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Aumento pena per continuazione: il limite minimo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44276/2024, ha annullato un’ordinanza della Corte d’Appello che aveva erroneamente calcolato una pena. Il caso riguardava un soggetto con recidiva reiterata al quale era stato applicato il vincolo della continuazione. La Cassazione ha ribadito che, in tali circostanze, l’aumento pena per continuazione non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave, procedendo a ricalcolare direttamente la sanzione corretta.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento Pena per Continuazione e Recidiva: La Cassazione Fissa i Paletti

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 44276 del 2024, è intervenuta per chiarire un punto fondamentale nel calcolo della pena in fase esecutiva. La pronuncia riguarda l’applicazione del corretto aumento pena per continuazione quando il condannato è stato dichiarato recidivo reiterato. La decisione sottolinea l’obbligatorietà di un limite minimo di aumento, un principio che garantisce un trattamento sanzionatorio adeguato per chi persiste nell’attività criminale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Catania avverso un’ordinanza emessa dalla stessa Corte. Quest’ultima, in fase di esecuzione, aveva accolto l’istanza di un condannato, riconoscendo il vincolo della continuazione tra reati accertati con quattro sentenze diverse. Di conseguenza, aveva ricalcolato la pena complessiva, determinandola in cinque anni e cinque mesi di reclusione e 1.450 euro di multa.

Tuttavia, il Procuratore Generale ha contestato questo calcolo, sostenendo la violazione di legge. Il punto cruciale era che al condannato era stata applicata, in precedenti sentenze definitive, la recidiva reiterata. Secondo l’accusa, la Corte d’Appello non aveva rispettato il limite minimo per l’aumento di pena previsto dalla legge in questi casi specifici.

La Decisione sull’Aumento Pena per Continuazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso del Procuratore Generale fondato, annullando l’ordinanza impugnata. I giudici di legittimità hanno riaffermato un principio consolidato: l’articolo 81, quarto comma, del codice penale, applicabile anche in sede esecutiva grazie al richiamo dell’articolo 671, comma 2-bis, del codice di procedura penale, è inequivocabile.

Quando i reati in continuazione sono commessi da un soggetto al quale è stata applicata la recidiva reiterata con una sentenza definitiva emessa prima della commissione dei nuovi reati, l’aumento della quantità di pena non può essere inferiore a un terzo di quella stabilita per il reato più grave. Nel caso di specie, questa condizione era pienamente soddisfatta.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si basa su una rigorosa applicazione della normativa. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello, pur partendo correttamente dalla pena base per il reato più grave (sei anni e otto mesi di reclusione), abbia poi applicato un aumento per la continuazione inferiore al minimo legale di un terzo. Questo ha portato a una pena finale illegittimamente mite.

La Suprema Corte ha quindi proceduto a ricalcolare la sanzione corretta. Partendo dalla pena base, ha determinato l’aumento minimo obbligatorio di un terzo (pari a due anni, due mesi e venti giorni), ottenendo una pena totale che, dopo la riduzione per il rito abbreviato, è risultata essere di cinque anni, undici mesi e tre giorni di reclusione e 1.377 euro di multa. Essendo l’errore meramente di calcolo e di diritto, la Cassazione ha annullato la decisione senza rinvio, correggendo direttamente la pena ai sensi dell’art. 620, lett. l), c.p.p., per determinare il trattamento sanzionatorio secondo legge.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’importanza del rispetto dei criteri legali nel calcolo della pena, specialmente in presenza di circostanze aggravanti come la recidiva reiterata. La decisione serve da monito per i giudici dell’esecuzione: la discrezionalità nella determinazione dell’aumento per la continuazione trova un limite invalicabile nella soglia minima di un terzo quando si tratta di condannati che hanno dimostrato una spiccata e persistente inclinazione a delinquere. La corretta applicazione di questa norma è essenziale per assicurare che la risposta sanzionatoria dello Stato sia proporzionata alla gravità dei fatti e alla pericolosità sociale del reo.

Quando è obbligatorio l’aumento minimo di un terzo della pena per la continuazione?
L’aumento minimo di un terzo è obbligatorio quando i reati in continuazione sono commessi da una persona a cui sia già stata applicata la recidiva reiterata con una sentenza divenuta definitiva prima della commissione dei nuovi reati.

Quale errore ha commesso la Corte d’Appello nel caso specifico?
La Corte d’Appello ha calcolato l’aumento di pena per la continuazione in una misura inferiore al minimo legale di un terzo della pena per il reato più grave, nonostante il condannato fosse un recidivo reiterato, violando così l’art. 81, comma 4, del codice penale.

Perché la Corte di Cassazione ha deciso senza rinviare il caso a un altro giudice?
Poiché l’errore commesso dalla Corte d’Appello era puramente di diritto e consisteva in un errato calcolo matematico, la Corte di Cassazione ha potuto correggerlo direttamente, annullando la decisione e rideterminando la pena corretta senza necessità di un nuovo giudizio di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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