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Aumento di pena: quando il ricorso è inammissibile

Un soggetto ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello, contestando l’aumento di pena applicato per reati in continuazione legati allo spaccio. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e congrua.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Aumento di Pena e i Limiti del Ricorso in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza

L’applicazione delle pene, e in particolare l’aumento di pena in caso di reati commessi in continuazione, rappresenta uno dei nodi cruciali del processo penale. La discrezionalità del giudice nel determinare la sanzione più equa è un principio cardine del nostro sistema, ma quali sono i confini entro cui questa discrezionalità può essere esercitata? E, soprattutto, quando è possibile contestarla dinanzi alla Corte di Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte offre chiarimenti fondamentali, dichiarando inammissibile un ricorso che verteva proprio sul quantum dell’aumento sanzionatorio.

Il Caso in Esame: Dalla Corte d’Appello alla Cassazione

Il caso trae origine da una condanna per una serie di episodi di cessione di sostanze stupefacenti, reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato, dopo la conferma della sua responsabilità penale in appello, ha deciso di ricorrere in Cassazione. L’unico motivo di doglianza non riguardava la colpevolezza, ma esclusivamente l’entità dell’aumento di pena che gli era stato applicato per i cosiddetti reati in continuazione, ossia per i molteplici episodi di spaccio (almeno dieci) che erano stati unificati sotto un unico disegno criminoso.

La Decisione della Suprema Corte: L’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: le censure relative al trattamento sanzionatorio, ovvero alla determinazione della pena, non rientrano, di norma, tra quelle che possono essere fatte valere in sede di legittimità. Il ricorso in Cassazione è infatti limitato a un numerus clausus (un elenco tassativo) di motivi, che non includono la valutazione nel merito della congruità della pena decisa dai giudici dei gradi precedenti.

Le Motivazioni dietro la decisione sull’aumento di pena

La Suprema Corte ha articolato la sua decisione sulla base di tre pilastri argomentativi interconnessi.

Il Principio del Numerus Clausus

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che le doglianze dell’imputato non rientravano nei motivi tassativamente previsti dalla legge per il ricorso in Cassazione. Investire la Corte di una questione relativa alla misura della pena significa chiederle una rivalutazione del merito della vicenda, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

La Discrezionalità del Giudice di Merito

In secondo luogo, la determinazione del trattamento sanzionatorio è un’attività riservata alla cognizione del giudice di merito. Quest’ultimo, sulla base dei criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, ecc.), gode di un potere discrezionale nel commisurare la pena. Tale potere non è sindacabile in Cassazione, a meno che non sfoci in una decisione palesemente illogica o priva di motivazione.

La Congruità della Motivazione

Infine, nel caso di specie, la Corte ha rilevato che la decisione dei giudici d’appello era sorretta da una motivazione ‘congrua, esauriente ed idonea’. La Corte territoriale aveva infatti confermato l’operato del primo giudice, che aveva applicato un aumento di pena definito ‘blando’ (due mesi di reclusione e 300 euro di multa) rispetto a una pena base già contenuta (otto mesi e 1200 euro di multa), tenendo conto dei numerosi episodi di spaccio. La motivazione fornita è stata ritenuta sufficiente a dar conto del percorso logico-giuridico seguito, sia per la pena base sia per l’aumento applicato ai sensi dell’art. 81 cod. pen. (reato continuato).

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale stabile: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione come un ‘terzo grado di giudizio’ per ridiscutere l’entità della pena. Le scelte sanzionatorie del giudice di merito sono insindacabili se adeguatamente motivate. Per l’imputato, ciò significa che le argomentazioni relative alla congruità della pena devono essere sviluppate e sostenute con forza nei primi due gradi di giudizio. Per la difesa, è essenziale concentrarsi su eventuali vizi di legittimità della sentenza (come la violazione di legge o il vizio di motivazione palese), piuttosto che sperare in una riconsiderazione del trattamento sanzionatorio da parte della Suprema Corte.

È possibile contestare in Cassazione l’entità dell’aumento di pena deciso dal giudice?
No, di norma non è possibile. La determinazione del trattamento sanzionatorio è riservata alla valutazione del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione a supporto sia manifestamente illogica, contraddittoria o assente.

Quali sono i limiti del ricorso per cassazione in materia di sanzioni penali?
Il ricorso per cassazione è vincolato a un numerus clausus, ovvero un elenco chiuso di motivi previsti dalla legge. Non può essere utilizzato per riesaminare il merito della decisione, inclusa la valutazione sulla congruità della pena, che rientra nella discrezionalità del giudice dei gradi precedenti.

Perché, nel caso specifico, la motivazione della Corte d’Appello è stata considerata adeguata?
La motivazione è stata ritenuta adeguata perché la Corte ha fatto esplicito richiamo ai criteri legali (artt. 132 e 133 cod. pen.) e ha fornito una giustificazione logica e coerente sia per la determinazione della pena base sia per il ‘blando’ aumento applicato per i reati in continuazione, rendendo trasparente l’iter logico-giuridico seguito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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