Aumento Pena Reato Continuato: La Cassazione Sulla Motivazione
L’istituto del aumento pena reato continuato è un pilastro del nostro sistema sanzionatorio penale, che mira a bilanciare l’esigenza di punire tutte le condotte illecite con il principio di non eccedere in severità quando esse derivano da un unico disegno criminoso. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a precisare i confini dell’obbligo di motivazione che grava sul giudice nel calcolare tale aumento, offrendo chiarimenti cruciali per la difesa e per la magistratura.
I Fatti del Caso
Un imputato presentava ricorso alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso erano principalmente due. In primo luogo, il ricorrente lamentava un vizio di omessa motivazione riguardo alla misura dell’aumento di pena applicato per la continuazione tra i vari reati contestati. In secondo luogo, contestava la correttezza della motivazione relativa all’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, in particolare quella delle Sezioni Unite, e ribadisce come l’onere motivazionale del giudice debba essere valutato in concreto, in relazione alle specificità del caso.
L’obbligo di motivazione per l’aumento pena reato continuato
Sul primo punto, la Corte ha affermato che il motivo era manifestamente infondato. I giudici di merito, secondo la Cassazione, hanno applicato correttamente la regola di giudizio stabilita dalle Sezioni Unite (sentenza n. 47127/2021). Tale regola impone al giudice di individuare il reato più grave, stabilire la relativa pena base e, successivamente, calcolare e motivare in modo distinto l’aumento per ciascun reato satellite.
Tuttavia, la Corte ha precisato che il grado di dettaglio richiesto per questa motivazione è direttamente proporzionale all’entità degli aumenti stessi. L’obiettivo è permettere di verificare il rispetto del rapporto di proporzione tra le pene e i limiti legali, evitando che l’aumento si traduca in un mascherato cumulo materiale delle pene.
La questione della pena accessoria
Anche il secondo motivo, relativo alla pena accessoria, è stato ritenuto infondato. La Corte ha riscontrato che il giudice d’appello aveva esplicitato le ragioni della sua decisione in modo logico e congruo, facendo riferimento a elementi ritenuti decisivi, senza incorrere in vizi logici sindacabili in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella flessibilità dell’onere argomentativo. La Corte ha stabilito che tale onere può considerarsi implicitamente assolto in determinate circostanze. Nello specifico, quando si è in presenza di reati omogenei e il giudice applica un aumento di pena minimo rispetto alla pena base, non è richiesta una motivazione analitica per ogni singolo reato satellite. In tali casi, si presume che il giudice abbia tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti, operando un aumento contenuto che già di per sé esclude sproporzioni o violazioni dei limiti edittali. Questa interpretazione evita un formalismo eccessivo e riconosce la difficoltà, in alcuni contesti, di definire una pena con criteri puramente matematici.
Le Conclusioni
L’ordinanza consolida un importante principio di diritto: l’obbligo di motivazione sull’aumento di pena per il reato continuato esiste ed è inderogabile, ma la sua estensione va commisurata alla situazione concreta. Per gli operatori del diritto, ciò significa che un ricorso basato su una presunta carenza di motivazione avrà scarse probabilità di successo se l’aumento di pena applicato è minimo e riguarda reati della stessa indole. La decisione ribadisce la discrezionalità del giudice di merito nel dosare la pena, purché essa sia esercitata entro i binari della logicità e del rispetto dei principi normativi. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa dei profili di colpa emersi nella proposizione di un ricorso palesemente infondato.
Come deve motivare il giudice l’aumento di pena per il reato continuato?
Il giudice deve prima individuare il reato più grave e fissare la pena base. Successivamente, deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno degli altri reati (cosiddetti reati satellite), assicurandosi di rispettare il rapporto di proporzione e i limiti previsti dall’art. 81 del codice penale.
È sempre necessaria una motivazione dettagliata per ogni reato satellite?
No. Secondo la Corte, l’onere di motivazione può considerarsi implicitamente assolto quando i reati sono omogenei e l’aumento di pena applicato è minimo. In questi casi, non è richiesta una spiegazione analitica, poiché si presume che l’aumento contenuto sia già di per sé proporzionato.
Cosa succede se un ricorso contesta la motivazione in modo manifestamente infondato?
Se un ricorso viene ritenuto manifestamente infondato, come nel caso di specie, viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver adito la Corte con motivi privi di fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9514 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9514 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ISERNIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso e le conclusioni scritte di COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso che denuncia vizio di omessa motivazione sulla misura dell’aumento di pena per la continuazione fra reati è manifestamente infondato;
che i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione della regola di giudizio secondo la quale in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire ra pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269);
che l’obbligo è stato precisato nel senso che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risulti rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia oper surrettiziamente un cumulo materiale di pene;
che tale onere argomentativo è stato, pertanto, implicitamente assolto (si veda, in particolare, pag. 7 par. 5.1 della sentenza impugnata) in presenza di reati omogenei e della impossibilità di affermare l’esattezza di una pena secondo criteri matematici, attraverso l’obiettivo minimo aumento di pena praticato in relazione alla misura della pena base e ai singoli reati-satellite;
considerato che il secondo motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base dell’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici è infondato, avendo il giudice di appello, con motivazione esente dai descritti vizi logici, esplicitato le ragioni del su convincimento (si vedano, in particolare, pag. 7 par. 5.2) attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, tenuto conto dei profili di colpa emersi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2024
Il Consigliere Estensore
Il Presidente