Aumento di pena per reato continuato: la motivazione può essere implicita
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4973/2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i criteri per l’aumento di pena per reato continuato. Questa decisione chiarisce i confini dell’obbligo di motivazione del giudice, specificando quando una giustificazione implicita può essere considerata sufficiente e legittima.
Il caso: la contestazione sull’aumento di pena
Due soggetti condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello di Catania ricorrevano in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge proprio in relazione alla misura dell’aumento di pena applicato per la continuazione tra più reati. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano adeguatamente spiegato le ragioni che giustificavano l’entità dell’aumento sanzionatorio per i cosiddetti reati satellite.
L’applicazione dell’aumento di pena per reato continuato secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. La regola generale, stabilita anche dalle Sezioni Unite, è che il giudice, in caso di reato continuato, deve seguire un percorso logico-giuridico preciso:
1. Individuare il reato più grave.
2. Stabilire la pena base per tale reato.
3. Calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno degli altri reati (i cosiddetti reati satellite).
L’obbligo di motivazione non è però sempre uguale. La sua profondità è direttamente proporzionale all’entità degli aumenti di pena. L’importante è che la motivazione, per quanto sintetica, consenta di verificare che il giudice abbia rispettato il principio di proporzionalità e i limiti imposti dall’articolo 81 del codice penale, evitando di operare un mero cumulo materiale delle pene.
le motivazioni della Corte di Cassazione
Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che l’onere motivazionale fosse stato implicitamente assolto. I giudici di secondo grado, infatti, avevano giustificato l’aumento di pena ritenendolo “congruo” in relazione a due elementi specifici: la “non lieve entità e lesività della condotta estorsiva” e la “particolare intensità del dolo”.
Secondo gli Ermellini, questo riferimento alla gravità concreta del fatto è sufficiente a giustificare l’aumento applicato, rendendo la decisione del giudice d’appello immune da censure. La motivazione, sebbene non analitica per ogni singolo reato satellite, ha permesso di comprendere il ragionamento seguito e di escludere un’applicazione arbitraria della norma.
le conclusioni
L’ordinanza conferma un orientamento pragmatico della giurisprudenza. Se da un lato si richiede al giudice di non limitarsi a un calcolo automatico, dall’altro si ammette che la motivazione possa essere sintetica o implicita, purché ancorata a elementi concreti del caso, come la gravità del fatto e l’intensità dell’elemento soggettivo. La decisione ha comportato la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Come deve motivare il giudice l’aumento di pena per reato continuato?
Il giudice deve individuare il reato più grave, fissare la pena base e poi calcolare e motivare l’aumento per ciascun reato satellite. La motivazione deve essere proporzionata all’entità dell’aumento e permettere di verificare il rispetto dei limiti di legge.
Una motivazione implicita è sufficiente per giustificare l’aumento di pena?
Sì, secondo la Corte di Cassazione l’obbligo di motivazione può essere assolto anche implicitamente. Nel caso analizzato, il riferimento alla gravità della condotta estorsiva e all’intensità del dolo è stato ritenuto sufficiente a rendere congruo l’aumento di pena.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4973 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4973 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a RAGUSA il 30/03/1997 NOME nato a VITTORIA il 14/10/1999
avverso la sentenza del 18/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME, ritenuto che il motivo di ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME che contesta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione &rulla misura dell’aumento di pena per la continuazione fra reati è manifestamente infondato;
che i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione della regola di giudizio secondo la quale in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269);
che l’obbligo è stato precisato nel senso che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risulti rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia oper surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. 2, n. 18944 del 22/3/2017, Rv. 270361; Sez. 3, n. 44931 del 2/12/2017, Rv. 271787);
che tale onere argomentativo è stato, pertanto, implicitamente assolto, si veda, in particolare, pag. 5 della sentenza impugnata, ove i giudici del merito hanno ritenuto che l’aumento di pena per la continuazione tra i reati contestati deve considerarsi congruo in relazione alla non lieve entità e lesività della condotta estorsiva con particolare intensità del dolo;
rilevato che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2024