Aumento di Pena: Quando una Motivazione Breve è Sufficiente per la Cassazione
Nel complesso mondo del diritto penale, la determinazione della pena è una fase cruciale che richiede un attento bilanciamento da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti di motivazione necessari per giustificare un aumento di pena nel contesto del reato continuato, stabilendo che non sempre è necessaria una spiegazione prolissa per rendere una decisione legittima.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo per reati gravi, tra cui la bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. La Corte d’Appello, intervenendo sulla decisione di primo grado, aveva parzialmente riformato la sentenza. Pur confermando la responsabilità penale, aveva ridotto sensibilmente la pena complessiva.
Questo risultato era stato ottenuto applicando l’istituto della continuazione (art. 81, comma 2, c.p.), che consente di unificare sotto un unico ‘disegno criminoso’ più reati, anche se giudicati in momenti diversi. La pena finale era stata quindi calcolata partendo da quella per il reato più grave e applicando un aumento di pena per i reati ‘satellite’, in questo caso quelli oggetto del nuovo processo. L’imputato, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente motivato l’entità di tale aumento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, il motivo di ricorso era manifestamente infondato. La decisione si allinea ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite, sottolineando che la motivazione fornita dai giudici di secondo grado, sebbene concisa, era pienamente sufficiente.
Le Motivazioni: la Logica dietro l’Aumento di Pena
Il punto centrale della decisione risiede nella valutazione della sufficienza della motivazione. La Corte di Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva, di fatto, fornito una motivazione ‘stringata ma puntuale’. Nel provvedimento impugnato, i giudici avevano esplicitamente richiamato i criteri generali di cui all’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo) per confermare la congruità della pena base e del successivo aumento.
Inoltre, la Cassazione ha sottolineato come la decisione di appello avesse reso evidente il ‘notevole beneficio’ già concesso all’imputato. L’applicazione della continuazione aveva portato a una riduzione significativa della pena complessiva, fissando l’aumento per i nuovi reati a un terzo di quanto sarebbe stato ritenuto equo in assenza di tale istituto. Questa considerazione, secondo la Corte, dimostra che la quantificazione dell’aumento di pena non è stata arbitraria, ma frutto di un ragionamento logico e conforme alla legge. In sostanza, una motivazione breve non è sinonimo di una motivazione assente, specialmente quando il contesto generale della decisione ne chiarisce la ratio.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza offre un’importante lezione pratica: non è la lunghezza della motivazione a determinarne la validità, ma la sua capacità di rendere comprensibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice. Per i difensori, ciò significa che contestare un aumento di pena basandosi unicamente sulla brevità della motivazione è una strategia rischiosa se non si è in grado di dimostrare una palese illogicità o violazione di legge. Per i giudici, conferma la possibilità di redigere sentenze concise, purché ancorate a precisi riferimenti normativi e a una valutazione coerente degli elementi del caso. La giustizia penale, in questo modo, bilancia l’esigenza di celerità con il dovere fondamentale di motivare ogni decisione che incide sulla libertà personale.
È sempre necessario che un giudice motivi in modo esteso l’aumento di pena nel reato continuato?
No, secondo questa ordinanza, una motivazione definita ‘stringata ma puntuale’ può essere considerata sufficiente se richiama i criteri di legge, come quelli dell’art. 133 del codice penale, e rende evidente la logica della decisione giudiziale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il suo unico motivo, relativo alla presunta assenza di motivazione, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e conforme ai principi giurisprudenziali.
Quale beneficio aveva già ricevuto l’imputato nel giudizio d’appello?
L’imputato aveva già ricevuto un ‘notevole beneficio’ consistente nella riunione dei reati sotto il vincolo della continuazione. Questo ha comportato l’applicazione di un aumento di pena per i nuovi reati, risultando in una sanzione complessiva inferiore a quella che sarebbe derivata dalla somma aritmetica delle pene per ciascun reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47221 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47221 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ACQUAVIVA DELLE FONTI il 12/08/1965
avverso la sentenza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bari che ne ha confermato la condanna per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale; mentre ha ridotto sensibilmente la pena a quella di anni uno di reclusione quale aumento ex art. 81 comma secondo cod. pen.), ponendo le condotte in continuazione con altre già giudicate e ritenute più gravi;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che deduce l’assenza di motivazione sulla entità della pena applicata a titolo di aumento ex art. 81 comma secondo cod. pen. in violazione dei principi sanciti dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 47127 del 2021, è manifestamente infondato, posto che una motivazione, stringata ma puntuale, è stata fornita lì dove, richiamando i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., la Corte di appello conferma la congruità della pena inflitta dal giudice di primo grado (pag. 3), così rendendo evidente il notevole beneficio riconosciuto all’imputato, in secondo grado, grazie alla riunione dei reati sotto il vincolo della continuazione con conseguente applicazione di una riduzione della pena complessiva che, per i reati oggetto del presente processo, è stata determinata in misura pari a un terzo rispetto a quella ritenuta equa;
Vista la memoria depositata dal difensore della parte civile ricorrente, che non aggiunge argomenti decisivi al fine di superare la causa di inammissibilità del ricorso;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024