Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20907 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20907 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 20/4/1984
avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Bari del 10/6/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 10.6.2024, il G.i.p. del Tribunale di Bari ha provveduto, in funzione di giudice dell’esecuzione, su una istanza di NOME COGNOME di applicazione della continuazione ai reati oggetto di due sentenze di condanna, riconoscendo la sussistenza di un medesimo disegno criminoso tra le condotte, preordinate ad affermare il potere criminale del clan COGNOME sul territorio e la sua penetrazione nell’economia legale.
Pertanto, ha individuato la violazione più grave in quella oggetto della sentenza del g.i.p. del Tribunale Bari del 27.1.2013, che aveva applicato la pena
di venti anni di reclusione, su cui ha apportato un aumento per la continuazione, in relazione ai reati giudicati con l’altra sentenza, di due anni e sei mesi di reclusione.
Avverso la predetta ordinanza, ha presentato ricorso il difensore di Catacchio, articolando un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 132, 133 e 81 cod. pen. nonché la mancanza della motivazione in relazione all’aument o di pena per la continuazione.
Il giudice dell’esecuzione lamenta il ricorso -non ha indicato le ragioni dell’aumento di pena, individuato in una misura lontana dal minimo edittale previsto per il reato di cui agli artt. 513bis e 416bis .1 cod. pen.
Con requisitoria scritta trasmessa il 3.3.2025, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, osservando che il giudice dell’esecuzione non ha dato conto del percorso argomentativo posto a fondamento dell’ aumento di pena per il reato satellite, non emergendo dalla lettura del provvedimento impugnato, in particolare, alcun riferimento ai parametri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Deve premettersi che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/6/2021, COGNOME, Rv. 282269; Sez. U, n. 7930 del 21/4/1995, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 201549 -01).
In particolare, il giudice che, per il reato-satellite, ritenga di applicare un aumento di pena prossimo alla pena irrogata dal giudice della cognizione è tenuto a fornire specifica motivazione sulle ragioni dell’entità di detto aumento, atteso che il riconoscimento del medesimo disegno criminoso implica, di per sé, una minore offensività della condotta illecita aggiuntiva (Sez. 1, n. 23352 del 14/9/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273050).
La Corte di cassazione ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi, in modo tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino
rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
La motivazione serve a superare il sospetto di irragionevolezza di una decisione che determina le pene, quella del reato più grave e quelle dei reati satellite, senza rispettare il criterio di proporzionalità reciproca e in misura tale da configurare, sia pure in astratto, una ipotesi di cumulo materiale dei reati. Di conseguenza, è necessario dare conto delle ragioni per cui si perviene a determinate quantificazioni degli aumenti di pena.
Nel caso di specie, tale obbligo motivazionale non è stato adempiuto.
Il giudice dell’esecuzione, dopo aver esposto le ragioni per le quali è ravvisabile la continuazione tra i reati oggetto dell’istanza difensiva e dopo aver individuato la violazione più grave, ha poi proceduto ad applicare l’aumento di pena di due anni e sei mesi di reclusione per il reato satellite di cui agli artt. 513bis e 416bis . 1 cod. pen., per il quale in sede di cognizione COGNOME era stato condannato alla pena di tre anni e due mesi di reclusione: tuttavia, nessuna enunciazione degli elementi presi in considerazione per determinarla in quella misura è contenuta nell’ordinanza impugnata.
Di conseguenza, la motivazione, per un verso, è assente, nel senso che il g.i.p. non spiega perché il condannato merita un aumento per la continuazione solo di poco inferiore alla pena inflitta in sede di cognizione; per altro verso, è contraddittoria, perché, applicando la continuazione, riconosce che la condotta aggiuntiva ha una minore offensività e ciò nonostante quasi riproduce la pena come quantificata dal giudice della cognizione, senza alcuna indicazione dei criteri autonomamente adottati in sede di esecuzione e senza mostrare di aver tenuto conto degli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.
Ne consegue, pertanto, che l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente alla misura dell’aumento di pena disposto per la continuazione, con rinvio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari per un nuovo esame alla luce dei principi fin qui delineati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Bari – Ufficio G.i.p.
Così deciso il 19.3.2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME