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Aumento pena continuazione: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un professionista condannato per truffa, annullando la sentenza d’appello limitatamente al calcolo della pena. Il punto chiave riguarda l’aumento pena continuazione: i giudici hanno chiarito che l’incremento minimo di un terzo, previsto dall’art. 81 co. 4 c.p., si applica solo se l’imputato è già stato dichiarato recidivo reiterato con una sentenza definitiva precedente ai fatti contestati. La condanna per i reati è divenuta irrevocabile, ma la Corte d’Appello dovrà rideterminare la pena.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento Pena per Continuazione: la Cassazione fissa i paletti sulla recidiva

Con la sentenza n. 10394 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su un’importante questione relativa al calcolo della pena in caso di reato continuato, precisando le condizioni per l’applicazione dell’aumento pena continuazione minimo di un terzo. La pronuncia chiarisce che tale aggravio sanzionatorio è riservato esclusivamente ai casi in cui l’imputato sia già stato dichiarato recidivo reiterato con una sentenza passata in giudicato prima della commissione dei nuovi reati. Analizziamo i dettagli di questa significativa decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per una serie di truffe. Secondo le sentenze di merito, l’imputato, approfittando della fragilità economica delle sue vittime, si presentava con qualifiche professionali mendaci, inducendole a consegnargli somme di denaro con la promessa di ottenere finanziamenti a condizioni vantaggiose da banche estere, finanziamenti che in realtà non erano ottenibili attraverso i canali bancari tradizionali.

Condannato sia in primo grado dal Tribunale di Siena che in secondo grado dalla Corte di Appello di Firenze, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza impugnata.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso in quattro motivi principali:
1. Errata applicazione della legge penale (art. 640 c.p.): Si contestava la ricostruzione dei fatti, sostenendo che le dichiarazioni delle persone offese fossero prive di riscontri.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava un vizio di motivazione nel diniego delle circostanze attenuanti.
3. Errata applicazione della recidiva: Si contestava l’applicazione della recidiva in assenza di una precedente dichiarazione giudiziale.
4. Errata applicazione dell’aumento pena continuazione: Si criticava l’aumento della pena per la continuazione nella misura minima di un terzo, sostenendo che tale limite non fosse applicabile al caso di specie.

L’Aumento Pena Continuazione e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili o infondati i primi tre motivi. Sul primo punto, ha ribadito il principio secondo cui la valutazione dei fatti e delle prove è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una “doppia conforme” (decisioni concordanti di primo e secondo grado) immune da vizi logici.

Anche i motivi relativi alle attenuanti generiche e alla recidiva sono stati respinti. La Corte ha ritenuto generica la doglianza sulle attenuanti e, riguardo alla recidiva, ha richiamato un recente intervento delle Sezioni Unite (sent. n. 32318/2023), che ha stabilito come per l’applicazione della recidiva reiterata sia sufficiente la presenza di più sentenze definitive al momento della commissione del nuovo reato, senza la necessità di una previa dichiarazione formale di recidiva semplice.

L’unico motivo accolto è stato il quarto, quello relativo all’aumento pena continuazione.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto fondata la censura sull’applicazione dell’art. 81, comma quarto, del codice penale. Questa norma prevede che, nel caso di reato continuato, la pena possa essere aumentata fino al triplo, ma stabilisce che l’aumento non possa essere inferiore a un terzo della pena base se il reato più grave è commesso da un soggetto dichiarato recidivo reiterato.

I giudici di legittimità, richiamando una consolidata giurisprudenza (tra cui Sez. 4, n. 22545/2019), hanno specificato che questo limite minimo di aumento si applica esclusivamente nei casi in cui l’imputato sia stato già ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa prima del momento della commissione dei nuovi reati. Nel caso in esame, questa condizione non era soddisfatta. La Corte d’Appello aveva quindi errato nel considerare obbligatorio l’aumento minimo di un terzo, applicando in modo non corretto la disposizione normativa.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio. Ha disposto il rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello di Firenze per un nuovo giudizio sul punto. Questo significa che la responsabilità penale dell’imputato per i reati di truffa è ormai definitiva e irrevocabile. Tuttavia, la Corte d’Appello dovrà ricalcolare la pena, in particolare l’aumento per la continuazione, senza essere vincolata al limite minimo di un terzo, potendo quindi applicare un aumento inferiore e determinare una pena complessiva potenzialmente più mite.

Quando si applica l’aumento minimo di un terzo della pena per la continuazione?
L’aumento della pena non inferiore a un terzo per il reato continuato, previsto dall’art. 81, comma quarto, c.p., si applica solo nei casi in cui l’imputato sia stato già dichiarato recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa precedentemente al momento della commissione dei reati per i quali si procede.

È necessaria una precedente dichiarazione di recidiva semplice per applicare la recidiva reiterata?
No. Secondo la sentenza, che richiama un principio stabilito dalle Sezioni Unite, ai fini dell’applicazione della recidiva reiterata è sufficiente che l’imputato, al momento della consumazione del nuovo reato, risulti già gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi, senza che sia necessaria una previa dichiarazione formale di recidiva semplice.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. La valutazione dei fatti, come in questo caso, è ritenuta intangibile se le sentenze di primo e secondo grado sono concordi (“doppia conforme”) e la motivazione è priva di vizi logici evidenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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