Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27061 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27061 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOMECOGNOME nato a Messina il 26/11/1956
avverso la sentenza del 05/07/2024 della Corte di appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza emessa in data 10 giugno 2022 dal Tribunale di Messina, appellata dal ricorrente, con la quale il predetto è stato condannato alla pena di anni quattro e mesi tre di reclusione per i reati di cui ai capi F) ed H), relativi rispettivamente ai delitti di corruzione per atto contrario ex art. 319 cod. pen. e di rivelazione di segreti di ufficio ex art. 326, ultimo comma, cod. pen..
In particolare, al COGNOME si contesta, nella qualità di dipendente in servizio presso la Direzione DistrettdalcV .antimafia di Messina, di avere messo a disposizione di NOME COGNOME e NOME COGNOME la propria funzione, fornendo
informazioni riservate sugli spostamenti del Procuratore Aggiunto NOME COGNOME e sulle indagini svolte dalla Procura di Messina di interesse del COGNOME, nonchè impegnandosi a fare da intermediario con i funzionari addetti alla nomina degli amministratori di condominio nelle procedure di competenza del Tribunale civile di Messina, a fronte dell’interesse manifestato dal COGNOME ad assumere la gestione delle manutenzione degli ascensori presso detti condomini, ottenendo in cambio l’assunzione di NOME COGNOME persona a lui vicina, presso una impresa collegata al Tavilla.
Tali condotte, ritenute dimostrate dalle intercettazioni, avrebbero integrato sia il reato di corruzione per esercizio della funzione con il compimento di atti contrari specificamente individuati e sia il reato di rivelazioni di notizia riservate d cui all’ultimo comma dell’art. 326 cod.pen.
Con atto a firma del difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati.
2.1.Con il primo motivo deduce vizio della motivazione e violazione di legge ex art. 606, lett. b), c), ed e) cod. proc. pen. in relazione alle ragioni del rigetto della richiesta di assunzione di una prova decisiva relativa alla richiesta formulata ex art. 603 cod. proc. pen. di escussione di alcuni dipendenti della Procura della Repubblica di Messina già negata in primo grado.
Si rappresenta che si tratta dei dipendenti che risultano avere effettuato accessi al sistema informatico in relazione alla posizione di NOME COGNOME nel periodo oggetto di contestazione.
Si censurano le motivazioni con cui la Corte di appello ha respinto la richiesta, facendo riferimento alla superfluità di accertare la fonte delle informazioni riservate di cui l’imputato si è avvalso, essendo al contrario detti accertamenti necessari a dimostrare la totale estraneità del COGNOME ai reati contestati.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione ai reati di cui agli artt. 319 e 326 cod. pen. ai sensi dell’ art. 606, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., sul rilievo che la prova dei fatti è st desunta da una lettura viziata da un pregiudizio accusatorio nei confronti dell’imputato, a fronte della obiettiva genericità dei dati desumibili da esse.
In particolare, non sono specificate le notizie coperte da segreto che sarebbero state oggetto dell’illecito accordo corruttivo, né gli spostamenti e le abitudini del magistrato oggetto della comunicazione illecita.
Si obietta che non è stato dato rilievo all’origine della conoscenza tra l’imputato e il COGNOME, riferita a rapporti estranei a contesti criminali dovuti a frequentazione dell’associazione di cui il COGNOME era presidente.
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In secondo luogo si evidenziano la sporadicità dei contatti intercorsi tra il COGNOME e l’imputato, la loro durata limitata nel tempo, e l’estraneità dell’interessamento per l’assunzione di NOME COGNOME figlio della donna con cui l’imputato intratteneva una relazione extraconiugale, con qualsiasi scambio di favori, oggetto di mercimonio.
Si rappresenta, poi, anche l’assenza di poteri da parte dell’imputato in merito all’individuazione degli amministratori dei condomini nei procedimenti di competenza di altri uffici del Tribunale civile e la ridotta utilità dell’offerta di lav che l’Artino ha poco dopo rifiutato per il suo ridotto compenso economico.
Con riferimento all’informazione fornita dal COGNOME circa l’assenza di elementi a carico di COGNOME si evidenzia che si desume dall’intercettazione di una conversazione inter alios, non seguita da altri riscontri, mentre il riferimento all’orario di lavoro del COGNOME, è tratto da una intercettazione in cui tale notizia viene data rispetto alla fissazione di un appuntamento del COGNOME senza alcun interesse da parte del COGNOME, e quindi non oggetto di alcuno scambio corruttivo.
Vengono, poi, riproposte le questioni attinenti al merito delle valutazioni dell’irrilevanza delle modalità in cui il COGNOME sarebbe venuto a conoscenza delle indagini penali di interesse per il Tavilla, e la estraneità del COGNOME rispetto ai fat di rivelazione di segreto di ufficio contestati ad altro funzionario della Procura di Messina (il maresciallo dei carabinieri, NOME COGNOME).
2.3. Con il terzo e quarto motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione per avere la Corte di merito escluso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed applicato una pena eccessivamente gravosa in assenza di una adeguata giustificazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti che di seguito si espongono.
Va, innanzitutto, ricordato che nell’art. 319 cod. pen. l’espressione “atto di ufficio” non è sinonimo di atto amministrativo ma designa una “attività” ossia un “comportamento” del pubblico ufficiale posto in essere nello svolgimento del suo incarico e contrario ai doveri del pubblico ufficio ricoperto. Al di fuori di questa nozione penalistica di “atto d’ufficio” si collocano gli atti posti in essere solo “i occasione dell’ufficio”, cioè le attività che non sono riconducibili all’incarico del pubblico ufficiale, ma vengono svolte a margine o collateralmente o in concomitanza con le attività di ufficio.
Non configura “atto di ufficio” pertanto la condotta commessa “in occasione” dell’ufficio che non concreta l’uso di poteri funzionali connessi alla qualifica soggettiva dell’agente (Sez. 6, n. 7731 del 12/02/2016, COGNOME, Rv. 266543).
All’interno della nozione penalistica di “atto di ufficio” rientrano anche i comportamenti materiali privi della valenza di atto amministrativo che siano però espressione dell’esercizio dei poteri pubblicistici del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio (Sez. 6, n. 17586 del 28/02/2017, Pastore, Rv. 269831).
Ciò premesso, si deve rilevare che i fatti, come ricostruiti nelle sentenze di merito, non appaiono coerenti con tale premessa con riferimento alla necessità che l’atto oggetto del mercimonio rientri nella sfera di competenza o di influenza dell’ufficio cui appartiene il soggetto corrotto, di modo che in relazione ad esso egli possa esercitare una qualche forma di ingerenza, sia pur di mero fatto.
Fuoriescono, quindi, dalla fattispecie corruttiva le condotte contestate con riferimento alla vicenda dell’interessamento, peraltro, neppure concretizzatosi in effettive ingerenze presso i funzionari competenti, nel settore dell’assegnazione degli incarichi di amministratore condominiale, certamente non rientranti nella competenza dell’ufficio di appartenenza dell’imputato NOME COGNOME.
Ugualmente fondate sono le censure volte a segnalare l’assenza di interesse del corruttore, COGNOME COGNOME rispetto all’informazione relativa all’orario d accesso in ufficio del magistrato in servizio presso la Procura della Repubblica di Messina, NOME COGNOME.
Effettivamente dalle intercettazioni riportate nella motivazione della sentenza emerge l’estemporaneità di detta informazione resa nel contesto di una conversazione che non aveva alcuna attinenza con l’ipotesi accusatoria di uno scambio di informazioni sugli spostamenti del magistrato, quale oggetto di un accordo corruttivo.
Non sono neppure descritti gli elementi di fatto che possano autorizzare l’inquadramento di tale informazione con un mercimonio della funzione.
Va anche osservato che è errato il riferimento al terzo comma dell’art. 326 cod. pen., atteso che non si tratta certamente dello sfruttamento di una notizia riservata per finalità economiche inteso nel senso di utilizzo del contenuto della notizia (Cfr. Sez. 6, n. 16802 del 24/03/2021, COGNOME, Rv. 281303).
Pertanto, si impone l’annullamento senza rinvio con riferimento al reato di corruzione rispetto alle condotte appena specificate, dovendosi solo verificare ai fini dell’integrazione del diverso reato previsto dal primo comma dell’art. 326 cod. pen., se l’informazione relativa all’orario di accesso in ufficio del magistrato abbia assunto la rilevanza di una notizia riservata con la conseguente violazione del divieto di rivelare notizie che debbono restare segrete, con abuso della propria qualità e in violazione dei doveri inerenti il servizio pubblico svolto.
A tale riguardo deve, però, risultare certo che la notizia abbia rivestito effettivamente un carattere di segretezza e non fosse, invece, agevolmente conoscibile anche senza l’abuso della pubblica funzione o delle mansioni attinenti all’incarico di pubblico servizio svolto nell’ambito dell’ufficio della Procura della Repubblica di Messina.
Si impone, inoltre, una rivalutazione dei fatti con riferimento anche all’unica vicenda che potrebbe assumere rilevanza agli effetti dell’imputazione contestata di corruzione, relativa alla informazione fornita al COGNOME sull’assenza di intercettazioni sulle utenze telefoniche in uso al predetto coimputato, nelle indagini curate dalla Procura della Repubblica di Messina.
A tale riguardo deve essere ricordato che il reato di corruzione è un reato proprio che presuppone che il soggetto corrotto abbia la qualifica soggettiva di pubblico ufficiale o di persona incaricata di pubblico servizio.
Ai fini dell’attribuzione della qualità di incaricato di pubblico servizio occorre che l’attività concretamente esercitata dal soggetto sia disciplinata da norme di diritto pubblico ovvero, con atto normativo anche di rango inferiore, deve essere assunta come propria dallo Stato o da altro ente pubblico, sicché deve essere chiara la natura pubblicistica di tale attività in quanto diretta a realizzare in via immediata le finalità dell’ente pubblico, concretantesi in un servizio rivolto alla generalità dei cittadini.
A tale riguardo nella sentenza di merito non risulta minimamente approfondito tale aspetto, emergendo dalla motivazione una totale assenza di riferimenti alle mansioni svolte dal COGNOME nell’ambito della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina.
Si deve ricordare che in base al disposto dell’art. 358, comma secondo, cod. pen. non può essere riconosciuta la qualifica di incaricato di pubblico servizio a chi svolga solo mansioni di ordine o prestazioni di opera meramente materiali.
Sulla base di tali premesse, ove le mansioni di NOME fossero effettivamente limitate a quelle di autista, andrebbe esclusa la qualifica soggettiva necessaria per l’integrazione sia del reato previsto dall’art. 319 cod. pen. che del reato previsto dall’art. 326 cod. pen.
Alla luce delle precedenti considerazioni, si rende, pertanto, necessario l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina affinché, in coerente applicazione del principio di diritto sopra enunciato, proceda a nuovo esame sul punto e sui profili critici segnalati, colmando – nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito – le rilevate lacune della motivazione.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della
Corte di appello di Messina.
Così deciso il 15 maggio 2025
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