Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8925 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8925 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME SalvatoreCOGNOME nato a Cosenza il 07/10/1991
avverso l’ordinanza emessa il 04/06/2024 dal Tribunale di Catanzaro;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udita l’Avv.ta NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME difensore di fiduc dell’indagato, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con cui è stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere nei riguardi di COGNOME SalvatoreCOGNOME ritenut gravemente indiziato dei delitti di cui agli artt. 74 e 3 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
COGNOME, quanto al reato associativo, avrebbe fatto parte di un un’articolata associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e, in particolare, al sottogruppo face capo a COGNOME NOME e NOME COGNOME; con riguardo al reato fine, a Pati si contesta una detenzione continuata di sostanze stupefacenti di diverso tipo, destinate allo spaccio
nell’ambito di un rapporto di fornitura instaurato con il coindagato NOME COGNOME (così il Tribunale).
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria
Il tema attiene alla eccezione devoluta al Tribunale relativa alla mancata autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari che si sarebbe limitato dandone atto, ad un mero copia e incolla della richiesta cautelare (in tal senso s riportano una serie di raffronti, tra la richiesta e il titolo genetico, volti a comp l’assenza di autonoma valutazione).
Il Tribunale avrebbe tentato di eludere il vizio motivazionale del Giudice per l indagini preliminari colmando i “vuoti” attraverso una mera riproduzione del provvedimento originario, escludendo l’assenza di autonoma valutazione sulla base dell’assunto erroneo secondo cui il Giudice per le indagini preliminari sarebbe comunque giunto a diverse conclusioni rispetto alla domanda cautelare in relazione ad alcuni casi e posizioni.
Si tratterebbe di un modo di procedere già censurato in alcune occasioni dalla Corte di cassazione.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria per il reato associativo, aggravato ai sensi dell’ar bis.1 cod. pen.
Quanto alla circostanza aggravante, si assume che non vi sarebbe nessun accertamento della esistenza sul territorio cosentino di un’associazione mafiosa.
Quanto al reato associativo, dalle conversazioni intercettate emergerebbe solo che COGNOME, parente della moglie di COGNOME– quest’ultimo ritenuto il principale spacciato dell’articolazione del sodalizio facente capo a COGNOME e NOME– si sarebbe recato a casa di questi per acquistare sostanza stupefacente di modica quantità per uso personale e solo dal predetto; non vi sarebbero indizi gravi del ruolo di stabi spacciatore al minuto per conto del gruppo ovvero dell’adesione al gruppo.
Si aggiunge, quanto ai rapporti tra il ricorrente e NOME COGNOME dal quale, secondo la prospettazione accusatoria, COGNOME avrebbe acquistato sostanza stupefacente, che i rapporti sarebbero intercorsi in un lasso di tempo molto ristretto (29.12.2020 10.2.2021) e non sarebbero stati accertati rapporti con altri sodali.
Il Tribunale avrebbe inoltre valorizzato le dichiarazioni di NOME COGNOME che aveva tuttavia riferito che il ricorrente fosse sì dedito all’attività di spaccio nel t consentino ma, si argomenta, non avrebbe mai fatto riferimento alla partecipazione del Pati ad un gruppo associativo.
Né, si evidenzia, dette dichiarazioni sarebbero riscontrate estrinsecamente e neppure il Tribunale avrebbe considerato come l’assunto accusatorio, relativo alla partecipazione del ricorrente al sodalizio capeggiato da COGNOME NOME e NOME COGNOME sia sconfessato in ragione dai fatti comprovanti i gravi dissidi tra la famiglia COGNOME i membri dell’associazione facente capo a COGNOME e NOME, nonché dalle risultanze di altro procedimento penale in cui sarebbe stata contestata ad altri soggetti di aver ceduto sostanza stupefacente a NOME COGNOME
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al delitto di cui all’art.73 d.P.R. n. 309 del 1990. (capo 161)
Il tema attiene alla discrasia tra l’ora in cui NOME si sarebbe recato presso l’abitazi di COGNOME e l’ora in cui sarebbe stata intercettata la conversazione posta a fondamento della contestazione; l’assunto difensivo è che dalla visione delle immagini riprese, sarebbe emerso che NOME si sarebbe recato a casa dell’COGNOME, in alcuni casi, dopo, ovvero, in altri casi, molto prima rispetto alla captazione della conversazione utilizza per affermare che la causa di quell’incontro fosse l’approvvigionamento di droga.
Sotto altro profilo il giudizio di gravità indiziaria sarebbe stato fatto discendere contenuto di quattro intercettazioni ambientali, di cui tre aventi ad ogget conversazioni intercorse tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, che avrebbero fatto riferimento a tale NOME, che sarebbe da identificarsi nell’odierno ricorrente quanto gravato da precedenti specifici.
In realtà, si assume, non vi sarebbero elementi per ritenere che il “NOME” oggetto di quelle conversazioni debba identificarsi con il ricorrente; né vi sarebbe prova dell successiva attività di spaccio, ovvero del tipo di sostanza acquistata e della quantità.
Ciò non potrebbe escludere la configurabilità della fattispecie meno grave di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
2.3. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio dio motivazione quanto alle esigenze cautelari; gli elementi fattuali posti a sostegno della tesi difensiva so gli stessi già in precedenza indicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato, ai limiti della inammissibilità.
Quanto al primo motivo, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno evidenziato come “il legislatore del 2015” abbia chiaramente mostrato, anche con interventi paralleli su più norme (gli artt. 292, comma 2, lett. c e 292, comma 2, le c-bis), di considerare fra gli obiettivi connotanti la riforma quello di sanzionare qualsi prassi di automatico recepimento, ad opera del giudice, delle tesi dell’Ufficio richiedente
COSÌ da rendere effettivo il doveroso controllo giurisdizionale preteso dalla Costituzione prima che dalla legge ordinaria, e da rendere altresì forte la dimostrazione della specifica valutazione dell’organo giudiziario di prima istanza sui requisiti fondanti la misur precludendone la sanatoria che potrebbe derivare dall’ intervento surrogatorio pieno del giudice della impugnazione, pure rimasto previsto nello stesso comma 9 ” (Così, Sez. U., n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789).
Il tratto innovativo della riforma non riguarda tanto la previsione del rafforzament dell’obbligo di motivazione del giudice, nella parte in cui si richiede l’idoneità provvedimento impositivo a soddisfare la necessità di una chiara intelligibilità dell’i logico-argomentativo posto a fondamento del provvedimento coercitivo al fine di evitare motivazioni apparenti non sostanzialmente riferibili ad un giudice terzo, quanto, piuttosto, nella modifica dei poteri attribuiti, in fase decisoria, al tribunale del ri con la previsione di cui al comma 9 dell’art. 309 cod. proc. pen.
Al Tribunale è infatti attribuito il potere di annullamento dell’ordinanza che n contenga l’autonoma valutazione, a norma dell’art. 292 cod. proc. pen., delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa.
In concreto, la riforma impedisce al giudice del riesame di riformare i provvedimenti cautelari afflitti dalle più gravi carenze motivazionali (motivazione “radicalmente assent o meramente apparente”, o “mancante in senso grafico” o consistente in mere “clausole di stile”, cioè di consistenza argomentativa nulla), mentre permane il potere del tribunale di correggere le argomentazioni insufficienti, parzialmente carenti contraddittorie.
La questione attiene dunque alla verifica delle condizioni minime in presenza delle quali è possibile affermare che il giudice della cautela abbia compiuto un effettivo e autonomo giudizio valutativo.
In maniera condivisibile si è osservato in dottrina che l’incertezza sulla rea estensione dei poteri del giudice del riesame è strettamente connessa alla ineliminabile dose di discrezionalità interpretativa del giudice emittente e dei giudi dell’impugnazione nella valutazione del quantum (e del quomodo) di motivazione adeguata.
La Corte di cassazione ha spiegato che la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’ar 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del 16 aprile 2015, è osservata anche quando l’ordinanza cautelare operi un richiamo, in tutto o in parte, ad altri atti del procedimento, a condizione che il giudice, per ciascu contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenu decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai f
dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel cas concreto.
Si è chiarito altresì come, in presenza di posizioni analoghe o di imputazioni descrittive di fatti commessi con modalità “seriali”, non sia necessario che il giudi ribadisca ogni volta le regole di giudizio alle quali si è ispirato, potendo ricorrere ad valutazione cumulativa purchè, dal contesto del provvedimento, risulti evidente la ragione giustificativa della misura in relazione ai soggetti attinti e agli addebiti, di in volta, considerati per essi sussistenti (Sez. 3, n. 28979 del 11/05/2016, COGNOME, Rv. 267350).
4.. Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha spiegato perché, a differenza degli assunti difensivi, non vi è stata una riscrittura totale della richiesta del Pubblico Minis e perché non vi sia stata assenza di autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari (cfr., psg. 2-3 ordinanza impugnata).
Si tratta di una valutazione corretta.
La previsione di “autonoma valutazione” delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza impone al giudice, come detto, di esplicitare, indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte di altri atti del procedimento, i criteri adottati a fonda della decisione, ma non implica, invece, la necessità di una riscrittura “originale” deg elementi o circostanze rilevanti ai fini della disposizione della misura (Sez. 6, n. 467 del 11/09/2017, COGNOME, Rv. 271507, in cui, in motivazione, la Corte ha aggiunto che non vi sono schemi rigidi l’osservanza dei quali consente di ritenere soddisfatto i requisito dell’autonoma valutazione, essendo il giudice libero di adottare le formule pi opportune a giustificare la decisione).
Al fine dell’autonoma valutazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari, non rileva, come invece mostra di fare il ricorrente, un’analisi puramente strutturale del proposizioni che compongono la trama motivazionale, la lunghezza dei periodi sintattici o l’uso – peraltro imposto dal contenuto motivazionale del provvedimento giurisdizionale – di comuni e ricorrenti incisi stilistici, ma è necessario e sufficiente verificare che stati esplicitati, indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte di altri a procedimento, i criteri adottati dal giudice della cautela a fondamento della decisione ossia le ragioni che giustificano l’emanazione del titolo cautelare (Così, Sez. 6, n. 1386 del 16/03/2017, Marra, Rv. 269648; nello stesso senso, tra le altre, Sez. 5, n. 11912 del 2/12/2015 (dep. 2016), COGNOME, Rv. 266428).
Ne consegue il rigetto del motivo.
Anche il secondo e il terzo motivo, che possono essere valutati congiuntamente, sono infondati, al limite della inammissibilità.
Il Tribunale ha spiegato: a) come il presente procedimento sia fondato sugli sviluppi delle risultanze investigative del procedimento c.d. Reset, che avrebbe disvelato l’esistenza di un “Sistema” criminale dedito al traffico di sostanze stupefacent connesso e strumentale alla esistenza di compagini mafiose di tipo ndranghetistico; b) come detto sistema sia articolato sul territorio in sottogruppi, come esso operi, qual siano i comportamenti soggettivi, i moduli organizzativi.
In tale quadro di riferimento, per nulla posto in discussione dal ricorrente, è sta delineata la figura di COGNOME Salvatore
In particolare, il Tribunale ha spiegato con precisione: a) perché non vi siano discrasie temporali tra gli esiti dei video e gli esiti delle conversazioni captate, a che l’indicazione dell’orario delle conversazioni riportato nel titolo genetico è rife all’avvio della registrazione del singolo progressivo e non al momento in cui sarebbe stato captato il segmento di dialogo riferibile al ricorrente; b) perché anche il sogge indicato nella conversazioni tra COGNOME e COGNOME come “NOME” nelle date 8-1011 gennaio 2021 debba identificarsi con l’odierno ricorrente, atteso il collegamento tra detti dialoghi e la conversazione n. 1084 del 7.1.2021 tra COGNOME e lo stesso COGNOME da cui emerge come questi si fosse accordato con COGNOME per la consegna di hashish; le conversazioni tra soggetti terzi in cui si fa riferimento a “NOME” sarebbero ci conseguenti a quella in cui NOME COGNOME aveva concordato la cessione di sostanza stupefacente.
Il Tribunale ha anche descritto in modo puntuale: a) i rapporti illeciti e non occasion tra COGNOME e COGNOME e, in particolare, come questi cedesse in modo continuato al primo sostanze stupefacenti di vario tipo e quantità, anche non modeste, (cocaina, hashish) destinati ad essere immessi sul mercato dallo stesso COGNOME (cfr., pag. 16, in cui sono riportati dialoghi obiettivamente dimostrativi dell’assunto accusatorio); b) il ruol concreto ricoperto all’interno del gruppo associativo dal ricorrente, il quale, da un la era assoggettato ai prezzi impostigli per rivendere sul mercato la sostanza stupefacente da lui acquistata e, dall’altra, era consapevole del contesto organizzato in cui eg operava, essendo stato disposto in un dato momento a concludere un approvvigionamento di droga “per conto” di COGNOME, recandosi personalmente in sostituzione di questi presso il fornitore ed assumendosi il rischio conseguente; c) perché gli assunti difensivi, secondo cui il prospettato ruolo organico dell’indagat sarebbe in contrasto con i contrasti che in un dato momento avevano interessato le dinamiche criminali della famiglia del ricorrente con quella di NOMECOGNOME non avrebbero la capacità di disarticolare il quadro indiziario, obiettivamente grave.
In tale contesto i motivi di ricorso rivelano la loro strutturale infondatezza, essend il ricorrente, da una parte, limitato a fare riferimento, quanto alla contestata aggrava di cui all’art. 416 bis. 1 cod. pen., alla mancanza di un accertamento definitivo del esistenza di una compagine mafiosa in favore della quale l’associazione finalizzata al
traffico di sostanze stupefacenti avrebbe operato, senza, tuttavia, confrontarsi nel merito con le argomentazioni del Tribunale sul punto, e, dall’altra, a non spiegare perché, rispetto alla trama argomentativa del Tribunale, non sarebbero formulabili i gravi indizi di colpevolezza con riguardo al reato associativo e ai reati fine, perché, particolare, le conversazioni riportate non sarebbero dimostrative dell’inserimento di Pati nel contesto criminale organizzato, perché questi sarebbe stato disposto, se non in quanto partecipe al sodalizio, a sostituire COGNOME nelle operazioni materiali approvvigionamento di droga al gruppo, assumendosi il correlato rischio.
Su tali fondamentali profili il ricorso è silente.
Non diversamente, è infondato il quarto motivo di ricorso, relativo alle esigenze cautelari.
Il Tribunale, anche in ragione del titolo di reato per cui si procede, ha valorizzato gravità dei fatti e la personalità del ricorrente, soggetto gravato da precedenti pena plurimi, anche specifici.
Nulla di specifico è stato dedotto.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att cod. proc. pen.