Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28480 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28480 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
In nome del Popolo Italiano
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 961/2025
NOME
CC – 20/06/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 14714/2025
NOME COGNOME
NOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a CAMERINO il 19/09/1967
avverso la sentenza del 26/11/2024 della Corte d’appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 26 novembre 2024 dalla Corte di appello di Ancona, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Macerata che aveva condannato COGNOME COGNOME NOME COGNOME per il reato di cui allÕart. 476, comma 2, cod. pen.
Secondo lÕimpostazione accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato Ð nella qualitˆ di brigadiere in servizio presso il reparto di Macerata della Guardia di finanza Ð avrebbe, nell’esercizio delle sue funzioni, formato Çla falsa attestazione di appartenenza al Corpo, apparentemente redatta l’8 luglio 2016 dal comandante del Nucleo di polizia tributaria NOME COGNOME nella quale era attestata la necessitˆ del Crocetti di accedere agli spazi portuali di Civitanova Marche per attivitˆ istituzionaleÈ. Atto pubblico fidefacente, in ordine alla provenienza e alle circostanze di tempo e luogo di redazione, che veniva utilizzato dall’imputato in sede di richiesta di autorizzazione ad accedere all’area portuale, depositata l’8 luglio 2016 presso il locale ufficio circondariale marittimo.
Avverso la sentenza della Corte di appello, lÕimputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione allÕart. 40 d.P.R. n. 445 del 2000.
Sostiene che lÕart. 40 d.P.R. n. 445 del 2000 avrebbe privato la pubblica amministrazione del potere di certificazione nei rapporti con gli altri enti pubblici.
Tanto premesso, il ricorrente contesta la natura di atto fidefacente riconosciuto dai giudici di merito all’attestazione di appartenenza al Corpo, apparentemente redatta dal comandante del Nucleo di polizia tributaria. Il ricorrente afferma che: l’atto Çnon proviene da un pubblico ufficiale autorizzato dalla leggeÈ; l’atto Çfa genericamente riferimento a finalitˆ istituzionali intrinsecamente insite nella qualitˆ professionale attestataÈ; l’atto Çnon ha la funzione di attestare fatti compiuti dall’autore o avvenuti in sua presenzaÈ; il Çregolamento richiamato dalla Corte d’appello, con cui è richiesta l’attestazione del comandante da parte della Capitaneria di porto, è illegittimo in quanto contro legemÈ.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 178 e 179 cod. proc. pen.
Sostiene che il capo di imputazione, nella parte relativa alla contestazione dellÕaggravante di cui allÕart. 476, comma 2, cod. pen., sarebbe nullo, atteso che il pubblico ministero non avrebbe precisato la norma extrapenale attributiva della natura fidefacente all’atto oggetto di falsificazione.
2.3. Con un terzo motivo, deduce il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 533 e 605 cod. proc. pen.
Sostiene che la Corte di appello avrebbe ingiustificatamente valorizzato la perizia grafologica, sulla base della quale aveva ricondotto l’atto falso allÕimputato, non tenendo adeguatamente conto delle valutazioni del consulente tecnico di parte.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
1. Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. Il primo motivo è infondato.
All’atto oggetto di falsificazione, invero, va riconosciuta la natura di atto fidefacente.
Al riguardo, va premesso che il concetto di atto pubblico è, agli effetti della tutela penale, più ampio di quello desumibile dall’art. 2699 cod. civ., ricomprendendo qualsiasi atto formato da un pubblico ufficiale (o da un incaricato di pubblico servizio) avente l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione (Sez. 5, n. 3542 del 17/12/2018, Rv. 275415).
All’interno di questa ampia categoria, sono documenti dotati di fede privilegiata solo quelli emessi nell’esercizio di una speciale potestˆ documentatrice, in forza della quale l’atto assume una presunzione di veritˆ assoluta, eliminabile solo con l’accoglimento della querela di falso o con la sentenza penale. In particolare, Çin tema di falso documentale, sono documenti dotati di fede privilegiata, ex art. 476, comma secondo, cod. pen., quelli emessi dal pubblico ufficiale investito di una speciale potestˆ documentatrice, attribuita da una legge o da norme regolamentari, anche interne, ovvero desumibili dal sistema, in forza della quale l’atto assume una presunzione di veritˆ, ossia di massima certezza eliminabile solo con l’accoglimento della querela di falso o con sentenza penaleÈ (Sez. 5, n. 28047 del 11/04/2019, COGNOME, Rv. 277246). Un potere Ð quello di documentazione fidefaciente Ð che pu˜ essere esplicitamente attribuito da una specifica previsione normativa o implicitamente desunto dal sistema (cfr. Sez. 6, n. 35219 del 28/04/2017, Re, Rv. 270855, in motivazione) e che, sotto il profilo contenutistico, attiene solo a quei fatti che lo stesso funzionario redigente riferisce come visti, uditi o compiuti direttamente da lui (cfr. Sez. 5, n. 39682 del 04/05/2016, Franchi, Rv. 267790; Sez. 6, n. 10414 del 12/12/1989, COGNOME, Rv. 184934).
In sostanza, ci˜ che caratterizza l’atto pubblico fidefacente è, oltre alla attestazione di fatti appartenenti all’attivitˆ del pubblico ufficiale o caduti sotto la sua percezione, la circostanza che esso sia destinato alla prova, ossia che sia precostituito a garanzia della pubblica fede. LÕatto deve essere redatto da un
pubblico ufficiale a ci˜ autorizzato, nell’esercizio di una speciale funzione certificatrice, diretta, per legge, alla prova di fatti che lo stesso funzionario redigente riferisce come visti, uditi o direttamente da lui compiuti (cfr. Sez. 6, n. 35219 del 28/04/2017, Re, Rv. 270855, in motivazione; Sez. 5, n. 2837 del 09/02/1983, COGNOME, Rv. 158265)
Ebbene, nel caso in esame, non è discutibile la natura fidefacente dell’atto in questione, atteso che esso attestava fatti appartenenti all’attivitˆ del pubblico ufficiale e che vi era una norma di carattere secondario che espressamente attribuiva al comandante del Corpo il potere di provare tali fatti, ossia il potere di attestare la necessitˆ di accesso all’area portuale per fini istituzionali. Va evidenziato che lÕattestazione poteva essere rilasciata solo dal comandante del Corpo, sia perchŽ cos’ era richiesto dal regolamento, sia perchŽ lÕoggetto dellÕattestazione era strettamente correlato alle attivitˆ del Corpo medesimo. Sotto tale profilo, va posto in rilievo che le attivitˆ in questione dipendono anche e soprattutto dalle decisioni del comandante del Corpo e potrebbero pure essere caratterizzate dal necessario riserbo (si pensi alla necessitˆ di accedere allÕarea portuale per lo svolgimento di attivitˆ di indagine). Il regolamento non chiede al comandante del Corpo di motivare la necessitˆ di accedere al porto o di documentare le attivitˆ in questione, ma si ÒfidaÓ della sua attestazione, attribuendo a questÕultima una funzione di prova, che per il suo oggetto non appare contestabile se non attraverso lÕaccertamento del falso.
Risulta, dunque, evidente che il regolamento del porto, con la disposizione in questione, ha finito per configurare implicitamente in capo al comandante del Corpo una speciale potestˆ documentatrice, esclusiva e ÒrafforzataÓ, diretta alla prova di fatti (la necessitˆ di accesso all’area portuale per fini istituzionali) che lui, proprio per il ruolo rivestito, pu˜ attestare come veri e che non potrebbero essere ÒcontestatiÓ se non con lÕaccertamento del falso. Al riguardo, deve essere ricordato il potere di documentazione fidefaciente, oltre a essere esplicitamente attribuito da una specifica previsione normativa, pu˜ essere anche implicitamente desunto dal sistema (cfr. Sez. 5, n. 28047 del 11/04/2019, COGNOME, Rv. 277246; Sez. 6, n. 35219 del 28/04/2017, Re, Rv. 270855, in motivazione), come nel caso in esame.
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Va premesso che, Çin tema di reato di falso in atto pubblico, non pu˜ ritenersi legittimamente contestata, s’ che non pu˜ essere ritenuta in sentenza dal giudice, la fattispecie aggravata di cui all’art. 476, comma secondo, cod. pen., qualora nel capo d’imputazione non sia esposta la natura fidefacente dell’atto, o direttamente, o mediante l’impiego di formule equivalenti, ovvero attraverso l’indicazione della relativa normaÈ (Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 275436).
Tanto premesso, va rilevato che, nel caso in esame, l’aggravante in questione è stata adeguatamente contestata, sia richiamando la norma che la prevede (ossia il secondo comma dellÕart. 476 cod. pen.) sia precisando la natura di atto pubblico fidefacente dell’atto falsificato.
In tal modo, l’organo della pubblica accusa ha sicuramente soddisfatto i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di legittimitˆ per la contestazione dell’aggravante in questione, che non richiede anche l’indicazione della norma che attribuisca la natura fidefacente all’atto falsificato. Va al riguardo posto in rilievo che la necessitˆ di un’adeguata contestazione dell’aggravante è correlata allÕesigenza dell’imputato di esercitare adeguatamente le proprie difese anche con riferimento ad essa, avendo la possibilitˆ di porne in discussione la sussistenza, dimostrando che l’atto falsificato non avesse natura fidefacente. Risulta evidente che la possibilitˆ per l’imputato di esercitare adeguatamente tale difesa sussiste anche in mancanza della specifica indicazione della norma che attribuisce natura fidefacente all’atto falsificato. Difesa che, nel caso in esame, è stata concretamente esercitata, avendo la parte, nel corso del processo, ampiamente contestato la natura fidefacente dellÕattestazione in questione. Va, peraltro, ricordato che il potere di documentazione fidefacente pu˜ essere implicitamente riconosciuto dal ÒsistemaÓ all’autoritˆ che emette l’atto e non deve necessariamente provenire da una specifica norma, da poter indicare nellÕimputazione, che espressamente lo riconosca.
1.3. Il terzo motivo è inammissibile.
Il ricorrente con esso si limita ad articolare generiche censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna violazione di legge nŽ effettivi travisamenti di prova o vizi di manifesta logicitˆ emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata da entrambi i giudici di merito (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano). Al riguardo, va ricordato come ÇlÕindagine di legittimitˆ sul discorso giustificativo della decisione abbia un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato Ð per espressa volontˆ del legislatore Ð a riscontrare lÕesistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilitˆ di verificare lÕadeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizione processuali, se non, in questÕultimo caso, nelle ipotesi di errore del giudice nella lettura degli atti interni del giudizio denunciabile, sempre nel rispetto della catena devolutiva, ai sensi
dellÕart. 606, comma 1, lett. e), ultima parte, cod. proc. pen.È (Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, Polito).
Va, in ogni caso, rilevato che la Corte di appello ha ampiamente analizzato sia la perizia grafologica che la consulenza tecnica di parte, chiarendo i motivi (rigore metodologico e approfondimento dellÕindagine) che lÕhanno indotta a ritenere maggiormente condivisibile lÕelaborato tecnico dellÕausiliario del giudice (cfr. quarta e quinta pagina della sentenza impugnata).
Al rigetto del ricorso, consegue, ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso, il 20 giugno 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME Rosa COGNOME