di interrompere le forniture fossero chiari indicatori di un rapporto stabile e non episodico, integrando pienamente la partecipazione al sodalizio.

Per quanto riguarda i gravi indizi relativi alle singole cessioni, la Cassazione ha sottolineato che la valutazione non deve essere parcellizzata. Gli elementi (soste vicino all’abitazione, monitoraggio GPS, tenore delle intercettazioni ambientali) devono essere letti congiuntamente. L’identificazione del ricorrente come “Mimmo” o “Mimmuccio” è stata considerata logicamente fondata sulla base della convergenza di molteplici dati investigativi, e la sua interpretazione è una questione di fatto non sindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, non è manifestamente illogica.

Infine, in merito alle esigenze cautelari, la Corte ha giustificato il diverso trattamento riservato al ricorrente sulla base della sua specifica e superiore pericolosità sociale. Questa era desumibile dai numerosi e gravi precedenti penali e da condotte illecite successive ai fatti contestati (come un arresto per stupefacenti e denunce per porto d’armi). Questi elementi “attualizzanti” dimostravano una continuativa dedizione al crimine, rendendo concreto e attuale il pericolo di reiterazione e giustificando la misura cautelare più afflittiva, a differenza di altri coindagati con profili criminali diversi.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida importanti principi del diritto processuale penale. In primo luogo, rafforza la legittimità della motivazione per relationem quando accompagnata da un vaglio critico autonomo, valorizzando il ruolo del Tribunale del Riesame nel perfezionare e integrare la valutazione cautelare. In secondo luogo, ribadisce la natura flessibile della prova del vincolo associativo nel narcotraffico, che può essere desunta da una serie di comportamenti concludenti anche in un arco temporale limitato. Infine, sottolinea l’importanza di una valutazione individualizzata e concreta dell’attualità delle esigenze cautelari, basata non solo sui fatti per cui si procede, ma sull’intera storia criminale e sulla condotta successiva dell’indagato.

Un’ordinanza di custodia cautelare è nulla se il GIP non riscrive daccapo tutte le argomentazioni del Pubblico Ministero?
No, non è nulla. È legittima la cosiddetta motivazione per relationem, a condizione che il giudice dimostri di aver compiuto un vaglio critico e autonomo degli elementi. Eventuali lacune nella motivazione del GIP possono inoltre essere sanate dalla successiva ordinanza del Tribunale del Riesame, se questa fornisce un’analisi completa e approfondita.

Per essere considerati parte di un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico è necessario un patto formale o una partecipazione di lunga durata?
No. La Corte ha confermato che per integrare il reato associativo è sufficiente l’esistenza di un vincolo stabile, anche se sorto in modo informale e per un periodo di tempo limitato, desumibile da elementi concreti come la regolarità delle forniture, la gestione dei rapporti economici e la consapevolezza di contribuire a un programma criminale comune.

Come si valuta l’attualità del pericolo di reiterazione del reato se i fatti principali risalgono a diversi anni prima?
La valutazione deve essere individualizzata e basata sul profilo criminale complessivo dell’indagato. La Corte ha stabilito che recenti comportamenti illeciti, anche di natura diversa, e una significativa carriera criminale possono essere elementi sufficienti a dimostrare che la pericolosità sociale è ancora attuale, giustificando l’applicazione di una misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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