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Aumento pena per continuazione: la discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14542/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante l’aumento pena per continuazione, ribadendo che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale potere non è sindacabile in sede di legittimità se la decisione non è arbitraria o illogica e risulta sorretta da una motivazione sufficiente.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento Pena per Continuazione: Quando la Decisione del Giudice è Insindacabile

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14542/2024) ha ribadito i confini entro cui tale potere può essere esercitato, in particolare riguardo all’aumento pena per continuazione. Questo provvedimento chiarisce quando e perché la valutazione del giudice di merito sfugge al sindacato della Suprema Corte, offrendo spunti cruciali per comprendere la logica del sistema sanzionatorio.

Il caso in esame: un ricorso contro la graduazione della pena

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la pena inflitta in primo grado. L’unico motivo di doglianza riguardava la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione nella determinazione dell’aumento di pena applicato a titolo di continuazione, in relazione a fatti giudicati con una precedente sentenza.

In sostanza, il ricorrente lamentava che l’aumento fosse stato calcolato in modo ingiusto o comunque non adeguatamente giustificato, chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare tale decisione.

L’Aumento Pena per Continuazione e la Discrezionalità Giudiziale

L’istituto della continuazione, previsto dall’art. 81 del codice penale, permette di considerare più reati, commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, come un unico reato continuato. La conseguenza è l’applicazione della pena prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo. La quantificazione di questo aumento è affidata alla discrezionalità del giudice.

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha riaffermato un principio consolidato: la graduazione della pena, inclusi gli aumenti per la continuazione, è un’attività che rientra pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che la valutazione del giudice di merito sulla misura della pena è insindacabile in sede di legittimità, a condizione che rispetti determinati paletti. Il potere discrezionale deve essere esercitato:

1. In aderenza ai criteri legali: Il giudice deve basare la sua decisione sui criteri generali indicati dagli artt. 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.).
2. Nel rispetto dei limiti normativi: Per la continuazione, l’aumento non può superare il limite previsto dalla legge (il triplo della pena base).
3. Con una motivazione sufficiente: La scelta deve essere supportata da una giustificazione che non sia né manifestamente illogica né contraddittoria.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno rilevato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata (richiamando la pagina 3 della sentenza impugnata) per giustificare l’aumento di pena. La decisione non era frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico, ma appariva come un corretto esercizio del potere discrezionale. Pertanto, qualsiasi tentativo di rimettere in discussione nel merito tale valutazione era destinato all’inammissibilità.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma che non è sufficiente lamentare un aumento di pena ritenuto eccessivo per ottenere una riforma della sentenza in Cassazione. È necessario dimostrare che la decisione del giudice di merito sia viziata da un errore di diritto o da un difetto di motivazione grave e palese, tale da renderla arbitraria o illogica. In assenza di tali vizi, la valutazione sulla congruità della pena rimane di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado. Per il ricorrente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile contestare in Cassazione l’aumento di pena per continuazione deciso da un giudice?
Sì, ma solo se la decisione del giudice è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico, oppure se è priva di una motivazione sufficiente. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione nel merito della congruità della pena.

Quali sono i limiti alla discrezionalità del giudice nel determinare la pena?
La discrezionalità del giudice è vincolata al rispetto dei criteri legali stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale, ai limiti edittali previsti per il singolo reato e, nel caso della continuazione, al limite massimo di aumento fissato dall’art. 81 cod. pen. Inoltre, la sua scelta deve essere sempre supportata da una motivazione logica e adeguata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha ritenuto che la decisione sull’aumento della pena fosse stata esercitata correttamente dal giudice di merito, con una motivazione sufficiente e senza arbitrarietà o illogicità. Di conseguenza, la questione non poteva essere riesaminata in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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