LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Aumento di pena: motivazione obbligatoria in esecuzione

Un soggetto ha impugnato un’ordinanza che, applicando il reato continuato, aveva determinato un aumento di pena. La Corte di Cassazione ha respinto il motivo relativo a una presunta violazione del divieto di ‘reformatio in peius’, ma ha accolto quello sulla carenza di motivazione. È stato stabilito che il giudice dell’esecuzione deve sempre giustificare l’entità dell’aumento di pena basandosi sui criteri legali, annullando la decisione e rinviando per un nuovo giudizio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento di pena: la Cassazione ribadisce l’obbligo di motivazione in fase esecutiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 33636/2024) ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto dell’esecuzione penale: ogni aumento di pena applicato dal giudice in sede di riconoscimento del reato continuato deve essere adeguatamente motivato. La decisione, pur respingendo la tesi di una violazione del divieto di peggioramento della pena, ha annullato l’ordinanza impugnata proprio per carenza di motivazione, sottolineando che il potere discrezionale del giudice non è mai arbitrario.

I fatti del processo

Il caso riguarda un’ordinanza della Corte d’Appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione. Questa aveva riunito sotto il vincolo della continuazione due sentenze definitive a carico di un individuo per reati legati agli stupefacenti.

1. La prima sentenza, emessa con rito di patteggiamento, prevedeva una pena di quattro anni e otto mesi di reclusione e 18.000 euro di multa per il reato più grave.
2. La seconda sentenza, frutto di un giudizio abbreviato, aveva inflitto una pena di due anni e quattro mesi di reclusione e 5.000 euro di multa per un reato satellite.

Il giudice dell’esecuzione aveva identificato il reato della prima sentenza come il più grave e, partendo da quella pena base, aveva applicato un aumento di un anno e quattro mesi di reclusione e 3.000 euro di multa per il secondo reato, giungendo a una pena complessiva di sei anni di reclusione e 21.000 euro di multa.

I motivi del ricorso in Cassazione

Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

* Erronea applicazione della legge penale: Si sosteneva che l’aumento di pena di un anno e quattro mesi fosse sproporzionato rispetto a un aumento di soli sei mesi applicato per altri reati in continuazione all’interno della prima sentenza. Questo, secondo la difesa, configurava una modifica peggiorativa del trattamento sanzionatorio.
* Carenza di motivazione: L’ordinanza impugnata non forniva alcuna spiegazione sulle ragioni che avevano portato a quantificare l’aumento di pena in quella specifica misura, omettendo qualsiasi riferimento ai criteri di valutazione stabiliti dall’art. 133 del codice penale (gravità del fatto e capacità a delinquere del reo).

Le motivazioni della Cassazione sull’aumento di pena

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi, giungendo a conclusioni opposte.

Sul primo punto, i giudici hanno dichiarato il motivo infondato. Hanno chiarito che il divieto di reformatio in peius in fase esecutiva, come sancito dalle Sezioni Unite, impedisce al giudice di applicare per un reato-satellite un aumento superiore alla pena originariamente inflitta per quello specifico reato. Il confronto fatto dalla difesa con aumenti relativi ad altri fatti, giudicati all’interno della prima sentenza, è stato ritenuto errato e non pertinente. La Corte ha inoltre verificato che la pena complessiva ricalcolata (6 anni) era inferiore alla somma aritmetica delle pene delle due sentenze (7 anni), rispettando così il limite legale previsto dall’art. 671 del codice di procedura penale.

Il secondo motivo è stato, invece, accolto. La Cassazione ha ribadito che il giudice dell’esecuzione, pur avendo un potere discrezionale, deve rendere conto del suo operato attraverso la motivazione. Quando si determina un aumento di pena, specialmente se di entità rilevante e prossimo alla pena originariamente irrogata per il reato satellite, è necessario spiegare le ragioni della scelta. Il semplice rispetto dei limiti edittali non è sufficiente. Il giudice deve calcolare e motivare l’aumento per ciascun reato satellite, facendo riferimento agli elementi oggettivi e soggettivi del fatto, come imposto dall’art. 133 c.p. Questo permette un controllo effettivo sul percorso logico-giuridico seguito. Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata era completamente silente su questo punto.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso e, nel determinare l’aumento di pena, dovrà attenersi al principio di diritto enunciato: fornire una motivazione specifica, concreta e ancorata ai criteri di legge. Questa sentenza rafforza le garanzie difensive nella fase esecutiva, ricordando che ogni decisione che incide sulla libertà personale deve essere trasparente e controllabile.

Quando il giudice dell’esecuzione applica un aumento di pena per reato continuato, può superare la pena originariamente fissata per quel reato?
No, secondo un principio consolidato, il giudice dell’esecuzione non può quantificare l’aumento di pena per un reato-satellite in misura superiore a quella fissata per lo stesso reato nella sentenza di condanna irrevocabile.

È sufficiente che il giudice dell’esecuzione rispetti i limiti massimi di pena previsti dalla legge nel determinare l’aumento?
No, non è sufficiente. La Cassazione ha stabilito che, oltre al rispetto dei limiti legali, il giudice deve fornire una motivazione specifica sull’entità dell’aumento, facendo riferimento ai criteri dell’art. 133 del codice penale (come la gravità del reato), specialmente quando l’aumento è significativo.

Cosa succede se il provvedimento del giudice dell’esecuzione manca di motivazione sull’aumento di pena?
Come avvenuto nel caso di specie, la decisione deve essere annullata. Il procedimento viene rinviato a un nuovo giudice che dovrà emettere un nuovo provvedimento, questa volta fornendo un’adeguata motivazione sulle ragioni che giustificano l’entità dell’aumento di pena applicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati