Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23925 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23925 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME COGNOME, nata a Torino il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nata a Chivasso il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 23-10-2023 del Tribunale di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Biella il 12 ottobre 2023, veniva applicata la misura degli arresti dornicíliarí nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, nell’ambito di un articolato procedimento penale a carico di una pluralità di indagati, cui è stato contestato di aver introdotto nel carcere di Biella sostanze stupefacenti, essendo le ricorrenti, rispettivamente, la figlia e la moglie di NOME COGNOME, detenuto intorno al quale ruotava, dentro la Casa circondariale, un importante canale di spaccio di droga e di anabolizzanti.
Con ordinanza del 23 ottobre 2023, il Tribunale del riesame di Torino sostituiva le misure custodiali domestiche con l’obbligo di dimora nel Comune di Volpiano, prescrivendo alle indagate di non uscire dal territorio comunale senza autorizzazione del giudice.
Avverso l’ordinanza del Tribunale piemontese, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tramite il loro comune difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui la difesa contesta il giudizio sulle esigenze cautelari, evidenziando che non è stata svolta alcuna verifica in merito alla concretezza e all’attualità del pericolo di reiterazione dei reati e rilevand che, come era stato sottolineato dai difensori delle indagate all’udienza camerale del 23 ottobre 2023, i reati a loro ascritti sono stati commessi sino agli inizi de 2020, per cui il rischio di recidiva non poteva essere ritenuto più attuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Premesso che non è in discussione in questa sede la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, deve osservarsi che, rispetto all’unico tema oggetto di doglianza, ossia quello relativo alla sussistenza delle esigenze cautelar’, l’ordinanza impugnata non si sottrae alle censure difensive.
E invero, nel ritenere sussistente il pericolo di reiterazione dei reati, il Tribuna del Riesame ha valorizzato le modalità dei fatti, osservando che l’ingresso nel carcere di Biella di droga e anabolizzanti destinati al detenuto NOME COGNOME, il quale conseguiva, per effetto di ciò, ingiusti profitti, non sarebbe stato possibil senza la complicità “stabile e fedele” delle ricorrenti, moglie e figlia di NOME, oltre che del genero del detenuto, ossia il co-indagato NOME COGNOME.
Le ricorrenti sono peraltro gravemente indiziate anche di avere corrotto, sempre per conto e su ordine di NOME, un agente di polizia penitenziaria, dando prova di non avere remore nel contribuire alla costruzione e al consolidamento di questo importante canale di spaccio gestito nell’istituto penitenziario da NOME COGNOME, rispettivamente marito di NOME COGNOME e padre di NOME COGNOME.
Di qui l’affermazione dell’ordinanza impugnata (pag. 5) secondo cui “è probabile che le due donne possano perpetuare condotte analoghe prestandosi ad essere complici ancora una volta di NOME COGNOME (il cui fine pena, come detto, è molto lungo) e/o comunque di altri soggetti di forte personalità criminale. Tenuto comunque conto di questo carattere “servente” della pericolosità criminale delle due ricorrenti e della loro sostanziale pregressa incensuratezza, si deve ritenere idonea una misura cautelare che limiti significativamente i liberi spostamenti sul territorio di NOME COGNOME e NOME COGNOME: la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel piccolo comune di Volpiano risulta complessivamente congrua”.
Ciò posto, il percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata sul punto risulta carente, dovendosi richiamare, in particolare quanto al tema del requisito dell’attualità, l’affermazione costante e condivisa di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, Rv. 282767, Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, Rv. 282891 e Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, Rv. 279122), secondo cui, in tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare, con la precisazione che la valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative deve essere tanto più approfondita, quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti.
Orbene, in applicazione di tale premessa interpretativa, non può non considerarsi che, come rilevato dalla difesa già in sede di udienza camerale dinanzi al Tribunale del Riesame, i fatti ascritti alle indagate risalgono a epoca estesa sino al 2020, per cui nell’ordinanza impugnata sarebbe stato necessario spiegare per quali ragioni, a distanza circa di tre anni dai fatti, tempo non proprio breve, doveva ritenersi concreto e soprattutto attuale il pericolo di condotte recidivanti, occorrendo a tal fine un più adeguato approfondimento circa gli elementi fattuali ritenuti eventualmente rivelatori della persistenza delle esigenze cautelari, approfondimento di cui dovrà farsi quindi carico il giudice del rinvio.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente al giudizio sulla sussistenza delle esigenze cautelari, con rinvio per nuovo giudizio sul punto, da compiere nel solco delle coordinate ermeneutiche prima indicate, al Tribunale del Riesame di Torino.
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P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Torino competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, cod. proc. pen.
Così deciso il 21/02/2024