Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17829 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17829 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in Tunisia il 03/03/1976 avverso la sentenza del 30/10/2022 della Corte d’appello di Genova udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova ha condannato NOME COGNOME a mesi dieci di reclusione per tentato furto di due rasoi in un supermercato e per false dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità personale, fatto quest’ultimo aggravato dalla recidiva specifica e dalla finalità di assicurarsi l’impunità dal tentato furto. I reati sono stati unificati vincolo della continuazione, sulla base del più grave reato di false dichiarazioni, con riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti. È stata, infine, operata la riduzione di un terzo per il rito abbreviato, pervenendosi alla pena finale di dieci mesi di reclusione.
La Corte d’appello di Genova ha accolto parzialmente il gravame dell’imputato, riconoscendo la continuazione tra il reato di false dichiarazioni
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giudicato con la precedente sentenza del 10/7/2020, emessa dalla stessa Corte, e quello di cui al presente processo. In conseguenza, ha aumentato la pena inflitta con la sentenza di primo grado di tre mesi di reclusione, rideterminandola in complessivi anni uno e mesi uno di reclusione. Ha confermato, nel resto.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato sulla base di tre motivi.
2.1. Col primo lamenta vizi di motivazione in relazione al rigetto delle richieste difensive concernenti la quantificazione della pena.
La difesa lamenta che la Corte d’appello non abbia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di riduzione della pena per il reato di false generalità (ar 495 cod. pen.), nonostante la non particolare gravità della condotta e il fatto che l’imputato avesse fornito, nel tempo, sempre le stesse false generalità.
Si duole dell’omessa esclusione della recidiva, senza alcuna reale valutazione se il reato fosse effettivamente espressione di maggiore pericolosità dell’imputato, considerando che per una pregressa violazione dell’art. 495 cod. pen. era stata disposta l’archiviazione per particolare tenuità del fatto e che la condanna in materia di stupefacenti era relativa a un fatto risalente nel tempo.
Si contesta, poi, da parte ricorrente, la motivazione sul mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva, ritenendosi insufficiente il generico riferimento ai detti precedenti.
Viene altresì ritenuto immotivato e illogico l’aumento di pena per la continuazione, non avendo la Corte specificato le “modalità del fatto” che lo giustificherebbero, trattandosi, peraltro, di un tentato furto.
2.2. Col secondo motivo, ci si lamenta di vizi di motivazione in relazione alla mancata esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen., ovvero per aver fornito false generalità per ottenere l’impunità dal tentato furto.
Si evidenzia la contraddittorietà della sentenza d’appello, laddove aveva valorizzato, in senso negativo, il fatto che l’imputato avesse fornito le medesime false generalità anche in occasione di semplici controlli, senza considerare che ciò dimostrava un’abitudine indipendente dalla commissione di altri reati.
2.3. Col terzo motivo, parte ricorrente censura la motivazione della sentenza d’appello laddove ha disposto l’aumento ex art. 81 cod. pen. per l’ulteriore violazione dell’art. 495 cod. pen. di cui alla sentenza della Corte d’appello di Genova del 10/7/2020.
La difesa rileva che la Corte d’appello ha aumentato la pena irrogata dal Tribunale, pari a dieci mesi di reclusione, di ulteriori tre mesi di reclusione, senza applicare la riduzione di un terzo prevista per il rito abbreviato, con il quale entrambi i procedimenti erano stati celebrati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente alla contestazione della recidiva specifica e all’omessa riduzione di un terzo dall’aumento in continuazione irrogato dal giudice d’appello, essendo, per il resto, da disattendere.
1.1. Parte ricorrente reitera la contestazione circa l’omessa motivazione di maggior pericolosità correlata alla contestata recidiva specifica.
Effettivamente, considerato che l’unico precedente specifico con sentenza passata in giudicato prima dei fatti in esame inerisce un delitto ex art. 495, comma 1, cod. pen. oggetto di archiviazione per particolare tenuità del fatto, come tale non annoverabile tra le condanne per un delitto non colposo di cui all’art. 99 cod. pen., la Corte d’appello erra nel valorizzare, al fine di ritenere la recidiva specifica “altra condanna per falsa dichiarazione a pubblico ufficiale sulla propria identità”, in realtà, non risultante dal certificato del casellario giudiziale in atti
Si impone, dunque, un rinnovo di valutazione sul punto, con necessario assorbimento della questione sollevata con riferimento al giudizio di bilanciamento tra aggravanti ed attenuanti, atteso che tale giudizio dovrà essere nuovamente operato all’esito del menzionato rinnovo di valutazione circa la sussistenza della recidiva specifica o, eventualmente, di quella semplice.
Il primo motivo è, nel resto, infondato, mirando ad una nuova valutazione di merito, rispetto ad una motivazione, seppur sintetica, esente da vizi, sia in relazione alla determinazione della pena base (essendo corretta la valutazione di non minore gravità delle condotte di reiterata dazione sempre delle medesime false generalità), che all’entità dell’aumento in continuazione per il tentato furto (correttamente motivato con riferimento alle modalità del fatto e ai precedenti dell’imputato).
Conformemente alla pacifica giurisprudenza di questa Corte, sfugge al sindacato di legittimità, se sorretta da motivazione non manifestamente illogica o arbitraria, bensì aderente ai criteri legali, in primis quelli di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., la valutazione sulla determinazione della pena, specie se inferiore alla media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, Rv. 276288-01; Sez. 5, n. 5582 del 30/9/2013, dep. 2014, Rv. 259142-01; per analogo principio sugli aumenti in continuazione, Sez. 4, n. 48546 del 10/07/2018, Rv. 274361-01): essendo sufficiente che il giudice del merito indichi come semplicemente “adeguata” al caso la decisione presa.
La decisione censurata ha evidenziato, come detto, le ragioni poste a base della determinazione della pena base e degli aumenti in continuazione in misura
di gran lunga inferiori alle medie edittali, senza alcun profilo di manifesta illogicità
o altro vizio motivazionale: sicché l’impugnazione mira a un rinnovato giudizio di adeguatezza, precluso in sede di legittimità.
1.2. Il secondo motivo di doglianza è infondato.
Correttamente la sentenza d’appello ha ritenuto la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 2, cod. pen., giustificandola con l’evidente
finalizzazione del delitto per “conseguire l’impunità in relazione al tentato furto commesso poco prima all’interno del supermercato”.
Anche in questo caso si tratta di valutazione di merito del tutto logica e, dunque, immune da censure.
1.3. Il terzo motivo è fondato.
La Corte d’appello ha aumentato la pena irrogata dal Tribunale, pari a dieci mesi di reclusione, di ulteriori tre mesi di reclusione, per continuazione con la
condanna di cui alla sentenza della Corte d’appello di Genova del 10/7/2020, senza applicare la riduzione di un terzo prevista per il rito abbreviato, adottato in
entrambi i procedimenti.
Al riguardo, è noto che il giudice deve specificare in motivazione di aver tenuto conto di tale riduzione (così Sez. 1, n. 12591 del 13/03/2015, Reale, Rv. 262888-01 e Sez. 1, n. 26269 del 08/04/2021, Rv. 281617-01 in relazione a casi analoghi, di provvedimenti emessi dal giudice dell’esecuzione, dal cui testo non era possibile accertare se, nella quantificazione dell’aumento della pena ex art. 81 cod. pen., si fosse tenuto Conto della riduzione comportata dal rito abbreviato).
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato, nel richiamare la pregressa condanna da porre in continuazione, non fa alcun riferimento al rito abbreviato, neppure nella parte relativa alla rideterminazione della pena, sicché deve ritenersi che, nel quantificare l’aumento ai sensi dell’art. 81 cod. pen., non abbia tenuto conto della riduzione imposta dal menzionato rito.
La sentenza impugnata va, dunque, annullata pure in relazione a tale motivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Genova. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 08/04/2025.