Aumento Pena Continuazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto della continuazione nel reato, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, è uno strumento fondamentale per garantire una pena equa e proporzionata a chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la quantificazione dell’ aumento pena continuazione deve essere adeguatamente motivata dal giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione su quando una censura relativa a tale motivazione rischia di essere dichiarata inammissibile.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un soggetto condannato per molteplici episodi di cessione di sostanze stupefacenti. La Corte d’Appello, pur riducendo la pena inflitta in primo grado, aveva confermato la struttura sanzionatoria basata su una pena base e un successivo aumento a titolo di continuazione. Nello specifico, a fronte di una pena base fissata in un anno e sei mesi di reclusione e 2.000 euro di multa, era stato applicato un aumento di un anno di reclusione e ulteriori 2.000 euro di multa per i reati satellite.
Il Ricorso in Cassazione e l’Aumento Pena Continuazione
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: il presunto difetto di motivazione della sentenza d’appello proprio in relazione all’ aumento pena continuazione. Secondo la difesa, i giudici di secondo grado non avrebbero adeguatamente spiegato le ragioni che li hanno portati a quantificare l’aumento in quella specifica misura. Si contestava, in sostanza, la congruità dell’aumento rispetto ai fatti contestati, ritenendolo sprovvisto di un’adeguata giustificazione logico-giuridica.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Secondo gli Ermellini, la censura mossa dall’imputato non era fondata. La Corte d’Appello, infatti, aveva giustificato l’aumento in modo coerente, seppur sintetico. Il riferimento al ‘rilevante numero dei fatti’ commessi era stato ritenuto un elemento sufficiente a motivare l’entità dell’aumento di pena.
La Suprema Corte ha sottolineato che, a fronte di molteplici episodi di cessione, tutti caratterizzati dal medesimo ‘disvalore’, la decisione dei giudici di merito di applicare un aumento significativo era del tutto logica e giustificata. Non è sempre necessaria una motivazione prolissa e dettagliata; a volte, il richiamo a elementi fattuali evidenti, come la serialità della condotta criminosa, è di per sé una giustificazione sufficiente e non sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogica. Di conseguenza, il motivo di ricorso è stato considerato privo di pregio, portando alla declaratoria di inammissibilità.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale nella redazione dei ricorsi per cassazione: non è sufficiente lamentare un generico ‘difetto di motivazione’. È necessario che la motivazione sia effettivamente mancante, contraddittoria o manifestamente illogica. Quando la decisione del giudice di merito, pur concisa, trova un solido ancoraggio nei fatti del processo (in questo caso, il numero elevato di reati), il ricorso basato su tale presunto vizio è destinato all’insuccesso. L’esito del giudizio, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende, serve da monito sull’importanza di presentare ricorsi basati su motivi solidi e non meramente pretestuosi.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato, relativo al difetto di motivazione sull’aumento di pena per la continuazione, è stato ritenuto infondato. La Corte di Cassazione ha considerato la motivazione della Corte d’Appello adeguata.
Come è stato giustificato l’aumento di pena per la continuazione?
L’aumento di pena è stato giustificato in modo coerente facendo riferimento al ‘rilevante numero dei fatti’ di cessione commessi dall’imputato. Questa motivazione, sebbene sintetica, è stata ritenuta sufficiente dalla Suprema Corte.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47433 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47433 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME (CUI 0448EA7) nato il 22/06/1996
avverso la sentenza del 11/01/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché l’unica censura prospettata, inerente al dife di motivazione quanto agli aumenti apportati per la continuazione, non coglie nel segno considerando che nella specie, a fronte di molteplici episodi di cessione tutti connotati, secon la condivip opinione dei due giudici del merito, dal medesimo disvalore, la Corte di appello, n ridurre il trattamento irrogato in primo grado, ha apportato un aumento complessivo ( in misura di un anno di reclusione e 2000 euro di multa a fronte di una pena base determinata in anni uno e mesi sei di reclusione e 2000 euro di multa), coerentemente giustificato, all’evidenza, da riferimento operato al rilevante numero dei fatti considerati ex art 81 cpv. cp..í
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 co proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 31 ottobre 2024.