Aumento di pena e discrezionalità del giudice: l’analisi della Cassazione
La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a bilanciare la gravità del reato con la necessità di rieducazione del condannato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i limiti del sindacato di legittimità sulla decisione del giudice di merito riguardo l’aumento di pena, specialmente nel caso di reato continuato. L’intervento della Suprema Corte chiarisce come la discrezionalità del giudice sia ampia, ma non assoluta, e debba sempre essere supportata da una motivazione adeguata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per il delitto di indebito utilizzo continuato di una carta bancomat. La Corte di Appello aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Quest’ultimo, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: il difetto di motivazione in relazione all’aumento di pena inflitto a titolo di continuazione. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero spiegato a sufficienza le ragioni che li avevano portati a quantificare in quel modo specifico l’incremento sanzionatorio.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’aumento di pena
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, che riconosce al giudice di merito un’ampia discrezionalità nella graduazione della pena.
Il Principio della Discrezionalità Giudiziale
I giudici supremi hanno ribadito che la determinazione della sanzione, inclusi gli aumenti per la continuazione, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato nel rispetto dei principi guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Questi articoli impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole, valutando una serie di indici specifici.
L’Onere di Motivazione e la sua Sufficienza
La Corte ha sottolineato che, sebbene il giudice debba motivare la sua scelta, l’onere argomentativo può considerarsi assolto anche attraverso un riferimento sintetico agli elementi ritenuti decisivi. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva fatto un congruo riferimento a elementi specifici contenuti nella sentenza impugnata (in particolare a pagina 2), ritenuti sufficienti a giustificare l’entità dell’aumento di pena applicato. Pertanto, la motivazione, seppur concisa, è stata giudicata adeguata e non censurabile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la valutazione sulla misura della pena è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. Il controllo della Corte di Cassazione non può estendersi a una nuova valutazione degli elementi considerati, ma si limita a verificare l’esistenza e la logicità della motivazione. Poiché nel caso in esame la motivazione, pur sintetica, era presente e ancorata a elementi concreti del processo, la Corte ha concluso per la manifesta infondatezza del ricorso, dichiarandolo inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia conferma che contestare l’entità di un aumento di pena in Cassazione è un’operazione complessa. Non è sufficiente lamentare una generica inadeguatezza della sanzione; è necessario dimostrare un vizio logico manifesto o una totale assenza di motivazione da parte del giudice di merito. La decisione rafforza l’autonomia dei giudici di primo e secondo grado nella fase sanzionatoria, purché le loro decisioni siano ancorate ai criteri legali e supportate da un percorso argomentativo, anche se succinto, che ne renda comprensibile la ratio.
 
È possibile contestare in Cassazione l’aumento di pena deciso dal giudice di merito?
Sì, ma solo se la motivazione è del tutto assente o manifestamente illogica. Se il giudice ha fornito una giustificazione, anche sintetica, basata sui principi di legge, il ricorso viene considerato infondato, in quanto la graduazione della pena rientra nella sua discrezionalità.
Quali sono i criteri che il giudice deve seguire per decidere la misura della pena?
Il giudice deve esercitare la sua discrezionalità in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte nel caso specifico.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4421 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4421  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOLOGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che, per quanto in questa sede rileva, confermava la responsabilità del prevenuto per il delit di indebito utilizzo continuato di una carta bancomat;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce il difetto di motivazion relazione all’aumento di pena a titolo di continuazione, è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Corte, la graduazione della pena anche in relazione agli aumenti per continuazione, rientra nella discrezionalità del giudice merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argonnentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si ve particolare, pag. 2 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 9 gennaio 2024
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La Consigliera estensore
Il Presidente