Aumento Pena per Recidiva: La Cassazione Fissa i Paletti per il Giudice
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione riaccende i riflettori su un tema tecnico ma cruciale del diritto penale: il calcolo dell’aumento pena per recidiva in caso di reato continuato. La sentenza chiarisce i limiti del potere discrezionale del giudice, stabilendo che, in presenza di una recidiva reiterata, l’aumento di pena per la continuazione non può essere inferiore a un terzo di quella stabilita per il reato più grave. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso del Pubblico Ministero avverso una sentenza di condanna per reati legati alla detenzione e al porto di armi comuni da sparo. Il PM lamentava due errori commessi dal giudice di merito: in primo luogo, un’errata qualificazione giuridica di uno dei reati contestati; in secondo luogo, e punto focale della nostra analisi, un’erronea determinazione della pena.
All’imputato era stata riconosciuta l’aggravante della recidiva reiterata e aspecifica. Il giudice, dopo aver bilanciato tale aggravante con le attenuanti generiche (ritenendole equivalenti), aveva proceduto a calcolare la pena per il reato continuato. Per il reato più grave, la pena base era stata fissata in cinque anni e dieci mesi di reclusione. Tuttavia, per il secondo reato, l’aumento applicato era stato di soli due mesi di reclusione, una misura notevolmente inferiore al minimo legale.
La Decisione della Corte: l’Inderogabilità dell’Aumento Minimo
La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi del ricorso, annullando la sentenza impugnata e rinviando il caso alla Corte di Appello di Palermo per un nuovo giudizio. Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 81, quarto comma, del codice penale.
L’Errore nel Calcolo dell’Aumento Pena per Recidiva
La Suprema Corte ha evidenziato come il giudice di merito abbia violato una norma imperativa. L’art. 81, comma 4, c.p. stabilisce che se i reati in continuazione sono commessi da un soggetto al quale è stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma (la cosiddetta recidiva reiterata), l’aumento della pena non può mai essere inferiore a un terzo della pena stabilita per la violazione più grave.
Nel caso di specie, l’aumento di due mesi era palesemente inferiore a tale soglia minima, rendendo la pena inflitta illegale. La Corte ha sottolineato che questa regola si applica quando l’imputato è stato dichiarato recidivo reiterato con una sentenza definitiva precedente alla commissione dei nuovi reati, condizione che sussisteva nel caso in esame.
le motivazioni
La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di dare piena attuazione alla volontà del legislatore, che ha inteso sanzionare più aspramente chi, nonostante precedenti condanne, persevera nella condotta criminale. Il bilanciamento tra l’aggravante della recidiva e le attenuanti generiche è un’operazione che precede e non influisce sul successivo e distinto calcolo dell’aumento per la continuazione.
Una volta che la recidiva reiterata è stata ritenuta sussistente e applicata (anche se bilanciata come equivalente alle attenuanti), scatta l’obbligo per il giudice di rispettare il limite minimo di aumento previsto dall’art. 81, comma 4. Si tratta di un automatismo legale che sottrae al giudice la discrezionalità di scendere al di sotto di quella soglia. La decisione del giudice di merito, applicando un aumento notevolmente inferiore, ha costituito una chiara “violazione della norma codicistica”, come affermato dalla Cassazione.
le conclusioni
La sentenza in commento ribadisce un principio fondamentale per la certezza del diritto e l’uniformità del trattamento sanzionatorio. L’aumento pena per recidiva nel contesto del reato continuato non è un elemento lasciato alla libera valutazione del giudice quando si tratta di recidiva reiterata. La legge impone un pavimento sanzionatorio, pari a un terzo della pena base, che non può essere infranto. Questa pronuncia serve da monito per i giudici di merito, richiamandoli a una scrupolosa applicazione delle norme sul calcolo della pena, specialmente nei confronti di soggetti che dimostrano una spiccata e persistente inclinazione a delinquere.
Quando è obbligatorio l’aumento di pena di almeno un terzo in caso di reato continuato?
L’aumento di pena non inferiore a un terzo è obbligatorio quando i reati sono commessi da un imputato al quale sia stata applicata la recidiva reiterata, prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale.
Cosa succede se un giudice applica un aumento di pena inferiore a quello previsto dalla legge per la recidiva reiterata?
Se il giudice applica un aumento inferiore al minimo legale di un terzo, la pena è calcolata in violazione di legge. Di conseguenza, la sentenza può essere annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio a un nuovo giudice per la corretta determinazione della sanzione.
Il bilanciamento della recidiva con le attenuanti generiche permette di derogare all’aumento minimo di pena?
No. Anche se l’aggravante della recidiva viene bilanciata con le attenuanti generiche e ritenuta equivalente, ciò non esime il giudice dal rispettare l’obbligo di applicare l’aumento minimo di un terzo per la continuazione, come previsto dall’art. 81, comma 4, del codice penale.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17272 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17272 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
fatto che si trattava di armi comuni da sparo, sia il fatto che esse sono state, oltre che detenute, palesemente portate o quanto meno trasportate nel luogo indicato.
3. Anche il secondo motivo di ricorso Ł fondato. Il giudice ha ritenuto sussistente l’aggravante della recidiva reiterata e aspecifica, escludendo solamente la sua natura infraquinquennale, aggravante che ha concretamente applicato bilanciandola con le attenuanti generiche ad essa equivalenti, ma ha poi disposto un aumento di pena, ritenuta la continuazione tra i due reati contestati, il secondo dei quali erroneamente qualificato come una contravvenzione, solamente nella misura di due mesi di reclusione ed euro 300 di multa, mentre la pena per il delitto piø grave Ł stata determinata in cinque anni e dieci mesi di reclusione ed euro 1.200 di multa. L’art. 81, comma 4, cod. pen., impone però, nel caso dell’imputato al quale «sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma», un aumento non inferiore ad un terzo della pena inflitta per il reato piø grave. Tale aumento deve essere applicato, secondo questa Corte, «nei soli casi in cui l’imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa precedentemente al momento della commissione dei reati per i quali si procede» (Sez. 1, n. 26250 del 08/05/2024, Rv. 286602), condizione che deve essere ritenuta qui sussistente, alla luce dell’affermazione contenuta nella sentenza stessa.
L’aumento calcolato dal giudice, però, Ł notevolmente inferiore a tale entità, ed Ł stato applicato, pertanto, in violazione della norma codicistica.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso del pubblico ministero deve essere, pertanto, accolto, e la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente ai punti oggetto del ricorso, con rinvio per un nuovo giudizio, relativamente alla qualificazione giuridica del reato contestato al capo 2) e al trattamento sanzionatorio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
Il giudice del rinvio deve essere individuato nella Corte di appello di Palermo, competente ai sensi dell’art. 569, comma 4, cod. proc. pen.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso del pubblico ministero, annulla la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione giuridica del reato contestato al capo 2 e al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio su detti punti alla Corte di appello di Palermo.
Così deciso il 23/04/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME