Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3466 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3466 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PRIVITERA NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME, che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 22 marzo 2022, la Corte di appello di Catania, quale Giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza presentata da COGNOME NOME di applicazione del vincolo della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., aveva rideterminato il trattamento sanzionatorio applicato al condannato, in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punt A, B e C del provvedimento impugnato, in undici anni, dieci mesi e venti giorni di
reclusione (la sentenza di cui al punto A aveva a oggetto i reati di cui agli artt. 416-bis e 582-585 cod. pen.; la sentenza di cui al punto B aveva a oggetto il reato di cui all’art. 411 cod. pen., aggravato ex art. 7 legge n. 203 del 1991; la sentenza di cui al punto C aveva a oggetto i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309/90, aggravati ex art. 7 legge n. 203 del 1991).
Avverso l’ordinanza, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catania ricorreva per cassazione, articolando un’unica censura, con la quale deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, in relazione all’art. 671 cod. proc. pen., conseguente al fatto che il Giudice dell’esecuzione, nel riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati giudicati, non aveva tenuto conto dell’applicazione della recidiva, ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. pen., che comportava un aumento di pena non inferiore a un terzo del delitto più grave ex art. 81, comma quarto, cod. pen.
La Prima sezione penale di questa Corte aveva annullato l’ordinanza impugnata, ritenendo fondato l’unico motivo dli ricorso.
Aveva rilevato che: nel caso in esame i giudici della cognizione avevano applicato a COGNOME NOME la recidiva prevista dall’art. 99, comma 4, cod. pen; l’art. 81, comma 4, cod. pen. dispone: «fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave»; nel caso in esame, la Corte di appello di Catania aveva individuato quale reato più grave il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (giudicato dalla sentenza irrevocabile indicata nel punto C dell’ordinanza censurata); la pena base stabilita per il reato più grave era stata determinata dalla Corte di appello di Catania in nove anni, quattro mesi e venti giorni di reclusione; il riconoscimento della recidiva di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen. avrebbe dovuto comportare un aumento di pena complessivo per i reati posti in continuazione che non poteva essere inferiore a un terzo di detta pena base.
Aveva, pertanto, annullato l’ordinanza impugnato con rinvio per un nuovo giudizio alla Corte di appello di Catania, che avrebbe dovuto rideterminare la pena, rispettando i limiti imposti dall’art. 81, comma 4, cod. pen.
Con ordinanza emessa il 19 giugno 2023, la Corte di appello di Catania, in sede di rinvio, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., ha rideterminato la pena per i reati giudicati con le sentenze in questione in complessivi anni dodici, mesi otto
e giorni venti di reclusione. È pervenuta a tale pena sulla base del seguente calcolo: pena base anni nove, mesi quattro e giorni venti di reclusione, comminati con la sentenza di cui al punto C dell’ordinanza del 22 marzo 2022; aumentata per la continuazione con il reato oggetto della sentenza di cui al punto B di mesi otto di reclusione (pena così ridotta per il rito); aumentata per la continuazione con i reati oggetto della sentenza di cui al punto A di anni due e mesi otto di reclusione (pena così ridotta per il rito).
Avverso la “nuova” ordinanza della Corte di appello di Catania, il condannato ha proposto ricorso per cassazione.
5.1. Con un unico motivo, deduce la mancanza e l’illogicità della motivazione.
Sostiene che: la Corte di appello non avrebbe chiarito la ragione per cui avrebbe determinato una pena complessiva maggiore di otto mesi di reclusione, rispetto a quella determinata con la precedente ordinanza; l’aumento di quattro anni di reclusione (ridotto ad anni due e mesi otto di reclusione per il rito) per i reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. non sarebbe sorretto da adeguata e logica motivazione; la Corte di appello avrebbe dovuto determinare l’aumento per la continuazione con il reato oggetto della sentenza di cui al punto B) in misura uguale a quello determinato con la precedente ordinanza, atteso che con quest’ultima era stata correttamente esclusa l’applicazione della recidiva.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. L’unico motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va, infatti, rilevato che a Corte di appello, seppure in maniera sintetica, ha motivato in relazione agli aumenti di pena, facendo riferimento alla gravità dei fatti e all’intensità del dolo.
Va, peraltro, rilevato che l’aumento complessivo per la continuazione (pari a tre anni e quattro mesi di reclusione) risulta di poco superiore a un terzo della pena base (pari a tre anni, un mese e sedici giorni) e dunque di poco superiore a quello che era il minimo edittale.
Al riguardo, occorre ribadire che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2,
n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 27124:3; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283).
Del tutto infondata risulta poi la censura secondo la quale la Corte di appello avrebbe dovuto determinare l’aumento per la continuazione con il reato oggetto della sentenza di cui al punto B) in misura uguale a quello determinato con la precedente ordinanza. La sentenza emessa dalla Prima sezione di questa Corte aveva annullato l’ordinanza, ritenendo che la rideterminazione della pena non era stata correttamente effettuata, rinviando per una nuova (completa) determinazione, che rispettasse i limiti imposti dall’art. 81, comma 4, cod. pen., senza limitare l’annullamento a una sola parte della precedente ordinanza.
Il giudice del rinvio si è attenuto alle prescrizioni della sentenza di annullamento, rideterminando la pena in misura conforme ai limiti imposti dall’art. 81, comma 4, cod. pen.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 26 ottobre 2023.