Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12761 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12761 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 07/12/1968
avverso l’ordinanza emessa il 28/05/2024 dal Tribunale di Catanzaro;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che h chiesto l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata in accoglimento del primo motivo di ricorso;
letta la memoria e le conclusioni dell’Avv.to NOME COGNOME che ha insistito l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con cui è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere – nel frattempo sostituita con quella degl arresti domiciliari- nei confronti di COGNOME NOME, ritenuto gravemente indiziato d reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravato ai sensi dell’art. bis.1 cod. pen. (capo 1).
COGNOME avrebbe fatto parte, nell’ambito di un sodalizio criminale esteso, di un sottogruppo riferibile a NOME COGNOME e sarebbe il compagno di NOME, madre di NOME COGNOME avrebbe coadiuvato NOME nella gestione dell’attività di spaccio, aiutandolo nel confezionamento della sostanza stupefacente e partecipando attivamente ai conteggi relativi ai proventi dell’attività criminale.
Ha proposto ricorso l’indagato articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione; il tema attiene alla mancata partecipazione dell’indagato all’udienza davanti al Tribunale del riesame.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione; l’ordinanza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui il Tribunale ha rigettato, con una motivazione viziata, la questione relativa alla nullità del titolo gene per assenza di autonoma valutazione da parte del Giudice delle indagini preliminari.
Si evidenzia come in sede di riesame la difesa avesse indicato gli specifici punti della ordinanza cautelare genetica dimostrativi della mancanza di un vaglio individualizzante del giudice; una motivazione – quella posta a fondamento del titolo genetico -, viziata perchè inficiata da un approccio generale e indistinto, non fondato sulle posizioni de singoli indagati e sui singoli reati a questi attribuiti.
Anche l’ordinanza impugnata sarebbe viziata perchè inficiata da un approccio generale e formalistico, fondato solo sulle mere tecniche di redazione dei provvedimenti, senza, tuttavia, confrontarsi con gli specifici punti segnalati e relativi al giudi gravita indiziaria e alle esigenze cautelari.
Quanto ai gravi indizi, vengono richiamate le pagg. 285 e 286 della ordinanza genetica; si tratterebbe di un “paragrafetto” (così il ricorso) di poche righe, testualme uguale a quanto contenuto a pag. 2402 della richiesta cautelare.
Discorso analogo viene compiuto quanto alle esigenze cautelari (pagg. 355- 356 titolo cautelare – allegate al ricorso).
Anche in questo caso la motivazione sarebbe unica e riferibile indistintamente a tutti gli indagati e in cui, tra l’altro, si fa riferimento alla pluralità di reati fine e a e professionalità delle condotte, senza considerare la specificità delle posizioni, tenu conto che, a differenza di quanto scritto, all’indagato non sono stati contestati re fine.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria per il reato associativo.
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla prova della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 co pen.
2.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle ritenute esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo motivo di ricorso, che ha valenza assorbente, è fondato.
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno evidenziato come “il legislatore del 2015 ha chiaramente mostrato, anche con interventi paralleli su più norme (gli artt. 292, comma 2, lett. c e 292, comma 2, lett. c-bis), di considerare fra gli obiett connotanti la riforma quello di sanzionare qualsiasi prassi di automatico recepimento, ad opera del giudice, delle tesi dell’Ufficio richiedente, così da rendere effettiv doveroso controllo giurisdizionale preteso dalla Costituzione prima che dalla legge ordinaria, e da rendere altresì forte la dimostrazione della specifica valutazion dell’organo giudiziario di prima istanza sui requisiti fondanti la misura, precludendone l sanatoria che potrebbe derivare dell’ intervento surrogatorio pieno del giudice della impugnazione, pure rimasto previsto nello stesso comma 9 ” (Così, Sez. U., n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789).
Il tratto innovativo della riforma introdotta non riguarda tanto la previsione d rafforzamento dell’obbligo di motivazione del giudice nella parte in cui si richie l’idoneità del provvedimento impositivo a soddisfare la necessità di una chiara intelligibilità dell’iter logico-argomentativo posto a fondamento del provvedimento coercitivo al fine di evitare motivazioni apparenti non sostanzialmente riferibili ad giudice terzo, quanto, piuttosto, nella modifica dei poteri attribuiti, in fase decisori tribunale del riesame, con la previsione di cui al comma 9 dell’art. 309 cod. proc. pen.
Al Tribunale è infatti attribuito il potere di annullamento dell’ordinanza che no contenga l’autonoma valutazione, a norma dell’art. 292 cod. proc. pen., delle esigenze cautelar’, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa.
La riforma impedisce dunque al giudice del riesame di riformare i provvedimenti cautelari afflitti dalle più gravi carenze motivazionali (motivazione “radicalmente assente o meramente apparente”, o “mancante in senso grafico” o consistente in mere “clausole di stile” di consistenza argomentativa nulla), mentre permane il potere di correggere le argomentazioni insufficienti, parzialmente carenti o contraddittorie.
La questione attiene allora alla verifica delle condizioni minime in presenza delle quali è possibile affermare che il giudice della cautela abbia compiuto un effettivo ed autonomo giudizio valutativo.
In maniera condivisibile si è osservato in dottrina che l’incertezza sulla rea estensione dei poteri del giudice del riesame è strettamente connessa alla ineliminabile
dose di discrezionalità interpretativa del giudice emittente e dei giudi dell’impugnazione nella valutazione del quantum (e del quomodo) di motivazione adeguata.
La Corte di cassazione ha spiegato che la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’ar 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del 16 aprile 2015, è osservata quando l’ordinanza cautelare operi un richiamo, in tutto o in parte, ad altri atti del procedimento, a condizione che il giudice, per ciascun contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenu decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fi dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto; fermo restando che, in presenza di posizioni analoghe o di imputazioni descrittive di fatti commessi con modalità “seriali”, non è necessario che il giudic ribadisca ogni volta le regole di giudizio alle quali si è ispirato, potendo ricorrere ad valutazione cumulativa purchè, dal contesto del provvedimento, risulti evidente la ragione giustificativa della misura in relazione ai soggetti attinti e agli addebiti, di in volta, considerati per essi sussistenti (Sez. 3, n. 28979 del 11/05/2016, COGNOME, Rv. 267350).
In particolare, è stato puntualizzato che, al fine dell’autonoma valutazione non rilev un’analisi puramente strutturale delle proposizioni che compongono la trama motivazionale, la lunghezza dei periodi sintattici o l’uso – peraltro imposto dal contenu motivazionale del provvedimento giurisdizionale – di comuni e ricorrenti incisi stilist ma è necessario e sufficiente verificare che siano stati esplicitati, indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte di altri atti del procedimento, i criteri adottati dal della cautela a fondamento della decisione, ossia le ragioni che giustificano l’emanazione del titolo cautelare (Così, Sez. 6, n. 13864 del 16/03/2017, Marra, Rv. 269648; nello stesso senso, tra le altre, Sez. 5, n. 11912 del 2/12/2015 (dep. 2016), COGNOME, Rv 266428).
La previsione di “autonoma valutazione” delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, introdotta all’art. 292, comma primo, lett.c), cod. proc. pen. dalla leg 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di esplicitare le ragioni per cui egli ritie poter attribuire, al compendio indiziario, un significato coerente all’integrazione presupposti normativi per l’adozione della misura e non implica, invece, la necessità di una riscrittura “originale” degli elementi indizianti o di quelli riferiti alle e cautela ri .
È necessario in particolare evitare un modo di procedere inutilmente parcellizzato, che si espone al rischio di giungere a risultati asimmetrici sulla base di variabili stilis dei singoli magistrati e di modelli strutturali soggettivi di articolazion provvedimenti.
Ciò che rileva è che il giudice, per ciascuna contestazione e per ogni posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi.
4. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati
Quanto ai gravi indizi di colpevolezza, emerge dall’ordinanza genetica- richiamata nel ricorso – che la valutazione del Giudice per le indagini preliminari è stata compiuta in sette righe, testualmente riproduttive della richiesta cautelare (pag. 2402)
Sul tema, il Tribunale del riesame, cui la questione era stata devoluta, è silente, essendosi limitato a richiamare principi giurisprudenziali, senza tuttavia spiegare quale sarebbe stata nella specie la valutazione autonoma del quadro indiziario da parte del Giudice per le indagini preliminari nei riguardi della posizione specifica dell’imputato.
Una valutazione da parte del G.i.p. fortemente sincopata e, non diversamente, una risposta viziata anche da parte del Tribunale che si è limitato ad affermare che la valutazione del primo Giudice sarebbe stata autonoma per avere in generale questi “disposto in molti casi misure cautelari diverse rispetto a quelle richieste dal Pm”.
Una motivazione non calibrata rispetto alla singola posizione dell’indagato atteso che la valutazione del Giudice deve essere autonoma non in generale, ma rispetto al singolo destinatario della misura e ai singoli reati contestati.
La circostanza che, in relazione ad alcune posizioni il Gip, possa compiere una valutazione autonoma non consente di estendere di per se tale dato a tutte le altre posizioni.
A conclusioni sovrapponibili deve giungersi quanto alle esigenze cautelari compiuta per il ricorrente in un unico breve tratto motivazionale insieme a decine di coindagati, senza nessuna distinzione, in un tutto indistinto che non consente di differenziare alcunchè (cfr. pag. 356 ordinanza genetica).
Sul punto, il Tribunale, quanto alla verifica del requisito della autonoma valutazione da parte del primo Giudice, è del tutto silente.
Ne consegue che, in accoglimento del motivo di ricorso, deve essere dichiarata la nullità della ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminare presso il Tribunale di Catanzaro il 17.4.2024 quanto alla posizione del ricorrente che, di conseguenza, deve essere annullata senza rinvio unitamente alla ordinanza impugnata.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminare presso il Tribunale di Catanzaro il 17 aprile 2024, disponendo la scarcerazione di COGNOME NOME se non detenuto per altra causa.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in Sede per quanto di competenza, ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 21 novembre 2024
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