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Aumento di pena per recidivo e continuazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza per un errato calcolo dell’aumento di pena per recidivo in un caso di reato continuato. La Corte ha stabilito che, in presenza di recidiva reiterata, l’aumento non può essere inferiore a un terzo della pena base. Ha invece rigettato il ricorso sulla mancata applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione, ribadendo la sua natura discrezionale in assenza di una specifica e motivata pericolosità sociale.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento di pena per recidivo: la Cassazione fissa i paletti per il reato continuato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel calcolo della pena per i soggetti recidivi, in particolare quando si tratta di reati commessi in continuazione. La pronuncia chiarisce i limiti della discrezionalità del giudice, stabilendo che l’aumento di pena per recidivo non può scendere sotto una soglia minima prevista dalla legge. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un ricorso del Procuratore Generale contro una sentenza del Tribunale di Mantova. Tre individui erano stati condannati per furto aggravato e tentato furto in appartamento. Il Procuratore ha impugnato la decisione per due motivi principali:

1. Per uno degli imputati, già dichiarato recidivo in precedenti occasioni, il giudice aveva applicato un aumento per la continuazione tra i reati inferiore a un terzo della pena base, violando una specifica norma del codice penale.
2. Per tutti e tre gli imputati, non era stata applicata la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio nazionale, nonostante una condanna superiore ai due anni di reclusione.

L’Aumento di Pena per Recidivo e il Vincolo del Giudice

Il primo motivo di ricorso si è rivelato fondato. La Corte di Cassazione ha evidenziato come l’articolo 81, quarto comma, del codice penale sia inequivocabile. Quando un imputato è stato dichiarato recidivo reiterato, l’aumento di pena per la continuazione tra i reati non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Nel caso specifico, il giudice di merito aveva fissato un aumento di dieci mesi, mentre il calcolo corretto, rispettando il vincolo di legge, avrebbe dovuto portare a un aumento di almeno un anno e quattro mesi. La Cassazione ha quindi annullato la sentenza su questo punto, rinviando il caso al Tribunale per un nuovo e corretto calcolo della pena.

La Misura di Sicurezza dell’Espulsione: una Scelta Discrezionale

Il secondo motivo di ricorso è stato invece respinto. La Corte ha ribadito che l’espulsione di un cittadino straniero, prevista dall’articolo 235 del codice penale, è una misura di sicurezza personale facoltativa e non obbligatoria. La sua applicazione è rimessa alla discrezionalità del giudice, che deve valutare la concreta pericolosità sociale del condannato.

Un punto cruciale della decisione è che il giudice non è tenuto a motivare specificamente la mancata applicazione della misura, a meno che dalla stessa sentenza non emergano elementi concreti di una “pronunciata pericolosità sociale”. Un riferimento generico, come quello presente nella sentenza impugnata, non è sufficiente a far scattare tale obbligo di motivazione. La scelta del giudice di primo grado di non disporre l’espulsione è stata quindi considerata legittima.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha tracciato una netta distinzione tra i due motivi di ricorso. Sul primo punto, ha agito come custode della legalità, riaffermando che la norma sull’aumento di pena per recidivo in caso di continuazione non lascia margini di discrezionalità al di sotto del minimo legale. La violazione di questa regola matematica comporta l’annullamento della sentenza.

Sul secondo punto, ha invece protetto la discrezionalità del giudice di merito. La pericolosità sociale che giustifica una misura di sicurezza come l’espulsione deve essere accertata in concreto e non può essere presunta. In assenza di una valutazione esplicita e dettagliata nella sentenza di primo grado che evidenzi una pericolosità qualificata, la scelta di non applicare la misura non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che il trattamento sanzionatorio per i recidivi è soggetto a regole rigide che limitano il potere discrezionale del giudice, specialmente nel contesto del reato continuato. In secondo luogo, chiarisce che le misure di sicurezza personali, pur essendo strumenti importanti, non sono automatiche e la loro mancata applicazione non necessita di una giustificazione puntuale se la pericolosità del soggetto non è stata specificamente argomentata e provata nel merito.

Quando un giudice calcola la pena per più reati commessi in continuazione da un recidivo, ha discrezionalità sull’aumento minimo?
No. Secondo la sentenza, se l’imputato è stato ritenuto recidivo reiterato, il giudice è obbligato ad applicare un aumento di pena non inferiore a un terzo di quella stabilita per il reato più grave, come previsto dall’art. 81, quarto comma, cod. pen.

L’espulsione dal territorio dello Stato è una misura obbligatoria per uno straniero condannato a più di due anni?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che l’espulsione è una misura di sicurezza personale facoltativa. La sua applicazione è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, che deve accertare la concreta pericolosità sociale del condannato.

Per non applicare la misura di sicurezza dell’espulsione, il giudice deve sempre fornire una motivazione specifica?
No. Una motivazione specifica per la mancata applicazione è richiesta solo quando la sentenza stessa abbia esplicitato elementi concreti e rilevanti di una ‘pronunciata pericolosità sociale’. Un riferimento generico alla pericolosità non è sufficiente a creare tale obbligo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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