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Aumento pena per continuazione: obbligo di motivazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per spaccio. Essi lamentavano una carenza di motivazione sull’aumento pena per continuazione. La Corte ha stabilito che una motivazione dettagliata non è necessaria se gli aumenti sono contenuti e se il ricorrente non dimostra un interesse concreto e attuale alla loro specificazione.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento Pena per Continuazione: Quando la Motivazione Dettagliata Non È Necessaria

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38893/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: l’aumento pena per continuazione e i relativi obblighi di motivazione da parte del giudice. La pronuncia chiarisce i confini entro cui un ricorso che lamenta una motivazione carente può essere considerato ammissibile, fornendo un’interpretazione pragmatica che bilancia il diritto di difesa con i principi di economia processuale.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di due soggetti per diverse ipotesi di cessione di sostanze stupefacenti. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena per entrambi in cinque anni di reclusione, oltre alla multa. In particolare, per uno degli imputati era stata esclusa la circostanza aggravante della recidiva.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando un’unica, ma fondamentale, censura: la carenza di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale non aveva specificato i criteri utilizzati per determinare la pena base né, soprattutto, l’entità degli aumenti applicati per ciascuno dei reati satellite, commessi in continuazione con quello più grave.

La Questione Giuridica sull’Aumento Pena per Continuazione

Il cuore della questione riguarda l’interpretazione dell’articolo 81 del codice penale, che disciplina il reato continuato. La norma prevede che chi, con un medesimo disegno criminoso, commette più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge, è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata fino al triplo. La giurisprudenza, in particolare a Sezioni Unite (sent. “Pizzone”, 2021), ha stabilito che il giudice deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascun reato satellite. La difesa degli imputati si è appellata proprio a questo principio, sostenendo che la Corte d’Appello lo avesse violato, rendendo imperscrutabile il percorso logico seguito per la quantificazione della pena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, sviluppando un ragionamento che tempera la rigidità del principio enunciato dalle Sezioni Unite. Secondo gli Ermellini, l’obbligo di una specifica motivazione sul quantum di aumento per ogni reato satellite non è assoluto. Esso si rende necessario solo quando l’aumento si colloca al di sopra della “media di pena irrogabile” a tale titolo. Negli altri casi, quando l’aumento è palesemente contenuto, è sufficiente un generico richiamo alla congruità e all’adeguatezza dell’aumento complessivo.

La Corte ha inoltre sottolineato un altro profilo di inammissibilità: la genericità del ricorso. Per contestare la mancata specificazione degli aumenti, il ricorrente deve dedurre un “interesse concreto ed attuale” a tale specificazione. Nel caso di specie, i ricorsi erano del tutto astratti, non avendo chiarito quale utilità pratica o giuridica sarebbe derivata da una motivazione più dettagliata. L’evidente contenutezza degli aumenti di pena, ben lontani dal limite legale del triplo della pena base, e la natura seriale e omogenea dei reati commessi (cessioni di stupefacenti) rendevano la doglianza puramente formale.

Infine, la Corte ha respinto l’argomento secondo cui uno degli imputati, pur rispondendo di più episodi, avesse ricevuto la stessa pena dell’altro. La Cassazione ha chiarito che tale parità era giustificata dall’esclusione della recidiva per il primo, una circostanza che ha inevitabilmente inciso in modo favorevole sul trattamento sanzionatorio, bilanciando così le posizioni.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale volto a evitare un formalismo eccessivo nell’obbligo di motivazione della pena. Si afferma il principio secondo cui, in tema di aumento pena per continuazione, il diritto alla comprensione del calcolo sanzionatorio deve essere bilanciato con la ragionevolezza. Un ricorso per cassazione non può limitarsi a denunciare una mancata specificazione analitica degli aumenti, ma deve dimostrare perché tale specificazione sia concretamente necessaria e rilevante ai fini del giudizio. In assenza di un interesse concreto e a fronte di una pena complessivamente congrua e legale, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Il giudice deve sempre specificare l’aumento di pena per ogni singolo reato in caso di continuazione?
No, non sempre. Secondo la Cassazione, un obbligo di motivazione specifica per ogni reato satellite sorge solo quando l’aumento di pena si pone al di sopra della media. Per aumenti contenuti e congrui, è sufficiente un richiamo generico alla loro adeguatezza.

Perché il ricorso per carenza di motivazione sulla pena è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sono state ritenute astratte e generiche. I ricorrenti non hanno dimostrato di avere un interesse concreto e attuale a conoscere le ragioni di ogni singolo aumento, specialmente perché la pena complessiva era contenuta e ben al di sotto dei limiti massimi previsti dalla legge.

Come è possibile che due imputati con un numero diverso di reati a carico abbiano ricevuto la stessa pena?
La Corte ha spiegato che la parità della pena finale è giustificata dal fatto che all’imputato con un maggior numero di accuse è stata esclusa la recidiva. Questa circostanza ha avuto un impatto significativo sul trattamento sanzionatorio, portando a un bilanciamento tra le due posizioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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