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Aumento pena in continuazione: Cassazione e motivazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 3613/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro l’aumento di pena per porto d’armi in continuazione con un omicidio. La Corte ha stabilito che un aumento di pena modesto rispetto alla pena base (in questo caso, un anno su ventuno) non necessita di una motivazione dettagliata, poiché si presume che non vi sia stato un abuso del potere discrezionale del giudice. L’analisi si concentra sulla proporzionalità dell’aumento di pena in continuazione.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento pena in continuazione: non sempre serve una motivazione dettagliata

L’aumento di pena in continuazione è un meccanismo centrale nel diritto penale, che permette di calibrare la sanzione quando un soggetto commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, fino a che punto il giudice è tenuto a motivare questo aumento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, stabilendo che, in caso di aumenti minimi, una motivazione specifica non è necessaria. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per omicidio e per il connesso reato di porto in luogo pubblico dell’arma da sparo utilizzata per commettere il delitto. La Corte d’Assise d’Appello aveva determinato la pena base per l’omicidio in 21 anni di reclusione, applicando poi un aumento di pena in continuazione di un solo anno per il reato relativo all’arma.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una presunta illogicità e contraddittorietà nella motivazione fornita dai giudici di merito riguardo a tale aumento. Secondo la difesa, la decisione non spiegava a sufficienza le ragioni che avevano portato a quantificare l’aumento proprio in un anno di reclusione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Aumento di pena in continuazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo ‘manifestamente infondato’. La Corte ha chiarito un principio fondamentale riguardante l’obbligo di motivazione per l’aumento di pena in continuazione: non è sempre richiesta una spiegazione analitica e dettagliata.

Gli Ermellini hanno osservato che l’aumento di un anno di reclusione, a fronte di una pena base di ventuno anni, rappresenta una frazione minima (1/21) della sanzione principale. In circostanze come questa, dove l’aumento è così contenuto, si può escludere in radice qualsiasi possibile abuso del potere discrezionale da parte del giudice di merito. Di conseguenza, non è necessaria una motivazione complessa per giustificare una scelta sanzionatoria che si rivela, nei fatti, estremamente mite.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nel principio di proporzionalità e ragionevolezza. I giudici hanno sottolineato che la motivazione di una sentenza serve a rendere trasparente l’iter logico-giuridico seguito dal giudice, specialmente quando esercita un potere discrezionale. Tuttavia, questo obbligo si attenua quando la scelta effettuata è talmente vicina al minimo legale da non destare sospetti di arbitrarietà.

Nel caso specifico, l’aumento di un anno per il porto d’arma, reato strumentale all’omicidio, è stato considerato congruo e non illogico. La Corte ha richiamato un proprio precedente (Sentenza n. 44428/2022), consolidando l’orientamento secondo cui, per aumenti di pena esigui nel contesto della continuazione, non è esigibile una motivazione puntuale. La decisione di aumentare la pena di una frazione così piccola della pena base è, di per sé, una scelta che non necessita di ulteriori giustificazioni, in quanto non pregiudica in modo significativo la posizione del condannato e rientra pienamente nei margini della discrezionalità giudiziale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un’importante indicazione pratica sia per la difesa che per i giudici di merito. Per gli avvocati, significa che un motivo di ricorso basato sulla carenza di motivazione per un lieve aumento di pena in continuazione ha scarse probabilità di essere accolto. Per i giudici, conferma che possono calibrare la pena con aumenti contenuti senza dover redigere complesse argomentazioni a sostegno, purché la pena base sia stata correttamente individuata e l’aumento risulti proporzionato e ragionevole. La decisione ribadisce, in sostanza, che il controllo di legittimità sulla motivazione della pena si concentra sulla prevenzione di abusi discrezionali, e non sulla formalistica richiesta di una giustificazione per ogni singolo calcolo sanzionatorio, specie se di modesta entità.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per l’aumento di pena in continuazione?
No, secondo l’ordinanza, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata quando l’aumento è esiguo rispetto alla pena base (nel caso di specie, 1/21), poiché si ritiene escluso in radice un possibile abuso del potere discrezionale del giudice.

Qual era il motivo del ricorso presentato alla Corte di Cassazione?
Il ricorso era fondato sull’asserita illogicità e contraddittorietà della motivazione relativa all’aumento di pena di un anno per il reato di porto d’arma, applicato in continuazione al reato di omicidio sanzionato con una pena base di 21 anni.

Qual è stato l’esito del ricorso e quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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