Aumento per Continuazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto del reato continuato e il conseguente aumento per continuazione della pena rappresentano un tema centrale nel diritto penale sostanziale e processuale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 10772/2024) offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato di legittimità riguardo la quantificazione di tale aumento, ribadendo la distinzione fondamentale tra valutazione di merito e controllo di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. L’appellante contestava specificamente l’entità dell’aumento di pena applicato a titolo di continuazione, fissato dai giudici di secondo grado in quattro mesi e quindici giorni di reclusione. Secondo il ricorrente, tale quantificazione era sproporzionata.
L’unico motivo di ricorso si concentrava, quindi, non sulla sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati, ma esclusivamente sul quantum della pena aggiuntiva, chiedendo di fatto alla Suprema Corte una nuova valutazione della sua congruità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato del nostro ordinamento processuale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito.
Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi ritenuti inammissibili.
Le Motivazioni: la coerenza della Corte d’Appello e l’aumento per continuazione
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella natura del ricorso presentato. I giudici supremi hanno osservato che l’appellante non ha evidenziato vizi di legge o difetti logici nella motivazione della Corte d’Appello. Al contrario, si è limitato a contestare la quantificazione dell’aumento di pena senza confrontarsi adeguatamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata.
La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una motivazione che la Cassazione ha definito “logica e coerente”. I giudici di merito avevano giustificato l’aumento di pena sottolineando la proporzionalità rispetto al numero di reati posti in continuazione e alla loro gravità complessiva. A fronte di una motivazione di merito così strutturata e fondata, non è consentito, in sede di legittimità, richiedere una “rivalutazione” che implicherebbe un nuovo esame dei fatti. Il compito della Cassazione è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione sia esente da vizi logici manifesti, non sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
Conclusioni: i Limiti del Sindacato di Legittimità
L’ordinanza in esame riafferma con chiarezza i confini del giudizio di Cassazione. Le valutazioni relative alla determinazione della pena, inclusa quella relativa all’aumento per continuazione, rientrano nella sfera discrezionale del giudice di merito. Tale discrezionalità, se esercitata attraverso una motivazione adeguata, logica e non contraddittoria, è insindacabile in sede di legittimità. Per poter contestare con successo la quantificazione della pena in Cassazione, non è sufficiente lamentare una presunta sproporzione, ma è necessario dimostrare un vero e proprio vizio di legge o un’illogicità manifesta nel percorso argomentativo seguito dal giudice di merito.
È possibile contestare in Cassazione la quantificazione della pena per l’aumento per continuazione?
No, non è possibile se la contestazione riguarda esclusivamente il merito della valutazione (cioè la congruità dell’aumento) e la Corte d’Appello ha fornito una motivazione logica e coerente per la sua decisione. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché chiedeva una nuova valutazione di merito sulla quantificazione della pena, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione, la quale giudica solo su questioni di diritto (legittimità) e non sui fatti.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10772 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10772 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AUGUSTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/04/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letti) il ricorsb proposti> nell’interesse di COGNOME NOME avverso la sentenza in epigrafe indicata;
rilevato che con l’unico motivo di ricorso si contesta la quantificazione dell’aumento a titolo di continuazione, senza confrontarsi con la adeguata motivazione circa le ragioni che hanno indotto la Corte di appello a quantificare l’aumento in 4 mesi e 15 di reclusione, con motivazione di merito volta a sottolineare la proporzionalità dell’aumento rispetto al numero di reati posti in continuazione ed alla gravità del fatto;
ritenuto, peraltro, che a fronte di una motivazione logica e coerente, fondata su ragioni di merito, non è consentito richiedere una rivalutazione in sede di legittimità;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 febbraio 2024
Il Consigliere estensore COGNOME
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