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Atti persecutori: condanna anche con prove contrarie

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per atti persecutori, tentata violenza sessuale e lesioni. L’imputato aveva sostenuto che le testimonianze di alcuni testi smentivano le accuse, ma la Corte ha rigettato il ricorso, affermando che in caso di “doppia conforme” (due sentenze di condanna uguali), non si può riesaminare il merito dei fatti. I giudici hanno ritenuto logica la motivazione delle corti precedenti, che avevano giudicato inattendibili i testi a discarico, confermando così la validità delle dichiarazioni delle persone offese.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atti persecutori: la Cassazione chiarisce il valore delle prove

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 28360 del 2025, offre importanti chiarimenti sulla valutazione delle prove nel reato di atti persecutori. La Corte ha stabilito che una condanna può essere confermata anche in presenza di testimonianze contraddittorie, a condizione che la motivazione dei giudici di merito sia logica e coerente. Questo principio rafforza la tutela delle vittime, specialmente nei casi in cui le prove testimoniali sono discordanti.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado e in appello per una serie di reati gravi commessi ai danni dei membri di una famiglia. Le accuse includevano:

* Atti persecutori (art. 612-bis c.p.): minacce e molestie reiterate che avevano causato alle vittime un perdurante stato d’ansia e paura, costringendole a modificare le proprie abitudini di vita.
* Tentata violenza sessuale (artt. 56, 609-bis, 609-ter c.p.): un episodio in cui l’imputato aveva aggredito un minore, denudandosi e tentando di afferrarlo, non riuscendoci per l’intervento del fratello della vittima.
* Lesioni personali (art. 582 c.p.): lesioni causate al minore durante l’aggressione.

Le condotte persecutorie si erano protratte nel tempo, con minacce di morte, aggressioni fisiche e un clima di intimidazione costante.

Il Ricorso in Cassazione e la questione degli atti persecutori

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi principalmente su due motivi. Il primo, e più rilevante, era il cosiddetto “travisamento della prova”. Secondo la difesa, i giudici di primo grado e d’appello avrebbero ignorato o interpretato erroneamente le dichiarazioni di alcuni testimoni che smentivano la versione dei fatti fornita dalle persone offese. In particolare, le sorelle di uno dei testi e un altro testimone oculare avevano fornito resoconti che, a detta della difesa, scagionavano l’imputato da specifici episodi. La difesa sosteneva che questa errata valutazione delle prove rendeva la motivazione delle sentenze illogica e contraddittoria.

La Tesi della Difesa: Testimonianze Inattendibili

Con il secondo motivo, la difesa ha contestato la sussistenza stessa del reato di atti persecutori, sostenendo la mancanza sia dell’elemento oggettivo (la reiterazione delle condotte) sia di quello soggettivo (il dolo). Si affermava che le accuse si basavano unicamente sulle dichiarazioni delle vittime, non supportate da riscontri esterni e, anzi, smentite da altri testimoni.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. Il ragionamento dei giudici supremi si fonda su principi consolidati in materia di valutazione della prova e dei limiti del giudizio di legittimità.

Il Principio della “Doppia Conforme”

Innanzitutto, la Corte ha ribadito che, in presenza di una “doppia conforme” (cioè due sentenze di condanna identiche nei due gradi di merito), il vizio di motivazione che può essere fatto valere in Cassazione è molto limitato. Non è possibile chiedere alla Cassazione una nuova valutazione dei fatti, ma solo contestare un’omissione o un’illogicità manifesta nell’analisi di prove decisive.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano ampiamente e logicamente spiegato perché le testimonianze a discarico non fossero ritenute credibili. Le sorelle testimoni, secondo i giudici, avevano cercato di prendere le distanze dalla vicenda per non essere coinvolte. Analogamente, l’altro teste era stato ritenuto reticente, preferendo “farsi i fatti propri” nel contesto di una piccola comunità dove tutti si conoscono. Questa spiegazione, essendo logica e non manifestamente errata, non è censurabile in sede di Cassazione.

La Sussistenza del Reato di Atti Persecutori

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha evidenziato come le sentenze di merito avessero descritto dettagliatamente la pluralità e la reiterazione degli episodi vessatori. L’abitualità delle condotte e la loro capacità di ingenerare paura e ansia erano state ampiamente dimostrate. Le conseguenze sulle vittime, come il cambiamento di domicilio di uno dei familiari e le difficoltà psicologiche del minore, costituivano la prova dell’evento del reato. L’elemento soggettivo, il dolo generico, è stato ritenuto sussistente nella volontà consapevole di porre in essere le condotte minacciose e moleste, con la consapevolezza della loro idoneità a produrre gli effetti dannosi previsti dalla norma.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un punto fondamentale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un organo di controllo sulla legittimità e sulla logicità delle decisioni. Quando i giudici di primo e secondo grado forniscono una motivazione coerente e logica per le loro conclusioni, in particolare sulla valutazione dell’attendibilità dei testimoni, tale valutazione non può essere rimessa in discussione. Questa decisione consolida la tutela delle vittime di atti persecutori, riconoscendo che la loro parola, se attentamente vagliata e ritenuta credibile, può costituire il fondamento di una condanna, anche a fronte di elementi probatori di segno contrario, qualora questi ultimi vengano motivatamente giudicati inattendibili.

Quando una condanna per atti persecutori può essere confermata nonostante testimonianze contrarie?
Una condanna può essere confermata se i giudici di merito forniscono una motivazione logica e coerente per ritenere inattendibili le testimonianze contrarie e, al contempo, credibili le dichiarazioni della persona offesa. La Corte di Cassazione non può riesaminare questa valutazione, ma solo controllarne la logicità.

Cosa significa “doppia conforme” e quali sono le conseguenze per il ricorso in Cassazione?
“Doppia conforme” si ha quando la sentenza d’appello conferma integralmente la condanna di primo grado. In questo caso, il ricorso in Cassazione è limitato: non si possono contestare i fatti come accertati, ma solo vizi logici macroscopici o l’omessa valutazione di prove decisive che erano state sottoposte all’attenzione del giudice d’appello.

In che modo viene valutata la reiterazione delle condotte nel reato di atti persecutori?
Nel reato di atti persecutori (stalking), la reiterazione è un elemento essenziale. Ciò che rileva non è la datazione di ogni singolo atto, ma la loro identificabilità come segmenti di una condotta unitaria e persecutoria che, nel suo complesso, produce uno degli eventi previsti dalla norma (stato d’ansia, paura, cambiamento delle abitudini di vita).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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