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Attualità pericolo reiterazione: quando è legittima?

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro la custodia cautelare per narcotraffico. La Corte chiarisce che l’attualità del pericolo di reiterazione non richiede l’imminenza di un nuovo reato, ma la persistenza della pericolosità sociale del soggetto, desunta dalla gravità dei fatti e dalla sua personalità, anche a distanza di tempo.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attualità pericolo reiterazione: quando la custodia cautelare è giustificata?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8661 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i presupposti per l’applicazione della custodia cautelare in carcere. In particolare, la Corte si sofferma sul concetto di attualità del pericolo di reiterazione, specificando che non va confuso con l’imminenza di un nuovo reato. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere come i giudici valutano la pericolosità di un indagato, anche a distanza di tempo dai fatti contestati.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un soggetto indagato per gravi reati legati al narcotraffico internazionale. Inizialmente, gli veniva contestata sia la partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti sia una serie di singoli episodi di detenzione, acquisto e importazione di ingenti quantitativi di cocaina. Il Tribunale del Riesame, pur escludendo la gravità indiziaria per il reato associativo, confermava la misura della custodia cautelare in carcere per i singoli reati.

La difesa dell’indagato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che, venuta meno l’accusa di associazione, la misura carceraria fosse sproporzionata. Inoltre, si evidenziava il notevole lasso di tempo intercorso tra l’ultima condotta contestata (risalente a quasi tre anni prima) e l’emissione del provvedimento, fattore che, a dire della difesa, avrebbe dovuto far venir meno l’attualità del pericolo.

L’Analisi della Cassazione sull’attualità del pericolo di reiterazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale del Riesame. Il punto centrale della motivazione risiede nella corretta interpretazione del requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione previsto dall’art. 274 c.p.p.

I giudici hanno chiarito che l’attualità non è sinonimo di ‘imminenza’ della commissione di un nuovo reato. Essa indica, piuttosto, la continuità e la persistenza del periculum libertatis, ovvero la concreta probabilità che l’indagato, se lasciato in libertà, possa commettere altri gravi delitti. Questa valutazione prognostica non si basa solo sulla vicinanza temporale ai fatti, ma su un’analisi complessiva che comprende:

1. La caratura criminale dell’indagato: nel caso di specie, l’inserimento in contesti di narcotraffico internazionale, l’utilizzo di sofisticati e criptati sistemi di comunicazione e la capacità di movimentare enormi quantità di stupefacenti.
2. La personalità del soggetto: la Corte ha dato grande peso ai precedenti penali specifici e, soprattutto, al fatto che le nuove condotte fossero state commesse mentre l’indagato era in regime di affidamento in prova per una precedente condanna. Questo dimostrava una totale insensibilità alla sanzione penale e una spiccata propensione a delinquere.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ritenuto che la motivazione del Tribunale fosse adeguata e priva di vizi logici. L’esclusione del reato associativo in fase cautelare non eliminava la gravità dei singoli episodi di traffico, che di per sé delineavano una figura criminale di elevato spessore. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione sull’adeguatezza della misura cautelare deve basarsi su una pluralità di fattori.

Il tempo trascorso non è stato considerato un elemento decisivo per escludere il pericolo, proprio perché controbilanciato dalla ‘connaturata insensibilità’ dell’indagato alle norme e ai benefici penitenziari. In sostanza, il pericolo di reiterazione è stato ritenuto ancora concreto e attuale perché radicato nella personalità del soggetto e nel suo stabile inserimento in circuiti criminali, elementi che non vengono meno con il solo passare del tempo.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un importante principio di diritto in materia di misure cautelari. L’attualità del pericolo di reiterazione è un concetto dinamico, che richiede una valutazione prognostica approfondita da parte del giudice. Non basta un semplice calcolo temporale per escluderla. Elementi come la gravità delle condotte, la professionalità nel commettere il reato, i precedenti specifici e l’atteggiamento del soggetto rispetto alla legge e alle pene già subite sono indicatori fondamentali della persistenza della sua pericolosità sociale. La custodia in carcere, pertanto, può essere ritenuta l’unica misura idonea a fronteggiare tale pericolo, anche se è trascorso un considerevole periodo dagli ultimi fatti contestati.

Quando è considerata ‘attuale’ la pericolosità di un indagato per giustificare la custodia in carcere?
Secondo la sentenza, l’attualità del pericolo non significa ‘imminenza’ di un nuovo reato, ma indica la persistenza e la continuità della pericolosità del soggetto. Questa viene valutata sulla base di una pluralità di fattori, come la caratura criminale, i precedenti, la personalità e il contesto socio-ambientale, che nel loro complesso indicano un rischio concreto e attuale di commissione di nuovi delitti.

Un lungo periodo di tempo trascorso dai fatti contestati può escludere il pericolo di reiterazione del reato?
No, non automaticamente. La sentenza chiarisce che il requisito dell’attualità va apprezzato non solo sulla base della vicinanza temporale ai fatti, ma anche considerando elementi indicativi della persistenza della pericolosità. Nel caso specifico, la spiccata propensione a delinquere dell’indagato, dimostrata anche da reati commessi durante l’affidamento in prova, ha reso il pericolo ancora attuale nonostante il tempo trascorso.

L’esclusione del reato associativo indebolisce necessariamente la valutazione sulla pericolosità per i singoli reati?
No. La Corte ha ritenuto che, anche escludendo la partecipazione all’associazione, la gravità dei singoli reati contestati (legati a ingenti quantitativi di droga e a un contesto di narcotraffico internazionale) fosse sufficiente a fondare un giudizio di elevata pericolosità sociale e a giustificare la massima misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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