Attenuanti negate: la Cassazione traccia i confini del ricorso
Quando è possibile contestare in Cassazione la mancata concessione di attenuanti? Una recente sentenza della Suprema Corte (Sent. n. 23314/2025) offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo che la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito non può essere messa in discussione se la motivazione è logica e coerente. Questo caso riguarda un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti e per una rapina, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile.
I Fatti di Causa
Il percorso giudiziario inizia con una condanna in primo grado per diversi reati, tra cui associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90) e rapina aggravata (art. 628 c.p.). La Corte d’Appello, in parziale riforma, dichiara il non doversi procedere per alcuni capi d’imputazione, ridetermina la pena ma conferma la responsabilità dell’imputato per i reati principali.
Insoddisfatto della decisione, l’imputato propone ricorso per Cassazione tramite il suo difensore, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione su tre punti specifici, tutti relativi alla mancata concessione di determinate attenuanti.
I Motivi del Ricorso: la richiesta di attenuanti
La difesa ha articolato il ricorso su tre motivi principali, chiedendo il riconoscimento di:
1. Attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.): Si contestava il diniego di queste circostanze, fondamentali per una riduzione della pena.
2. Attenuanti speciali in materia di stupefacenti (artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90): Si lamentava la mancata applicazione delle diminuenti previste per i reati legati alla droga.
3. Attenuante del contributo minimo (art. 114 c.p.): Si sosteneva che il ruolo dell’imputato nella rapina fosse stato marginale e, quindi, meritevole della specifica attenuante.
La Procura Generale, tuttavia, ha da subito chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile.
Le Motivazioni della Cassazione: la distinzione tra merito e legittimità
La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta della Procura, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Le motivazioni della Corte sono un chiaro esempio della differenza tra il giudizio di merito (primo e secondo grado) e quello di legittimità (Cassazione).
Analisi delle singole attenuanti negate
Sul primo motivo, relativo alle attenuanti generiche, la Corte ha definito la doglianza ‘manifestamente infondata’. I giudici hanno spiegato che la Corte d’Appello aveva correttamente motivato il diniego, precisando che il loro riconoscimento deve basarsi su presupposti diversi da quelli che avevano già portato alla concessione di altre circostanze (come l’attenuante della collaborazione). In assenza di ulteriori elementi positivi, la decisione del giudice di merito è insindacabile perché frutto di una valutazione ponderata e non arbitraria.
Anche il secondo motivo, sulle attenuanti speciali per i reati di droga, è stato ritenuto insindacabile. La Corte d’Appello aveva concluso che non erano stati provati i presupposti per la loro applicazione. Questa, ancora una volta, è una considerazione di merito che non può essere riesaminata in sede di legittimità.
Infine, il terzo motivo, riguardante il contributo minimo nella rapina, è stato giudicato inammissibile perché mirava a una ‘diversa lettura degli elementi di prova’. La sentenza impugnata aveva motivatamente evidenziato il ruolo fondamentale dell’imputato come ‘vedetta’ in una rapina a mano armata, conclusasi con il ferimento di una vittima. Sollecitare la Cassazione a rivedere questa ricostruzione fattuale esula dalle sue competenze.
Conclusioni: le conseguenze dell’inammissibilità
La sentenza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Quando un ricorso si limita a proporre una diversa interpretazione delle prove, senza evidenziare un reale vizio giuridico, esso è destinato all’inammissibilità.
Come conseguenza, l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, poiché non è stata ravvisata un’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
È possibile ottenere le attenuanti generiche basandosi sugli stessi presupposti di un’altra attenuante già concessa?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il riconoscimento delle attenuanti generiche deve fondarsi su presupposti differenti e ulteriori rispetto a quelli che hanno giustificato la concessione di un’altra attenuante, come quella della collaborazione.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove per concedere un’attenuante come quella del contributo minimo (art. 114 c.p.)?
No, la Cassazione ha dichiarato inammissibile un motivo di ricorso di questo tipo perché volto a sollecitare una diversa lettura degli elementi di prova, attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (primo e secondo grado) e non al giudice di legittimità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Stando alla sentenza, quando il ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23314 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23314 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a Catania il 11/04/1970
inoltre:
Parte civile
avverso la sentenza del 03/07/2024 della Corte d’appello di Catania.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 3.7.2024, la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere in ordine ad alcuni reati (capi 4 e 5) ascritti a NOME COGNOME ha rideterminato la pena e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità dell’imputato per i restanti reati (capi 1, 2, e 3) di cui agli artt. 73, 74 d.P.R. 309/90 e 628, commi 1 e 3, cod. pen.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione quanto ai seguent profili: i) mancata concessione delle attenuanti generiche; ii) mancata concessi delle diminuenti speciali di cui agli artt. 74, comma 7, e 73, comma 7, d.P 309/90; iii) mancata concessione dell’attenuante del contributo minimo di c all’art. 114 cod. pen.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso l’inammissibilità del ricorso.
La difesa del ricorrente ha depositato memoria scritta con cui insiste l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
5.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che il diniego del attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen. risulta sorretto da motivaz immune da censure, avendo la Corte territoriale precisato che il riconosciment delle stesse deve fondarsi su presupposti differenti rispetto alla riconos attenuante della collaborazione e non avendo, pertanto, ravvisato ulteri elementi positivi valorizzabili ai fini che qui rilevano, secondo una ponderata e arbitraria valutazione di merito, come tale insindacabile nella presente sed legittimità.
5.2. Il secondo motivo è parimenti insindacabile, avendo i giudicanti ritenu non provati i presupposti per il riconoscimento delle attenuanti di cui al comm degli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90, secondo considerazioni di merito che n possono essere rimesse in discussione in questa sede.
5.3. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto sostanzialmente volto sollecitare una diversa lettura degli elementi di prova conformemente apprezza da entrambi i giudici del merito, ai fini del riconoscimento dell’attenuante d all’art. 114 cod. pen. in relazione al reato di cui al capo 3), a fronte di una che ha motivatamente riscontrato il fondamentale ruolo di “vedetta” del prevenut nella rapina perpetrata con armi e conclusasi con il ferimento di una delle pers offese.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di col nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processual consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equ quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de
ammende.
Così deciso il 30 aprile 2025
Il Consigli
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estensore
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Il Presiden