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Aumento di pena: obbligo di motivazione per la Corte

La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato una sentenza di condanna per detenzione di stupefacenti. Sebbene abbia confermato il riconoscimento della recidiva, ha censurato la Corte d’Appello per non aver motivato l’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione sul quantum della pena, sottolineando l’inderogabile obbligo del giudice di esplicitare le ragioni di ogni sua decisione sanzionatoria.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento di Pena: la Cassazione ribadisce l’Obbligo di Motivazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 663 del 2024, offre un importante chiarimento sui doveri del giudice nel determinare la sanzione penale, in particolare riguardo all’aumento di pena in caso di reato continuato. La Corte ha stabilito che ogni decisione che incide sulla libertà personale dell’imputato deve essere supportata da una motivazione chiara e specifica, non potendosi risolvere in mere clausole di stile. Approfondiamo i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per detenzione illecita di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) in due diverse occasioni ravvicinate nel tempo. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, applicando una pena complessiva che teneva conto sia della recidiva infraquinquennale sia della continuazione tra i due episodi di spaccio. L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali della sentenza d’appello:

1. L’erronea applicazione della recidiva, ritenuta automatica e non basata su un effettivo giudizio di maggiore pericolosità sociale.
2. La totale assenza di motivazione riguardo alla misura dell’aumento di pena applicato per il secondo reato, commesso in continuazione con il primo.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato distintamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni opposte.

La Questione della Recidiva

Sul primo punto, i giudici hanno ritenuto il motivo infondato. La Corte ha chiarito che i giudici di merito avevano correttamente desunto la maggiore capacità a delinquere dell’imputato non solo dai suoi precedenti penali (furto e ricettazione), ma anche dal fatto che il secondo episodio criminoso era stato commesso mentre era già sottoposto a una misura cautelare. Inoltre, la Cassazione ha ribadito un principio importante: non esiste alcuna incompatibilità tra il riconoscimento della recidiva e la concessione della sospensione condizionale della pena. La prima valuta la pericolosità manifestata con il reato, la seconda formula un giudizio prognostico favorevole sul comportamento futuro.

L’Obbligo di Motivazione sull’Aumento di Pena

Il secondo motivo di ricorso è stato invece accolto. La difesa aveva specificamente contestato in appello l’entità dell’aumento di pena per la continuazione, ritenendolo eccessivo. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva completamente ignorato questa doglianza, omettendo di fornire qualsiasi spiegazione sulle ragioni che avevano portato a quantificare in quel modo l’aumento. Il giudice di primo grado si era limitato a una generica valutazione di ‘congruità’, senza specificare i criteri seguiti. Questo comportamento, secondo la Cassazione, viola l’obbligo di motivazione sancito dal codice di procedura penale, come peraltro ribadito da una nota sentenza delle Sezioni Unite (Pizzone, n. 47127/2021).

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza impugnata è stata annullata limitatamente al punto relativo alla quantificazione dell’aumento di pena. La Corte di Cassazione ha affermato che il giudice, specialmente di fronte a una specifica contestazione della difesa, ha il dovere di esplicitare il percorso logico-giuridico seguito per determinare la sanzione. Non è sufficiente affermare che la pena è ‘congrua’. Bisogna spiegare perché è congrua, tenendo conto dei criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, come la gravità del fatto e la personalità del reo. L’omissione di tale spiegazione costituisce un vizio di motivazione che rende illegittima la sentenza su quel punto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Palermo. Il nuovo giudice dovrà ricalcolare la pena, fornendo questa volta una motivazione adeguata e specifica sull’aumento di pena da applicare per il reato in continuazione. Questa decisione rafforza il principio di legalità e il diritto di difesa, garantendo che ogni aspetto della condanna sia il risultato di un ragionamento trasparente e controllabile, e non di una valutazione arbitraria.

È possibile concedere la sospensione condizionale della pena e allo stesso tempo contestare la recidiva?
Sì, secondo la Corte di Cassazione non sussiste incompatibilità. Il riconoscimento della recidiva si basa sulla capacità a delinquere dimostrata con il reato già commesso, mentre la sospensione condizionale si fonda su un giudizio prognostico favorevole riguardo al futuro comportamento dell’imputato.

Per quale motivo la sentenza è stata parzialmente annullata?
La sentenza è stata annullata limitatamente alla statuizione relativa alla misura dell’aumento della pena a titolo di continuazione, poiché la Corte d’Appello ha omesso di fornire qualsiasi motivazione per giustificare l’entità dell’aumento applicato, nonostante una specifica censura da parte della difesa.

Cosa succede quando un giudice non motiva un aumento di pena?
La mancata motivazione sull’aumento di pena costituisce un vizio della sentenza. Ciò comporta l’annullamento della decisione su quel punto specifico, con rinvio a un altro giudice che dovrà procedere a una nuova valutazione, questa volta fornendo una spiegazione adeguata delle ragioni della sua decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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