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Aumento pena continuazione: limiti per recidivi

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello per un errore nel calcolo dell’aumento pena continuazione. Per un imputato recidivo, l’aumento non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave. La sentenza è stata annullata con rinvio per la corretta rideterminazione della pena, confermando però la responsabilità penale dell’imputato.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento Pena Continuazione per Recidivi: La Cassazione Fissa i Limiti

La corretta determinazione della pena è un principio cardine del nostro ordinamento penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di rispettare i limiti minimi imposti dalla legge per l’aumento pena continuazione, specialmente nei casi di imputati recidivi. La decisione in esame annulla parzialmente una sentenza di secondo grado proprio a causa di un errore di calcolo, offrendo importanti chiarimenti sull’applicazione dell’articolo 81 del codice penale.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Messina, che aveva confermato la responsabilità penale di un imputato per i reati di cui agli artt. 477, 482 e 624 del codice penale. In quella sede, i giudici avevano rideterminato la pena inflitta in primo grado, riducendola a due anni e quattro mesi di reclusione e 500,00 euro di multa.

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la stessa Corte d’Appello ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di violazione di legge. Il punto centrale del ricorso riguardava il calcolo dell’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati.

Il Ricorso del Procuratore e l’Aumento Pena Continuazione

Il ricorrente ha sostenuto che la Corte territoriale non avesse rispettato il disposto dell’art. 81, comma 4, del codice penale. Questa norma stabilisce che, per i soggetti dichiarati recidivi ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. pen. (recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale), l’aumento di pena per la continuazione non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Nel caso specifico, l’imputato era stato riconosciuto come recidivo qualificato. La Corte d’Appello aveva fissato la pena base per il reato più grave in due anni e un mese di reclusione e 450,00 euro di multa. Tuttavia, l’aumento per la continuazione era stato quantificato in soli tre mesi di reclusione e 50,00 euro di multa, una misura palesemente inferiore al minimo legale di un terzo (che sarebbe stato pari a otto mesi di reclusione e 150,00 euro di multa).

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo in pieno le argomentazioni del Procuratore Generale. I giudici di legittimità hanno confermato che la recidiva contestata e applicata all’imputato imponeva l’applicazione del limite minimo previsto dall’art. 81, comma 4, cod. pen.

La Corte ha evidenziato come il calcolo effettuato dai giudici d’appello fosse matematicamente errato e in palese violazione di una norma imperativa. L’aumento di tre mesi era, infatti, “certamente inferiore alla misura di un terzo della pena stabilita per il reato più grave”. Poiché la determinazione dell’esatto ammontare dell’aumento rientra nella discrezionalità del giudice di merito, la Cassazione non ha potuto correggere direttamente l’errore. Di conseguenza, ha dovuto annullare la sentenza impugnata sul punto specifico, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione che rispetti i limiti di legge.

Le Conclusioni

La sentenza si conclude con l’annullamento parziale della decisione impugnata, limitatamente alla determinazione dell’aumento per la continuazione. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Messina, che dovrà procedere a un nuovo giudizio su questo specifico aspetto. È importante sottolineare che la Corte ha dichiarato l’irrevocabilità della declaratoria di responsabilità penale dell’imputato. Questo significa che la colpevolezza è stata definitivamente accertata e solo l’entità della sanzione dovrà essere ricalcolata.

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: i criteri legali per la determinazione della pena non sono derogabili dalla discrezionalità del giudice. In presenza di una recidiva qualificata, l’aumento pena continuazione deve obbligatoriamente rispettare la soglia minima di un terzo, a garanzia di una risposta sanzionatoria proporzionata e conforme alla volontà del legislatore.

Qual è il limite minimo per l’aumento di pena in caso di continuazione per un recidivo reiterato?
L’aumento di pena per la continuazione non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato considerato più grave, come previsto dall’art. 81, comma 4, del codice penale.

Cosa succede se un giudice applica un aumento di pena inferiore a quello previsto dalla legge?
La sentenza può essere annullata dalla Corte di Cassazione sullo specifico punto del calcolo della pena. Il caso viene quindi rinviato a un altro giudice dello stesso grado per una nuova e corretta determinazione della sanzione.

L’annullamento della sentenza per un errore nel calcolo della pena cancella la condanna?
No. Come specificato in questa sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione solo limitatamente al calcolo dell’aumento per la continuazione, dichiarando contestualmente l’irrevocabilità della declaratoria di responsabilità penale. La colpevolezza dell’imputato è quindi definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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