Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26173 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26173 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Linnbadi il DATA_NASCITA; avverso l’ordinanza del 27 marzo 2023 della Corte d’appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza depositata il 27 dicembre 2019, la Corte d’appello di Catanzaro, riconosciuta la continuazione fra i reati giudicati dalle sentenze, pronunciate il 24 giugno 2008 e il 28 febbraio 2018 dalla stessa Corte territoriale, rideterminava la pena complessiva in anni 18 e mesi 8 di reclusione ed euro 3.750 di multa.
Proposto ricorso per cassazione, questa Corte annullava la predetta ordinanza, limitatamente alla commisurazione dell’aumento di pena relativo al reato (di partecipazione al sodalizio mafioso fino al 3 maggio 2018) giudicato dalla sentenza del 28 febbraio 2018, rilevando che tale aumento era stato determinato in assenza della necessaria motivazione e senza considerare per la stessa fattispecie (seppur riferita ad un diverso dato temporale), era stato indicato un aumento minore.
Celebrato il giudizio di rinvio, la Corte d’appello di Catanzaro confermava l’originaria determinazione evidenziando, da un canto, la particolare gravità del fatto contestato e, dall’altro, la differente articolazione soggettiva e temporale della diversa associazione (per la quale era stata irrogata una pena inferiore).
Propone ricorso per cassazione il condannato, articolando un unico motivo di censura, a mezzo del quale deduce violazione dell’art. 627 cod. proc. pen. e vizio di motivazione. La Corte territoriale, secondo la prospettazione difensiva, avrebbe errato nel ritenere maggiore l’arco temporale dell’associazione denominata “RAGIONE_SOCIALE” e non avrebbe considerato il ruolo (di mero partecipe) ricoperto dal ricorrente in tale ultimo sodalizio.
5. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che il punto controverso attiene alla sola determinazione dell’aumento di pena irrogato (a titolo di continuazione) in relazione al reato (di partecipazione al sodalizio di stampo mafioso sino al maggio 2013) giudicato con sentenza pronunciata il 28 febbraio 2018, ritenuto da questa Corte (con la sentenza n 27722 del 2023), quantificato in anni due di reclusione ed euro duecento di multa, senza una specifica motivazione.
Ebbene, celebrato il giudizio di rinvio, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato l’originario aumento di pena irrogato a titolo di aumento in continuazione (ritenendolo, anzi, sottodinnensionata rispetto alla concreta gravità dei fatti), offrendo, però, in ossequio al dictum di questa Corte, una motivazione logica e coerente con i dati processuali richiamati.
Ha dato atto della congruità della pena non solo, per come si è detto, in relazione alla concreta gravità del fatto, ma anche alla pena determinata per l’altra associazione (giudicata con sentenza del 2008) evidenziando la più ampia articolazione soggettiva e il maggior arco temporale durante la quale la condotta si era dipanata – spaziando dalla metà degli anni ’90 fino all’anno 2013 (laddove l’altra risultava limitata ad un arco temporale di soli due anni).
La motivazione è logica e coerente con i dati processuali richiamati e, in quanto tale, insindacabile in questa sede.
Com’è noto, infatti, il sindacato del giudice di legittimità sul discors giustificativo del provvedimento impugnato, anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen., dettata dalla L. 20 febbraio 2006 n. 46, ha una conformazione radicalmente diversa rispetto a quella propria del giudizio di merito, in quanto deve mirare a verificare che la relativa motivazione sia: a) “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non “manifestamente illogica”, ovvero sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) internamente non “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) logicamente non “incompatibile” con altri atti del processo, dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o inficiare radicalmente sotto il profilo logico l motivazione (Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708).
Il controllo riservato a questa Corte, in altri termini, concerne il rapporto tr motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione, ma nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione (Sez. 5, n. 11049 del 13/11/2017, COGNOME).
6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 maggio 2024
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Presidente COGNOME