Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20523 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20523 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI( ITALIA) il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI( ITALIA) il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha richiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Napoli ha rigettato i ricorsi proposti da COGNOME NOME NOME, in qualità di terzo interessato, da COGNOME NOME avverso il provvedimento con il quale il primo è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno ed è stata disposta la confisca di beni mobili e immobili a lui intestati ovvero ritenuti nella sua disponibilità, ancorch formalmente intestati al COGNOME. In particolare il COGNOME è stato ritenuto soggetto pericoloso ai sensi dell’art. 4 comma 1 lett. a) d.lgs. n. 159/2011 sulla base della sua stabile partecipazione al RAGIONE_SOCIALE, del quale gestiva gli interessi economici; organicità accertata con sentenza definitiva di condanna per il reato di cui all’art. 416-bis c.p.
2. Avverso il decreto ricorre il COGNOME deducendo violazione di legge.
2.1 Con riguardo alla misura personale il ricorrente lamenta il sostanziale difetto di motivazione sulla ritenuta attualità della pericolosità, atteso che sul punto la Corte territoriale si sarebbe limitata ad invocare una presunzione di persistenza in difetto della dimostrazione dello scioglimento dell’associazione o di rescissione del legame del proposto. I giudici del merito non avrebbero però tenuto conto della natura relativa della suddetta presunzione, non considerando in tal senso che la condanna riportata dal COGNOME ha ad oggetto la sua partecipazione al sodalizio RAGIONE_SOCIALE fino al 2012 e che egli è comunque detenuto dal 2016. In tal modo il provvedimento impugnato avrebbe immotivatamente ed illegittimamente fatto discendere in maniera automatica l’attualità della pericolosità dalla pregressa militanza nel sodalizio, senza indicare gl elementi di fatto idonei a giustificare tale valutazione e disattendendo così gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità.
2.2 Quanto alla misura ablativa, il ricorrente lamenta analogo difetto di motivazione in merito alla confisca del complesso immobiliare di INDIRIZZO. In tal senso osserva come l’acquisto del bene in questione sarebbe avvenuta solo nel 2016 e dunque a distanza di due anni dall’ultimo segno indicativo della organicità del proposto al sodalizio valorizzato dai giudici del merito, che, dunque, non avrebbero dimostrato che il suddetto acquisto sia il frutto dell’eventuale reimpiego di risorse illecite. In secon luogo illegittimamente la Corte avrebbe ritenuto lo stesso proposto gravato dall’onere di fornire la prova del possesso di redditi di fonte lecita idonei a giustificare l’acquis del bene nel periodo in cui questo è avvenuto, quando, invece, è principio consolidato quello per cui il proposto ha soltanto un onere di allegazione. Ed in proposito il giudice
dell’appello ha illogicamente ritenuto provata l’indisponibilità di risorse lecite in ragion del fatto che la vendita dell’immobile da cui la difesa aveva eccepito essere stata tratta la provvista necessaria all’acquisto del menzionato complesso immobiliare sarebbe avvenuta solo alcuni mesi dopo, confondendo in tal senso l’effetto traslativo del bene con l’adempimento dell’obbligazione relativa al pagamento del prezzo del medesimo. Non di meno la Corte avrebbe trascurato il fatto che il proposto avesse dimostrato di aver contratto un mutuo funzionale all’acquisto del bene. Infine il provvedimento avrebbe omesso di motivare sulla correlazione temporale tra l’acquisto del bene e il periodo in cui deve effettivamente collocarsi la pericolosità del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del COGNOME è fondato nei termini e nei limiti di seguito esposti.
1.1 In particolare fondate sono le doglianze relative alla conferma dell’applicazione al proposto della misura personale. Va infatti ribadito, in accordo con l’evoluzione dell’elaborazione compiuta dalla giurisprudenza di legittimità della materia, che ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione anche nei confronti di appartenenti ad associazioni di tipo mafioso è necessario accertare il requisito della “attualità” della
pericolosità e, laddove sussistano elementi sintomatici di una “partecipazione” del proposto al sodalizio mafioso, è possibile applicare la presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo purché la sua validità sia verificata alla luce de specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di attualità della pericolosità (ex multis Sez. 6, n. 20577 del 07/07/2020, Mariniello, Rv. 279306). Qualora sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo tra l’accertamento in sede penale della effettiva partecipazione del proposto al sodalizio mafioso e la formulazione del giudizio di prevenzione, è dunque ancora più urgente l’onere del giudice di compiere l’accertamento dell’attualità della pericolosità sociale, al fine di stabilire la possibilità che egli anche in futuro continu svolgere il ruolo associativo ricoperto in passato (Sez. 1, n. 17932 del 10/03/2010, COGNOME Carlo, Rv. 247053). Osservato che invero con l’atto d’appello il ricorrente aveva attinto anche il profilo della persistenza della pericolosità, attingendo dunque anche il capo relativo alla misura personale del decreto applicativo, deve rilevarsi che la Corte sostanzialmente non ha motivato sull’attualità della stessa, pur evidenziando come i sintomi della pericolosità del COGNOME rimangano circoscritti ad un ambito temporale ben preciso e significativamente anteriore al momento in cui è intervenuta la decisione del Tribunale e come il proposto sia in realtà detenuto dal 2016.
1.2 Sono invece infondate e per ampi tratti inammissibili le doglianze proposte con riferimento alla misura ablativa.
1.2.1 In proposito va anzitutto ricordato che la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche “misura temporale” del suo ambito applicativo, rimanendo dunque onere del giudice, con riferimento alla c.d. pericolosità qualificata, accertare se questa investa l’intero percorso esistenziale del proposto o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato. (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, Spinelli, Rv. 262605).
1.2.2 La successiva giurisprudenza di legittimità ha chiarito che anche nel caso in cui la fattispecie concreta consenta di determinare il momento iniziale e finale della pericolosità qualificata, è legittimo disporre la misura ablativa su beni acquisiti i periodo successivo a quello di cessazione della condotta permanente, purché l’acquisto risulti effettuato attraverso il reimpiego dei frutti dell’attività illecita, da accertare base di una pluralità di indici fattuali altamente dimostrativi della diretta derivazion causale delle acquisizioni patrimoniali dalla provvista formatasi nel periodo di compimento dell’attività delittuosa (Sez. 2, n. 14165 del 13/03/2018, Alma, Rv. 272377; Sez. 6, n. 5778 del 16/05/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278328; Sez. 5,
n. 49479 del 13/11/2019, COGNOME, Rv. 277909; Sez. 5, n. 1543 del 23/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280667; Sez. 6, n. 36421 del 06/09/2021, COGNOME, Rv. 281990). Alla luce di tali coordinate esegetiche deve pertanto ritenersi possibile procedere alla confisca sia dei beni posseduti dal soggetto pericoloso qualificato in sproporzione rispetto ai redditi dichiarati in quell’arco temporale ricompreso tra il momento iniziale ed il momento finale della manifestazione di pericolosità, sia dei beni acquisiti dopo la cessazione della pericolosità, ma riconducibili alla provvista accumulata durante quella finestra temporale ed il fatto che gli acquisti successivamente effettuati siano il reimpiego della provvista formatasi nel periodo di consumazione della fattispecie associativa può essere accertato anche con riferimento a criteri indiziari (Sez. 2, n. 23000 del 20/05/2021, Pardo, Rv. 281457).
E’ stato poi precisato che l’onere di allegazione difensiva in ordine alla legittima provenienza dei beni non può essere soddisfatto con la mera indicazione della esistenza di una provvista sufficiente per concludere il negozio di acquisto degli stessi, dovendo invece il soggetto sottoposto al procedimento di prevenzione indicare gli elementi fattuali dai quali il giudice possa dedurre che il bene non sia stato acquistato con i proventi di attività illecita, ovvero ricorrendo ad esborsi non sproporzionati rispetto alla sua capacità reddituale (Sez. 6, n. 31751 del 09/06/2015, Rv. 264461; Sez. 6, n. 21347 del 10/04/2018, Salanitro, Rv. 273388).
1.2.3 La Corte territoriale, contrariamente a quanto eccepito, ha fatto buon governo dei principi illustrati con riferimento alla confisca del complesso immobiliare di INDIRIZZO, che, seppure acquistato nel 2016, è stato legittimamente ritenuto frutto del reimpiego delle risorse illecitamente accumulate dal proposto nel periodo in riferimento al quale i giudici del merito hanno ritenuto acquisiti elementi idonei a comprovare la sua appartenenza al contesto RAGIONE_SOCIALE. Inconferentesisulta dunque l’ancoraggio operato nel ricorso della confisca anche al tema dell’attualità della pericolosità, atteso che i giudici del merito hanno motivatamente ritenuto che al momento dell’acquisto tale pericolosità fosse ancora in atto e comunque che la provvista necessaria a tale acquisto non provenisse da fonte lecita, confutando contestualmente le obiezioni fondate sui dati allegati dalla difesa.
1.2.4 Nel resto le censure proposte dal ricorrente sotto il ‘profilo della violazione legge prospettano invece meri vizi di motivazione, indeducibili in questa sede con il ricorso proposto in materia di prevenzione (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME e altri, Rv. 260246). Peraltro l’obiezione per cui la Corte avrebbe erroneamente valutato l’ipotesi del finanziamento dell’acquisto del complesso immobiliare, in tutto o in parte, attraverso la vendita di altro immobile nella disponibilità del COGNOME è manifestamente infondata e comunque generica. Infatti, il ricorrente dapprima sostiene che il prezzo
dei beni confiscati non sarebbe stato pagato al momento della conclusione del contratto di acquisto, ma in un imprecisato momento successivo, salvo poi immediatamente smentirsi, affermando che nell’attesa della vendita del citato immobile il proposto avrebbe reperito la provvista necessaria al pagamento del prezzo ricorrendo ad un mutuo bancario. Anche a prescindere dalla generica evocazione di circostanze fattuali di cui non viene specificamente indicata l’effettiva fonte probatoria e della rilevata intrinseca contraddittorietà dell’argomentazione, è appena il caso di evidenziare come, anche volendo fare affidamento sulla ricostruzione degli eventi prospettata, il ricorrente non ha tenuto conto della corretta obiezione della Corte, ossia che il COGNOME non possedeva redditi leciti idonei a rimborsare il mutuo.
2. Il ricorso proposto dal COGNOME nella sua qualità di terzo interessato è fondato. Come eccepito, la motivazione del provvedimento impugnato sulla riconducibilità della RAGIONE_SOCIALE al COGNOME è infatti meramente apparente, soprattutto nella confutazione delle allegazioni difensive. La Corte territoriale si è infatti limitat ritenere “evidente” la continuità tra la società in questione e la omonima ditta individuale intestata al ricorrente e oggetto di confisca ai sensi dell’allora vigente ar 12-quinquies I. n. 356 del 1992 nel procedimento di cognizione a carico del proposto, senza però precisare le ragioni per cui alla ritenuta continuità dell’impresa corrisponda anche quella dell’intestazione fittizia della stessa. Il giudice del merito ha po apoditticamente respinto le obiezioni del COGNOME in merito all’interpretazione delle intercettazioni evocate a sostegno delle conclusioni assunte, ma in particolare ha rinviato alla sentenza d’appello del giudizio di cognizione per la confutazione delle argomentazioni difensive tratte dalla consulenza prodotta dal ricorrente. In proposito è evidente l’errore in cui è caduto il giudice dell’appello, atteso che agli atti del present procedimento di prevenzione sono presenti due relazioni a firma del consulente COGNOME: l’una era stata originariamente presentata nel giudizio di cognizione nei confronti del COGNOME e poi acquisita in quello di prevenzione, mentre l’altra è stata prodotta esclusivamente nel corso di quest’ultimo giudizio. La prima però – quella effettivamente considerata nella sentenza della Corte d’appello di Napoli del 19 giugno 2020 richiamata dal provvedimento impugnato – non aveva ad oggetto la società oggetto dell’odierna confisca, ma altri profili. È invece quella prodotta per la prima volta in questo procedimento – peraltro in data incompatibile con la pronunzia della citata sentenza – a contenere i dati e le valutazioni allegate dal ricorrente. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte, la consulenza in oggetto, tesa a dimostrare l’effettiva titolarità in capo al COGNOME e alla sua famiglia della Corte di Cassazione – copia non ufficiale
società oggetto dell’intervento ablativo, non è mai stata confutata nel giudizio di merito e, quindi, nemmeno in quello di prevenzione.
In conclusione il decreto impugnato deve dunque essere annullato nei confronti di COGNOME NOME con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Napoli. Analoga conclusione deve essere assunta nei confronti del COGNOME NOME limitatamente all’applicazione della misura personale, mentre nel resto il ricorso di quest’ultimo deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato, nei confronti di COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Napoli. Annulla il medesimo decreto, nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente all’applicazione della misura di prevenzione personale, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 10/4/2024