Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22964 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22964 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 09/12/2020 della Corte di Appello di Catania; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO NOME, che ha chiesto annullarsi con rinvio l’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME formulava al giudice dell’esecuzione istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. peri., chiedendo riconoscersi il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le seguenti sentenze:
sentenza della Corte di Appello di Catania del 27/06/2017, irrevocabile dal 14/06/2018, di condanna alla pena di anni 5 e mesi 8 di reclusione ed € 4.000 di multa per il reato di cui agli articoli 81, 110 e 629 cpv. cod. pen., commesso in Belpasso tra l’ottobre e il dicembre 2014;
sentenza della Corte di Appello di Catania del 17/12/2018, irrevocabile dal 04/05/2020, di condanna alla pena di anni 7 di reclusione per il reato di cui all’articolo 416 bis cod. pen., commesso in Catania tra gli anni 2012 e 2015.
La Corte di appello di Catania, con ordinanza del 09/12/2020, accoglieva l’istanza, rideterminando la pena in quella di anni 7 e mesi 8 di reclusione, così calcolata: pena base, in relazione al reato oggetto della sentenza di condanna sub 2), anni 7 di reclusione, aumentata di mesi 12 di reclusione, ridotti per il rito a mesi 8 di reclusione, in relazione al reato oggetto della sentenza di condanna sub 1).
Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Catania – al quale l’ordinanza veniva comunicata I’ll agosto 2022 – ha presentato in data 13 agosto 2022 ricorso per cassazione, articolando un unico motivo con il quale deduce «violazione della norma di cui all’art. 81 comma 4 0 c.p., richiamat a dall’art. 671 comma 2-bis c.p.p., poiché non è stato effettuato nella misura minima ivi prevista l’aumento di pena per il reato satellite».
Evidenzia che il reato di estorsione oggetto della sentenza sub 1) era aggravato dalla recidiva reiterata specifica, sicché, a norma dell’art. 81, comma quarto, cod. pen., l’aumento non poteva essere inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave, nel caso di specie pari ad anni 2 e mesi 4 di reclusione.
Il Procuratore Generale in sede ha chiesto annullarsi con rinvio l’ordinanza, poiché l’aumento di pena è stato disposto in misura inferiore al minimo legale.
Il difensore del COGNOME ha depositato in data 11 marzo 2024 memorie, chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile, rappresentando che la Procura Generale di Catania ha emesso nei confronti del COGNOME in data 24 febbraio 2021 provvedimento con il quale – a seguito del provvedimento qui impugnato rideterminava la pena residua da espiare in anni 7 e mesi 8 di reclusione: dal che si ricava che quell’ufficio ha certamente avuto notizia del provvedimento impugnato ben prima dell’Il agosto 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Occorre preliminarmente rilevare che dalla documentazione in atti si evince che il provvedimento impugnato è stato sottoposto per il visto alla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Catania in data 11
agosto 2022: non si dispone, dunque, di elementi che consentano di dichiarare il ricorso inammissibile per tardività, così come invocato dal difensore del COGNOME.
Quanto al merito delle doglianze del ricorrente, si rileva che, in tema di quantificazione della pena a seguito di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, il giudice – in quanto titolare di un potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen. – è tenuto a motivare non solo in ordine all’individuazione della pena-base, ma anche in ordine all’entità dei singoli aumenti per i reati-satellite ex art. 81, comma secondo, cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base (Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, Trisciuoglio, Rv. 219316).
In argomento si è recentemente pronunciato il massimo consesso nomofilattico (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269), precisando che il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, dandone conto nella motivazione, e chiarendo che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, oltre che limiti previsti dall’art. 81 cod. pen., e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
Infine, COGNOME nell’esercizio COGNOME del COGNOME proprio COGNOME potere COGNOME discrezionale, COGNOME il COGNOME giudice dell’esecuzione deve rispettare i limiti di cui all’art. 81 cod. pen., che, al quart comma, prevede – in caso più reati, in concorso formale o in continuazione con quello più grave, commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma quarto, cod. pen. – l’aumento minimo della quantità di pena per i reati satellite di un terzo della pena stabilita per il rea più grave.
La formulazione letterale della norma (« .. se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave») ha indotto questa Corte a darle applicazione nel senso che «Il limite di aumento minimo per la continuazione, pari ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave, previsto dall’art. 81, comma quarto, cod. pen., si applica nei soli casi in cui l’imputato sia stato ritenuto recidiv
reiterato con una sentenza definitiva emessa precedentemente al momento della commissione dei reati per i quali si procede» (Sez. 4, n. 22545 del 13/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276268; in termini Sez. 1, n. 31735 del 01/07/2010, NOME, Rv. 248095: «L’aumento minimo di un terzo della pena stabilita per il reato più grave, previsto dall’art. 81, comma quarto, cod. pen., si applica solo quando l’imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una precedente sentenza definitiva, e non anche quando egli sia ritenuto recidivo reiterato in rapporto agli stessi reati uniti dal vincolo della continuazione, del cui trattamento sanzionatorio si discute»).
Nelle due pronunce appena citate, la Corte ha evidenziato che l’interpretazione letterale dell’art. 81, comma quarto, cod. pen., e la consecutio temporum delle voci verbali ivi impiegate («reati .. commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99 cod. pen., comma 4») induce a ritenere che la norma possa trovare applicazione solo quando l’imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una precedente sentenza definitiva: ed invero, come si è osservato nelle motivazioni della sentenza n. 22545/2019, «il nuovo severo assetto sanzionatorio esige rigore interpretativo da parte del giudice, per non allontanarsi dai precetti costituzionali, ragion per cui detto modus opinandi è avvalorato dall’interpretazione logico-sistematica della nuova disciplina introdotta dalla L. n. 251 del 2005, che ha modificato gli artt. 99, 81 e 69 cod. pen., poiché ove si dovesse accedere all’interpretazione prospettata nell’impugnata sentenza, la recidiva ex art. 99 cod. pen., comma 4 verrebbe ad operare due volte, sia pure sotto profili diversi, sia ai fini della limitazione d giudizio di bilanciamento a mente dell’art. 69 cod. pen., comma 4, sia ai fini dell’aumento di pena per la continuazione a norma dell’art. 81 cod. pen., comma 4. Tale soluzione sarebbe lesiva dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3) e si porrebbe in contrasto con l’art. 25 Cost., comma 2, che sancisce un legame indissolubile tra la sanzione penale e la commissione di un “fatto” e con l’art. 27 Cost., commi 1 e 3, che esige l’individualizzazione della pena e dunque una risposta punitiva adeguata alle caratteristiche del singolo caso, affinché la pena assolva ad una funzione rieducativa (Corte Cost. ordd. 193/2008 e 171/2009)». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, non risulta, né è stato allegato dal ricorrente, che al COGNOME sia stata contestata la recidiva qualificata con una sentenza passata in giudicato antecedentemente alla commissione dei reati che il giudice dell’esecuzione ha unificato ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., sicché non può trovare applicazione la regola in tema di misura minima dell’aumento della pena stabilita dall’art. 81, comma quarto, cod. pen.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, senza la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, trattandosi di parte pubblica (cfr. art. 616, comma 1, cod. proc. pen., nonché i principi che possono desumersi dalle motivazioni di Sez. U, n. 3775 del 21/12/2017, Min. Giustizia in proc. Tuttolomondo, Rv. 271650).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso il 30/04/2024