Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6365 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6365 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 16/02/1982
avverso la sentenza del 26/02/2024 della Corte d’appello di Bari dato avviso alle parti;
lette la memoria dell’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME NOME, il quale ha rappresentato le ragioni della ritenuta ammissibilità del ricorso; lette le conclusioni dello stesso Avv. COGNOME difensore di COGNOME NOME, il quale ha ribadito l’ammissibilità del ricorso e ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo non è consentito per carenza di interesse in considerazione dell’irrilevanza della sollevata questione di legittimità costituzionale del comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen., atteso che, come è stato chiarito dalla Corte di cassazione, nel caso in cui il giudizio di appello sia stato trattato con procedimento camerale non partecipato e non sia stata avanzata istanza di partecipazione, come è avvenuto nel caso di specie, l’imputato non si può considerare giudicato in assenza (Sez. 6, n. 49315 del 24/10/2023, L., Rv. 285499-01), con la conseguenza che, ai fini della presentazione del ricorso per
cassazione, non è necessario il deposito dello specifico mandato a impugnare ai sensi del denunciato comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen.;
ritenuto che il secondo motivo, con il quale si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità del ricorrente per il reato di truffa a lui attribuito con riferimento sia all’eleme oggettivo sia all’elemento soggettivo di tale reato, non è consentito in questa sede perché, reiterando profili di censura già avanzati e adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale (si veda, in particolare, il primo capoverso dell pag. 5 della sentenza impugnata), prospettano doglianze in punto di fatto finalizzate a prefigurare una rivalutazione e/o un’alternativa rilettura delle fonti prova, invero, estranee al sindacato di legittimità, se avulse, come nel caso di specie, dalla pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici del merito;
considerato che il terzo motivo, con il quale si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 13 bis cod. pen., oltre che non consentito in questa sede, perché riproduttivo di motivi di censura già adeguatamente vagliati e disattesi, con corretti argomenti giuridici, dai giudici di merito, e dunque non connotato dalla necessaria specificità e dall’effettivo confronto con la complessità delle ragioni poste alla base del decisum, è anche manifestamente infondato poiché, contrariamente a quanto lamentato nel ricorso, i giudici di appello – come emerge dal terzultimo capoverso della pag. 5 della sentenza impugnata -, con una motivazione esente da vizi, hanno congruamente esplicato le ragioni in base alle quali non è possibile ritenere caratterizzato da particolare tenuità l’episodio di truffa ascritto all’odier ricorrente, indicando specificatamente i plurimi elementi, relativi alle modalità attuative dello stesso episodio, che ostano al riconoscimento della causa di non punibilità in questione;
ritenuto che il quarto motivo, con il quale si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62, n. 4), e 62-bis cod. pen., è manifestamente infondato, poiché la Corte territoriale, con una motivazione esente da vizi, disattendendo gli assunti difensivi e facendo corretta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, ha compiutamente esplicato le ragioni poste alla base del diniego delle circostanze attenuanti generiche (si vedano le pagg. 5-6 della sentenza impugnata);
che, infatti, premesso che in tema di attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. il giudice di merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è incensurabile in sede di legittimità, purché (come nel caso di specie) sia non contraddittoria e dia
conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione, non essendo necessario, invece, che si prendano in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, deve sottolinea come il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche possa essere legittimamente giustificato anche con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), potendosi valorizzare in tale direzione anche i soli precedenti penali (cfr., ad es., Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269), mentre le stesse circostanze attenuanti, a norma del terzo comma dell’art. 62-bis cod. pen., non possono essere riconosciute in ragione della mera assenza di precedenti condanne a carico dell’imputato;
ritenuto che anche il diniego delle altre circostanze attenuanti di cui all’art. 62 cod. pen., le quali erano state genericamente richieste dall’imputato, e, tra queste, in particolare, della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen., deve ritenere corretto, alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione e non manifestamente illogico;
che la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza del reato, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280615-01; Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241-01, la quale, in applicazione dello stesso principio, ha ritenuto inammissibile il ricorso con il quale l’imputato aveva invocato la configurabilità della circostanza attenuante de quo in una fattispecie di furto di merce del valore commerciale di 82 euro, sul presupposto che tale somma fosse irrilevante rispetto alla capacità economica del supermercato vittima del reato).
che, inoltre, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante, non si deve avere riguardo soltanto al valore venale del corpo del reato, ma anche al pregiudizio complessivo e al disvalore sociale recati con la condotta dell’imputato, in termini effettivi o potenziali (Sez. 3, n. 18013 del 05/02/2019, COGNOME, Rv. 275950-01; Sez. 2, n. 50660 del 05/10/2017, COGNOME, Rv. 271695-01);
che, pertanto, il diniego della circostanza de quo, a fronte di un danno per la persona offesa di 400 euro e del disvalore sociale della condotta dell’imputato, si deve ritenere conforme agli indicati orientamenti della Corte di cassazione e privo di contraddizioni o di illogicità, tanto meno manifeste;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.