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Aumento pena continuazione: la regola del terzo minimo

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza per un errato calcolo dell’aumento pena continuazione. Il caso riguardava un imputato recidivo, per il quale il giudice di merito aveva applicato un aumento inferiore al minimo di un terzo previsto dalla legge. La Suprema Corte ha ribadito che, in presenza di recidiva reiterata, l’aumento per la continuazione non può mai essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave, annullando la sentenza e rinviando per una nuova determinazione della pena.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento Pena per Continuazione: La Cassazione Sottolinea il Limite Minimo per il Recidivo

La corretta determinazione della pena è un pilastro fondamentale del diritto penale, soprattutto in casi complessi che coinvolgono più reati. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 27396/2025, ha riaffermato un principio cruciale in materia di aumento pena continuazione per i soggetti recidivi, annullando una decisione di merito per un errore di calcolo. Questo intervento chiarisce i limiti della discrezionalità del giudice e garantisce l’applicazione rigorosa della legge.

I Fatti del Caso

Il caso origina da un procedimento a carico di un individuo accusato di reato continuato di detenzione di sostanze stupefacenti (hashish e cocaina). Il Tribunale, all’esito di un giudizio abbreviato, lo aveva condannato alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione e 4.000 euro di multa. Nel calcolare la pena, il giudice aveva individuato come reato più grave la detenzione di hashish, partendo da una pena base di 2 anni e 5.500 euro di multa.

Successivamente, per il reato satellite (la detenzione di cocaina), aveva applicato un aumento di soli tre mesi e 500 euro. Questo calcolo è stato oggetto di ricorso, poiché l’imputato era un recidivo reiterato, specifico ed infraquinquennale, una condizione che impone regole di calcolo più severe.

Il Ricorso del Procuratore e l’errato aumento pena continuazione

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato la sentenza, lamentando l’erronea applicazione della legge penale. Il motivo del ricorso era chiaro e tecnico: l’aumento pena continuazione era stato calcolato in misura inferiore a un terzo della pena base, in violazione dell’art. 81, comma 4, del codice penale.

Secondo la norma, infatti, quando si procede per un reato continuato a carico di un soggetto recidivo reiterato, l’aumento di pena non può essere inferiore a un terzo di quella stabilita per la violazione più grave. Nel caso di specie, l’aumento avrebbe dovuto essere di almeno 8 mesi di reclusione e circa 1.833 euro di multa (un terzo della pena base di 2 anni e 5.500 euro), e non di soli 3 mesi e 500 euro. Questo errore iniziale si era poi ripercosso sulla pena finale, risultata illegittimamente bassa anche dopo la riduzione per il rito abbreviato.

La rigidità della norma per i recidivi

La disposizione dell’art. 81, comma 4, c.p. è stata introdotta per inasprire il trattamento sanzionatorio nei confronti di chi, nonostante precedenti condanne, persevera nell’attività criminale. La norma limita la discrezionalità del giudice, imponendo un ‘pavimento’ sanzionatorio inderogabile per garantire che la recidiva venga adeguatamente ponderata nel calcolo della pena complessiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso del Procuratore Generale pienamente fondato. I giudici di legittimità hanno confermato che il limite minimo di un terzo per l’aumento pena continuazione è obbligatorio e non derogabile nei casi in cui l’imputato sia stato dichiarato recidivo reiterato, con una sentenza definitiva emessa prima della commissione dei reati in giudizio.

Nel caso in esame, il certificato penale dell’imputato attestava la sua condizione di recidivo reiterato, specifica ed infraquinquennale, in relazione a cinque precedenti condanne. Di conseguenza, il Tribunale non avrebbe potuto discostarsi dal limite minimo imposto dalla legge. L’aver applicato un aumento inferiore ha reso la pena non correttamente determinata e, di fatto, illegale. Per questo motivo, la Corte ha annullato la sentenza impugnata, ma solo per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione è un importante promemoria per i giudici di merito sull’importanza di applicare scrupolosamente le norme sul calcolo della pena, specialmente in presenza di circostanze aggravanti come la recidiva reiterata. La sentenza ribadisce che la discrezionalità del giudice nel quantificare l’aumento per la continuazione trova un limite invalicabile nella previsione dell’art. 81, comma 4, c.p. Questo garantisce certezza del diritto e un trattamento sanzionatorio proporzionato alla gravità della condotta e alla pericolosità sociale del reo, evitando pene eccessivamente miti per soggetti che dimostrano una persistente inclinazione a delinquere. Il caso è stato quindi rinviato al Tribunale di Brescia, che dovrà procedere a un nuovo giudizio limitatamente alla rideterminazione della pena, applicando questa volta correttamente la legge.

Quando si applica l’aumento minimo di un terzo per il reato continuato?
L’aumento della pena non inferiore a un terzo di quella per il reato più grave si applica obbligatoriamente quando l’imputato è un recidivo reiterato, ovvero ha già commesso altri reati dopo essere stato condannato più volte con sentenza definitiva.

Perché la sentenza del Tribunale è stata annullata?
La sentenza è stata annullata perché il giudice, nel calcolare la pena per il reato continuato, ha applicato un aumento inferiore al minimo legale di un terzo, nonostante l’imputato fosse un recidivo reiterato, violando così l’articolo 81, comma 4, del codice penale.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e ha rinviato il caso al Tribunale di Brescia affinché un altro magistrato determini nuovamente la pena, applicando correttamente l’aumento minimo previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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