Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30544 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30544 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOME COGNOME nato a Napoli il 24/04/1994 avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 04/07/2024; visti gli atti ed esaminato il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui NOME è stato condannato per il reato di cui all’art. 337 cod. pen.
All’imputato si contesta di avere usato minaccia e violenza, mentre era detenuto, nei riguardi del personale della polizia penitenziaria per opporsi al compimenti di un atto del loro ufficio; in particolare, dopo il colloquio con i congiunti, NOME si sarebbe oppost ad una perquisizione affermando tra le altre cose “voi fate un abuso di potere”.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando tre motivi.
2.1. Il primo motivo attiene al mancato riconoscimento della causa di giustificazione di cui all’art. 393 bis cod. pen.
La reazione dell’imputato sarebbe stata conseguente alla richiesta da parte della polizia penitenziaria di denudarsi completamente per sottoporsi a perquisizione; non si sarebbe trattato di una perquisizione ordinaria e la perquisizione con denudamento, in quanto particolarmente invasiva, sarebbe stata disposta senza un motivato autorizzatorio (in tal senso, si cita giurisprudenza della Corte di cassazione).
La Corte si sarebbe limitata ad affermare che la tesi difensiva dell’atto arbitrario non avrebbe trovato riscontri probatori.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen.; la condotta sarebbe stata determinata da uno stato d’ira indotto dal fatto ingiusto commesso dalla polizia penitenziaria.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Il tema è lo stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al primo motivo, che ha valenza assorbente.
Il tema attiene al tipo di perquisizione che gli agenti penitenziari chiesero d eseguire, non essendo in contestazione che nessuna autorizzazione era stata rilasciata per eseguire una perquisizione con denudamento.
Un tema, quello in questione, devoluto alla Corte di appello dall’imputato che, nel corso del suo esame, aveva riferito come gli agenti chiesero di sottoporsi ad una perquisizione con denudamento pur non essendo stato detto atto autorizzato.
L’imputato aveva fatto peraltro notare come la sua tesi difensiva fosse corroborata dal fatto che la sanzione disciplinare inflittagli nell’occasione fosse stata particolarment lieve (tre giorni di isolamento) rispetto a quelle cui vengono sottoposti i detenuti pe comportamenti del tipo di quello per cui si procede.
Proprio detta circostanza, si sostiene, sarebbe rivelatrice della anomalia della situazione.
La Corte di appello ha affermato che non vi sarebbero ragioni per dubitare di quanto riferito concordemente dai testi di polizia penitenziara, presenti sul posto al momento in cui i fatti si verificarono, che avevano dichiarato di come si fosse trattato di u perquisizione ordinaria e non con denudamento; testimoni, secondo la Corte, attendibili perchè di polizia, perché non animati da un interesse inquinante e, ancora, perché le
dichiarazioni dell’imputato sarebbero “di per sé” dotate di una minore capacità
dimostrativa dei fatti narrati “in assenza di qualsivoglia riscontro”.
3. Si tratta di un ragionamento che non può essere condiviso.
Il tema ha una rilevante centrale nel processo e andava accertato con rigore, tenuto conto che le deposizioni del personale di polizia penitenziaria non potevano di per sé
esautorare da approfondimenti probatori, essendo gli agenti soggetti non del tutto terzi rispetto alla ricostruzione alternativa dell’imputato; ciò che, in particolare, no
stato chiarito è: a) se fossero presenti, oltre agli agenti, altre persone al momento i cui i fatti si verificarono; b) quali fossero le procedure che quotidianamente venivano
eseguite dopo che i detenuti avevano colloqui; c) quali i rapporti fra quegli agenti di polizia penitenziaria e il ricorrente; d) cosa fu accertato nel procedimento disciplinare;
e) se la tesi della perquisizione arbitraria fu sostenuta sin dall’immediatezza dall’imputato; f) quale tipo di sanzione disciplinare veniva normalmente inflitta per
comportamenti del tipo di quelli per sui si procede e, in particolare, se la sanzione fu particolarmente blanda, e posto che lo sia stato, le ragioni di tale decisione; e) se v
erano stati in precedenza comportamenti abusivi da parte degli agenti. Rispetto a tali decisivi temi di prova, la motivazione è obiettivamente silente.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata; la Corte di appello, in sede di rinvio, accerterà i fatti secondo le indicazioni appena fornite e verificherà s e in che limiti sia configurabile il reato contestato.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2025
Il Con.s1ìere estensore
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