Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33636 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33636 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Catania del 17.1.2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 17.1.2024, la Corte d’Appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, applicava la disciplina della continuazione tra i reati giudicati con due sentenze irrevocabili emesse nei confronti di COGNOME NOME: la prima del g.u.p. del Tribunale di Catania di applicazione ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. della pena di quattro anni e otto mesi di reclusione e 18.000 euro di multa per più delitti di cui all’art. 73 commi 1 e 4 DPR n. 309 del
1990, già posti in continuazione in fase di cognizione, e la seconda della Corte d’Appello di Catania di condanna alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione e 5.000 euro di multa, all’esito di un giudizio abbreviato, per il reato di cui all’art. 73 comma 4 dpr n. 309 del 1990.
In particolare, il provvedimento individuava come più grave il reato giudicato con la prima sentenza e aumentava la pena per il reato giudicato con la seconda sentenza di un anno e quattro mesi di reclusione e 3.000 euro di multa (aumento risultante dalla riduzione di un terzo per il rito abbreviato), rideterminando la pena complessiva in sei anni di reclusione e 21.000 euro di multa.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., la erronea applicazione della legge penale in relazione all’aumento operato dal giudice dell’esecuzione per la continuazione.
Il difensore censura l’aumento di pena applicato dopo il riconoscimento della continuazione, perché ha determinato una modifica in peius del trattamento sanzionatorio applicato nella fase di cognizione. Infatti, nella prima sentenza di patteggiamento avente ad oggetto il reato giudicato più grave, sulla cui pena è stato poi applicato l’aumento in sede di esecuzione, il g.u.p. del tribunale di Catania aveva operato un aumento di sei mesi di reclusione per altri due episodi di detenzione di sostanza stupefacente in continuazione. Di contro, il giudice dell’esecuzione ha stabilito per il reato giudicato con la seconda sentenza in giudizio abbreviato un aumento di un anno e quattro mesi di reclusione per la continuazione, pari a più del doppio dell’aumento applicato nella cognizione per gli altri episodi in continuazione. Di conseguenza – si sostiene – l’aumento per la continuazione operato dal giudice dell’esecuzione per il reato oggetto della seconda sentenza è «superiore all’aumento originariamente applicato per quel reato dal Giudice della cognizione».
2.2 Con il secondo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. e) c.p.p., la carenza di motivazione in punto di applicazione dell’aumento di pena ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
Si censura, cioè, che il giudice dell’esecuzione non abbia in alcun modo motivato sulla misura dell’aumento di pena per la continuazione, senza operare alcun richiamo ai criteri dell’art. 133 cod. pen.
Con requisitoria scritta del 2.4.2024, il AVV_NOTAIO Procuratore generale ha chiesto che il ricorso venisse dichiarato inammissibile, in quanto il giudice dell’esecuzione aveva fatto corretta applicazione dell’aumento di pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Invero, l’unico limite normativamente previsto in sede di applicazione della disciplina del reato nella fase dell’esecuzione è quello stabilito dall’art. 671 comma 2, cod. proc. pen., secondo cui il giudice dell’esecuzione determina la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o decreto.
Questo limite, nel caso di specie, non è stato violato, in quanto il risultato finale dell’operazione cui ha proceduto il giudice dell’esecuzione si è mantenuto nei limiti fissati dall’art. 671 comma 2 cod. proc. pen., sol che si consideri che l somma della pena inflitta nella fase della cognizione con le due sentenze prese in considerazione era di sette anni di reclusione e 23.000 euro di multa, mentre invece la pena complessiva risultante dall’applicazione della continuazione in sede di esecuzione è ora di sei anni di reclusione e 21.000 euro di multa.
Né si può ritenere – come sembra affermare il ricorrente – che nel caso di specie sia rimasto inosservato il principio di diritto già affermato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 6296 del 10/2/2017, Nocerino, P.v. 268735 – 01), secondo cui il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio per effetto dell’applicazione della disciplina del reato continuato, non può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna.
La Corte d’Appello di Catania, una volta individuato il reato più grave secondo il disposto dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., ha quantificato l’aumento di pena relativo al reato satellite oggetto della seconda sentenza irrevocabile in misura inferiore, e comunque non superiore, a quella originariamente indicata dal giudice della cognizione.
Il ricorso individua la violazione del divieto di modifica in pejus del trattamento sanzionatorio nella circostanza che per i reati unificati sotto il vincolo della continuazione c.d. interna nella prima sentenza del g.u.p. del Tribunale di Catania fosse stato individuato in sede di cognizione un aumento di pena inferiore a quello determinato ora dal giudice dell’esecuzione.
Ma si tratta, con tutta evidenza, di reati (e, dunque, di fatti) diversi rispet a quello per cui il giudice dell’esecuzione ha determinato l’aumento di pena ex
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art. 671 cod. proc. pen., sicché non si è verificata alcuna violazione del limite di non applicare in sede esecutiva per il reato-satellite un aumento di pena superiore a quello fissato in sede di cognizione.
2. Il secondo motivo di ricorso, invece, è fondato.
Il giudice dell’esecuzione ha applicato per il reato giudicato con la seconda sentenza della Corte d’Appello di Catania del 14.7.2022 un aumento di pena di due anni di reclusione e 4.500 euro di multa, ridotti per il rito abbreviato a un anno e quattro mesi di reclusione e 3.000 euro di multa; e ciò a fronte di una pena di due anni e quattro mesi di reclusione e 5.000 euro di multa, come risultante dalla diminuzione prevista per il rito alternativo, che era stata irrogat a COGNOME per questo reato in sede di cognizione.
Tuttavia, il provvedimento non contiene alcuna specifica motivazione circa le ragioni dell’entità di tale aumento.
Invece, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite e il grado di impegno motivazionale che gli è richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi (Sez. U, n 47127 del 24.6.2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01), in particolare quando ritenga di applicare un aumento di pena prossimo alla pena irrogata dal giudice della cognizione (Sez. 5, n. 11336 del 17/1/2020, COGNOME, Rv. 278792 – 01).
Infatti, il giudice dell’esecuzione, in quanto titolare di un potere discrezional esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen., è tenuto, per il tramite della motivazione, a rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base (Sez. 1 n. 800 del 7/10/2020, dep. 2021, Bruzzaniti, Rv. 280216 – 01; sez. 1, n. 17209 del 25/5/2020, Trisciuoglio, Rv. 279316 – 01).
Nel caso di specie, benché la pena determinata dal giudice dell’esecuzione per il reato-satellite (art. 73, comma 4, DPR n. 309 del 1990) abbia ampiamente superato il minimo edittale e si sia assestata intorno alla media edittale, ma soprattutto sia stata quantificata in misura prossima alla pena che era stata irrogata in sede di cognizione, l’ordinanza della Corte d’Appello di Catania non indica in alcun modo le specifiche ragioni dell’aumento in ordine ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
La decisione, pertanto, deve essere annullata limitatamente a questo profilo, in quanto non risulta dal testo quale valutazione il giudice dell’esecuzione abbia operato degli elementi oggettivi e soggettivi del reato.
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Alla luce di quanto sopra considerato, pertanto, l’ordinanza impugna deve essere annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Catania in dive composizione, perché proceda ad un nuovo giudizio nel quale attenersi ai princi di diritto sopra enunciati con riferimento alla motivazione dell’aumento di per la continuazione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Cort d’Appello di Catania in diversa composizione.
Così deciso il 14.5.2024