Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24820 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24820 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 11/06/1980
avverso la sentenza del 20/12/2024 della CORTE D’APPELLO DI ROMA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, che ha confermato la sentenza del Tribunale capitolino che lo dichiarava responsabile del delitto previsto dagli artt. 56 e 494 cod. pen., in esso riqualificato quello contestato ex art. 489 pen., condannandolo alla pena di mesi due di reclusione ed euro 100,00 di multa;
Considerato che il primo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche – è manifestamente infondato atteso che il provvedimento impugnato fornisce sufficiente giustificazione della sua decisione, ancorandola in maniera tutt’altro che illogica alle modal della condotta, ai contatti con basisti interni alla pubblica amministrazione e con autori di f documentali, elementi tutti che, attenendosi ai principi affermati costantemente da questa Corte, per il Collegio di secondo grado fondano il diniego delle attenuanti generiche che, come noto, può essere legittimamente basato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri elementi (Sez. 6 n. 8668 del 28 maggio 1999, COGNOME, rv 214200) e che può essere costituito anche dalla valutazione della gravità del fatto, che è uno degli indici normativi dettati per la determinazione del trattamento sanzionatorio (Sez. 3 n. 11963/11 del 16 dicembre 2010, p.g. in proc. Picaku, rv 249754
Considerato che il secondo motivo di ricorso – che lamenta vizio di motivazione in all’aumento per la continuazione per il delitto per il quale si procede – è manif infondato. La Corte di appello ha confermato la pena, come aumentata dalla sentenza di grado, ritenendo più grave il delitto oggetto della sentenza del Tribunale di Santa Mari
Vetere con condanna alla pena di anni due di reclusione ed euro 800,00 di multa: l’aumento è stato operato nella misura di mesi due di reclusione ed euro 100,00 di multa (aumento base di mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di multa, ridotto per il tentativo a mesi tre di reclu ed euro 150 di multa, ridotto per il rito ala pena indicata). Con l’atto di appello lament ricorrente l’eccessività dell’aumento, richiamando la difficoltà economica nella quale era incor l’imputato, la condotta confessoria successiva al reato, la scelta del rito. La Corte di app replicava a tale doglianza, ritenendo non comprovato lo stato di difficoltà economica, valutando la gravità della condotta, della quale si è dato atto a proposito del primo motivo, nonc l’irrilevanza della confessione limitata a quanto già emerso. Dal che l’insussistenza di ragioni la riduzione dell’aumento ex art. 81, comma 2, cod. pen. giudicato fin troppo mite. Il motivo ricorso ora in esame introduce argomenti ulteriori, non spesi con l’atto di appello, in tema sproporzione e cumulo materiale verificatosi con l’aumento contestato. Premesso che si verte, quindi, in tema di doglianza inedita, in quanto non si è consentito al giudice del merito confronto specifico sul punto, comunque deve osservarsi che Sez. U COGNOME hanno chiarito, richiamando Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., non massimata sul punto, che “se per i reati satellite è irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattis legale di reato, l’obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il minimo edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l’obbligo motivazionale s stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato, tanto più quan abbia determinato la pena base per il reato ritenuto più grave applicando il minimo edittale e quando abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie dì reato”. Secondo la pronuncia citata, l’associazione di una pena base determinata nella misura minima edittale ed un aumento per la continuazione di entità esigua esclude l’abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. e dimostra, per implic che è stata operata la valutazione degli elementi obiettivi e subiettivi del reato risultan contesto complessivo della decisione. Quando, invece, la pena per il reato più grave è quantificata a livelli prossimi o coincidenti con il minimo edittale ma quella fissata in aum per la continuazione è di entità tale da configurare, sia pure in astratto, una ipotesi di cu materiale dei reati, l’obbligo motivazionale del giudice si fa più stringente, dovendo specificare dettagliatamente le ragioni che lo hanno indotto a tale decisione. Nel caso in esame non si rinviene alcuna sproporzione fra la pena prevista per il reato più grave, pari ad anni d di reclusione ed euro 800,00 di multa e quella di mesi due di reclusione ed euro 100,00 di multa, tanto più che le ragioni espresse dalla Corte di appello – che ha indicato, in ordine al delitt cui si procede, che l’imputato si è mosso con «callidità e spregiudicatezza, per evidente scopo di profitto, oltre che con evidente premeditazione» – forniscono una motivazione congrua e adeguata in relazione all’aumento per la continuazione in misura superiore al minimo edittale, pur se sempre inferiore alla media edittale, anche in relazione al delitto tentato, cosicché non verte in tema di aumento illegittimo in quanto, come richiedono – Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME Rv. 282269 – si è in presenza di una completa e congrua motivazione, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
non è stato operato un surrettizio cumulo materiale di pene e sussiste la proporzione fra pena principale e pene dei delitti satellite, cosicché la doglianza è manifestamente infondata;
Considerato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 giugno 2025
Il consigli re estensore
Il Presidente