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Atto arbitrario: quando la reazione è giustificata?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due cittadini, chiarendo la nozione di atto arbitrario. La Corte ha stabilito che la semplice illegittimità dell’azione di un pubblico ufficiale non è sufficiente per qualificarla come “arbitraria” e giustificare la reazione del privato. Per configurare un atto arbitrario, è necessario che il pubblico ufficiale ecceda consapevolmente i propri poteri per scopi estranei alla funzione o usi metodi aggressivi o vessatori. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto Arbitrario: Quando la Reazione del Cittadino è Legittima?

La linea di confine tra un atto illegittimo di un pubblico ufficiale e un vero e proprio atto arbitrario è spesso sottile ma giuridicamente cruciale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura, delineando con precisione i presupposti necessari affinché la reazione di un cittadino possa essere considerata non punibile. Comprendere questa distinzione è fondamentale per chiunque si trovi a interagire con le autorità.

I Fatti del Caso

Due cittadini hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il nucleo della loro difesa si basava sulla presunta mancata applicazione dell’articolo 393-bis del codice penale, che prevede una causa di non punibilità per chi reagisce a un atto arbitrario compiuto da un pubblico ufficiale. Secondo i ricorrenti, la Corte di merito aveva erroneamente valutato la condotta del pubblico ufficiale, non riconoscendone la natura arbitraria e, di conseguenza, negando loro il diritto a una reazione legittima.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si fonda su un’analisi dei presupposti giuridici del ricorso stesso. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni presentate dai ricorrenti fossero generiche e non idonee a dimostrare un errore di diritto da parte del giudice d’appello. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni: la nozione di atto arbitrario

Il passaggio centrale della motivazione della Corte riguarda la definizione di atto arbitrario. I giudici hanno chiarito che non basta la semplice illegittimità di un’azione compiuta da un pubblico ufficiale per qualificarla come arbitraria. La nozione di arbitrarietà richiede qualcosa di più grave e specifico.

Perché si configuri un atto arbitrario è necessario che si verifichi una delle seguenti condizioni:

1. Eccesso di potere consapevole: il pubblico ufficiale deve eccedere i limiti dei suoi poteri con la piena consapevolezza di farlo.
2. Scopo estraneo alla funzione: l’azione deve essere mossa da un fine personale o comunque estraneo agli interessi pubblici che il funzionario è tenuto a perseguire.
3. Modalità aggressive o vessatorie: il pubblico ufficiale deve utilizzare mezzi non consentiti dalla legge o avvalersi del suo potere in modo aggressivo, vessatorio, o sconveniente e non consono alle regole della normale convivenza civile.

La Corte ha sottolineato che, nel caso di specie, i ricorrenti non avevano fornito elementi oggettivi sufficienti a dimostrare un errore sul fatto che potesse far apparire arbitrario l’atto del pubblico ufficiale. Le loro lamentele sono state giudicate generiche e non in grado di scalfire la coerenza logica della motivazione fornita dalla Corte d’Appello.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la causa di non punibilità per reazione a un atto arbitrario è un’eccezione che va interpretata in modo restrittivo. Per un cittadino, ciò significa che la semplice percezione di un’ingiustizia o di un’irregolarità da parte di un pubblico ufficiale non autorizza automaticamente una reazione che, altrimenti, costituirebbe reato.

Per invocare con successo questa scriminante, è indispensabile poter dimostrare che la condotta del pubblico ufficiale non sia stata meramente illegittima, ma qualificabile come un vero e proprio sopruso, caratterizzato da un abuso di potere consapevole e finalizzato a scopi illeciti o attuato con modalità prepotenti. Questa ordinanza serve da monito: prima di reagire a un’azione delle autorità, è cruciale valutare se essa rientri nei rigidi confini dell’arbitrarietà delineati dalla giurisprudenza.

Quando un atto di un pubblico ufficiale può essere considerato “arbitrario” ai sensi dell’art. 393-bis c.p.?
Secondo la Corte, un atto è arbitrario quando il pubblico ufficiale eccede consapevolmente dai suoi poteri per perseguire uno scopo estraneo alle sue funzioni, oppure quando usa mezzi non consentiti, aggressivi, vessatori o non consoni alle regole della normale convivenza civile.

La semplice illegittimità di un atto di un pubblico ufficiale è sufficiente per giustificare la reazione del cittadino?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la mera illegittimità di un atto non si identifica con l’arbitrarietà. Per giustificare la reazione, l’atto deve presentare le caratteristiche più gravi di abuso di potere e vessazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Come conseguenza, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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