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Aumento di pena per continuazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per estorsione, utilizzo indebito di carta di pagamento e danneggiamento. L’imputato contestava l’eccessività dell’aumento di pena per continuazione. La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e generico, confermando che, in presenza di reati omogenei, la motivazione sull’aumento di pena può essere implicitamente assolta, senza necessità di calcoli matematici dettagliati per ogni reato satellite.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento di pena per continuazione: quando la motivazione può essere implicita?

La corretta quantificazione della pena è uno dei nodi cruciali del processo penale. Un aspetto particolarmente dibattuto riguarda l’aumento di pena per continuazione, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale. Questo istituto permette di applicare una pena base aumentata per i reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, invece di sommare le pene per ciascun illecito. Recentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18880/2025, è tornata sul tema, chiarendo i limiti dell’obbligo di motivazione del giudice in questi casi. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

Il caso: dalla condanna al ricorso in Cassazione

Il caso in esame riguarda un individuo condannato sia in primo grado che in appello per una serie di reati gravi, tra cui estorsione continuata, utilizzo indebito di carta di pagamento e danneggiamento aggravato. Questi reati erano stati commessi in un breve arco temporale, dal maggio all’agosto dello stesso anno.

La difesa dell’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, non contestando la responsabilità penale, ma focalizzandosi su un unico punto: l’eccessività dell’aumento di pena per continuazione. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente giustificato la misura dell’aumento sanzionatorio applicato per i reati ‘satellite’ rispetto a quello più grave.

La decisione della Cassazione sull’aumento di pena per continuazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e generico. La decisione si basa su due pilastri argomentativi principali: la sufficienza della motivazione implicita in determinati contesti e la genericità delle censure mosse dalla difesa.

La motivazione implicita sull’aumento di pena

I giudici di legittimità hanno innanzitutto sottolineato come i giudici di merito avessero, in realtà, risposto alle obiezioni della difesa, spiegando le ragioni del trattamento sanzionatorio complessivo. La Corte ha richiamato un importante principio stabilito dalle Sezioni Unite (sentenza ‘Pizzone’ n. 47127/2021): l’obbligo di motivare specificamente l’aumento per ogni singolo reato satellite può considerarsi implicitamente assolto in determinate circostanze. Questo avviene, in particolare, quando:

1. I reati sono omogenei (simili per natura e modalità).
2. È impossibile determinare la pena con criteri puramente matematici.
3. L’aumento applicato è minimo rispetto alla pena base.

Nel caso specifico, queste condizioni erano tutte presenti, rendendo la motivazione fornita dalla Corte d’Appello adeguata e non illogica.

La genericità del ricorso come motivo di inammissibilità

Oltre a ciò, la Cassazione ha qualificato il ricorso come ‘generico’. La difesa si era infatti limitata a richiamare principi di diritto astratti sulla determinazione della pena, senza però indicare alcun elemento concreto. Non sono stati forniti dettagli fattuali o aspetti legati alla personalità dell’imputato che potessero effettivamente sostenere la tesi dell’eccessività della sanzione. Un ricorso, per essere ammissibile, deve andare oltre la mera enunciazione di principi e calare la critica nella specificità del caso concreto.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di bilanciare il diritto dell’imputato a una decisione motivata con i principi di economia processuale e ragionevolezza. Richiedere una motivazione analitica e ‘matematica’ per ogni frazione di aumento di pena, specialmente in presenza di reati omogenei e aumenti contenuti, sarebbe un formalismo eccessivo. La Corte ribadisce che il controllo di legittimità sulla motivazione della pena non può trasformarsi in una nuova valutazione di merito, ma deve limitarsi a verificare la non illogicità del ragionamento del giudice. L’onere di specificità del ricorso è cruciale: spetta al ricorrente fornire alla Corte gli elementi concreti per valutare un’eventuale violazione di legge, non basta una critica astratta.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento offre importanti indicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che l’obbligo di motivazione sull’aumento di pena per continuazione è meno stringente in caso di reati della stessa indole. In secondo luogo, serve da monito per i difensori: un ricorso che contesta la misura della pena deve essere supportato da argomentazioni specifiche e fattuali, non da generici richiami a principi giuridici. In assenza di tali elementi, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

È sempre necessario che il giudice motivi in modo dettagliato l’aumento di pena per ogni singolo reato in continuazione?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di motivazione può ritenersi implicitamente assolto, specialmente in presenza di reati omogenei e quando l’aumento di pena praticato rispetto alla pena base è minimo.

Cosa rende un ricorso per cassazione ‘generico’ in materia di determinazione della pena?
Un ricorso è considerato generico quando la difesa si limita a richiamare principi di diritto astratti senza indicare elementi di fatto concreti o inerenti alla personalità dell’imputato che possano dimostrare l’effettiva eccessività della sanzione applicata.

Qual è la conseguenza di un ricorso giudicato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza impugnata diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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