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Atto abnorme: Cassazione annulla rinvio al PM

Il Pubblico Ministero contesta un reato di lieve entità in materia di stupefacenti con citazione diretta. Il Tribunale, errando sulla pena applicabile, dichiara la propria incompetenza e restituisce gli atti, richiedendo un’udienza preliminare. La Cassazione qualifica tale provvedimento come atto abnorme, poiché crea una stasi processuale insuperabile, e annulla l’ordinanza, disponendo la prosecuzione del giudizio.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto Abnorme: Quando la Restituzione degli Atti al PM Blocca il Processo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4621 del 2024, affronta un caso emblematico di atto abnorme, fornendo chiarimenti cruciali sui poteri del giudice del dibattimento e sui limiti entro cui un provvedimento può causare una regressione del procedimento. La decisione sottolinea come un errore procedurale possa portare a una stasi insuperabile, giustificando un intervento correttivo eccezionale.

I Fatti del Caso: un Errore sulla Procedura Applicabile

Il caso ha origine da un procedimento per un reato in materia di stupefacenti, qualificato come di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. Per tale fattispecie, il Pubblico Ministero aveva correttamente esercitato l’azione penale attraverso la citazione diretta a giudizio, una procedura semplificata che omette l’udienza preliminare.

Tuttavia, il Tribunale in composizione monocratica, all’udienza fissata, riteneva erroneamente che per il reato contestato fosse necessaria l’udienza preliminare. Basandosi su una valutazione errata della cornice edittale della pena (probabilmente confondendo il comma 5 con il più grave comma 4), il giudice dichiarava la propria incompetenza e disponeva la restituzione degli atti al Pubblico Ministero. Questo atto ha innescato il ricorso per cassazione.

Il Ricorso del PM e la Teoria dell’Atto Abnorme

Il Pubblico Ministero ha impugnato l’ordinanza del Tribunale, sostenendone l’abnormità funzionale. L’argomento centrale era che la decisione del giudice aveva creato una situazione di stallo processuale (o ‘stasi’) insuperabile.

Infatti, il PM si trovava in un vicolo cieco procedurale:
1. Non poteva emettere un nuovo decreto di citazione diretta, poiché ciò avrebbe significato disattendere il dictum del giudice che aveva appena restituito gli atti.
2. Non poteva richiedere il rinvio a giudizio per celebrare l’udienza preliminare, poiché tale richiesta sarebbe stata proceduralmente anomala per il tipo di reato contestato, e il Giudice dell’Udienza Preliminare avrebbe dovuto, a sua volta, rilevarne l’irregolarità.

Questa regressione indebita e non sanabile del procedimento configurava, secondo l’accusa, un classico esempio di atto abnorme funzionale: un atto previsto dalla legge ma utilizzato in un contesto e per finalità che ne stravolgono la funzione, generando un blocco invalicabile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo l’ordinanza del Tribunale effettivamente abnorme. I giudici di legittimità hanno innanzitutto chiarito che l’ipotesi di reato contestata (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90), a seguito delle modifiche legislative del 2014, costituisce un reato autonomo la cui pena rientra pienamente nell’ambito di applicazione della citazione diretta a giudizio (art. 550 c.p.p.). Pertanto, la scelta del PM era stata corretta.

La Corte ha poi ribadito il principio giurisprudenziale secondo cui è abnorme il provvedimento del giudice del dibattimento che, ritenendo erroneamente necessaria l’udienza preliminare, restituisce gli atti al PM. La ragione risiede proprio nella ‘conseguente stasi insuperabile del processo’.

L’abnormità, spiegano i giudici citando le Sezioni Unite, rappresenta uno ‘sviamento dalla funzione giurisdizionale’. Non si tratta di un semplice atto illegittimo, che potrebbe essere corretto con i normali mezzi di impugnazione, ma di un atto che si colloca al di fuori del perimetro funzionale previsto dall’ordinamento, esercitando un potere in una situazione radicalmente diversa da quella configurata dalla legge. La regressione che ne deriva non è ‘consentita’ ma patologica, perché non emendabile se non con la rimozione dell’atto stesso.

Le Conclusioni: l’Annullamento dell’Ordinanza e la Prosecuzione del Giudizio

Sulla base di queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata. Ha quindi disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Siracusa per la prosecuzione del giudizio. La decisione ripristina la corretta sequenza processuale, sbloccando l’impasse e affermando un principio fondamentale: l’errore del giudice non può tradursi in una paralisi della giustizia. La qualificazione di un atto come abnorme si conferma un rimedio eccezionale ma necessario per garantire la funzionalità e la logica del sistema processuale penale.

Cosa si intende per ‘atto abnorme’ in procedura penale?
Un atto abnorme è un provvedimento del giudice che, per la sua anomalia strutturale o per un uso distorto dei poteri conferiti dalla legge, si colloca al di fuori del sistema processuale, causando una paralisi del procedimento che non può essere risolta con i mezzi ordinari. Rappresenta uno ‘sviamento dalla funzione giurisdizionale’.

Perché la restituzione degli atti al Pubblico Ministero è stata considerata abnorme in questo caso?
È stata considerata abnorme perché ha generato una stasi processuale insuperabile. Il Pubblico Ministero non poteva né emettere un nuovo decreto di citazione diretta (contraddicendo l’ordine del giudice) né richiedere un’udienza preliminare (poiché sarebbe stata una procedura errata per quel reato). L’errore del giudice ha quindi bloccato il processo in modo irrimediabile.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale senza rinvio e ha ordinato la trasmissione degli atti allo stesso Tribunale per la prosecuzione del giudizio. In questo modo, ha rimosso l’atto che causava la paralisi e ha ripristinato il corretto corso del processo, che dovrà ripartire dalla fase dibattimentale ingiustamente interrotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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