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Attenuanti: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva negato la concessione di attenuanti generiche, speciali per reati di droga e per il contributo minimo in una rapina. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione dei presupposti per le attenuanti è una questione di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e priva di vizi.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti negate: la Cassazione traccia i confini del ricorso

Quando è possibile contestare in Cassazione la mancata concessione di attenuanti? Una recente sentenza della Suprema Corte (Sent. n. 23314/2025) offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo che la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito non può essere messa in discussione se la motivazione è logica e coerente. Questo caso riguarda un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti e per una rapina, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile.

I Fatti di Causa

Il percorso giudiziario inizia con una condanna in primo grado per diversi reati, tra cui associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90) e rapina aggravata (art. 628 c.p.). La Corte d’Appello, in parziale riforma, dichiara il non doversi procedere per alcuni capi d’imputazione, ridetermina la pena ma conferma la responsabilità dell’imputato per i reati principali.

Insoddisfatto della decisione, l’imputato propone ricorso per Cassazione tramite il suo difensore, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione su tre punti specifici, tutti relativi alla mancata concessione di determinate attenuanti.

I Motivi del Ricorso: la richiesta di attenuanti

La difesa ha articolato il ricorso su tre motivi principali, chiedendo il riconoscimento di:

1. Attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.): Si contestava il diniego di queste circostanze, fondamentali per una riduzione della pena.
2. Attenuanti speciali in materia di stupefacenti (artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90): Si lamentava la mancata applicazione delle diminuenti previste per i reati legati alla droga.
3. Attenuante del contributo minimo (art. 114 c.p.): Si sosteneva che il ruolo dell’imputato nella rapina fosse stato marginale e, quindi, meritevole della specifica attenuante.

La Procura Generale, tuttavia, ha da subito chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Cassazione: la distinzione tra merito e legittimità

La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta della Procura, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Le motivazioni della Corte sono un chiaro esempio della differenza tra il giudizio di merito (primo e secondo grado) e quello di legittimità (Cassazione).

Analisi delle singole attenuanti negate

Sul primo motivo, relativo alle attenuanti generiche, la Corte ha definito la doglianza ‘manifestamente infondata’. I giudici hanno spiegato che la Corte d’Appello aveva correttamente motivato il diniego, precisando che il loro riconoscimento deve basarsi su presupposti diversi da quelli che avevano già portato alla concessione di altre circostanze (come l’attenuante della collaborazione). In assenza di ulteriori elementi positivi, la decisione del giudice di merito è insindacabile perché frutto di una valutazione ponderata e non arbitraria.

Anche il secondo motivo, sulle attenuanti speciali per i reati di droga, è stato ritenuto insindacabile. La Corte d’Appello aveva concluso che non erano stati provati i presupposti per la loro applicazione. Questa, ancora una volta, è una considerazione di merito che non può essere riesaminata in sede di legittimità.

Infine, il terzo motivo, riguardante il contributo minimo nella rapina, è stato giudicato inammissibile perché mirava a una ‘diversa lettura degli elementi di prova’. La sentenza impugnata aveva motivatamente evidenziato il ruolo fondamentale dell’imputato come ‘vedetta’ in una rapina a mano armata, conclusasi con il ferimento di una vittima. Sollecitare la Cassazione a rivedere questa ricostruzione fattuale esula dalle sue competenze.

Conclusioni: le conseguenze dell’inammissibilità

La sentenza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Quando un ricorso si limita a proporre una diversa interpretazione delle prove, senza evidenziare un reale vizio giuridico, esso è destinato all’inammissibilità.

Come conseguenza, l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, poiché non è stata ravvisata un’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

È possibile ottenere le attenuanti generiche basandosi sugli stessi presupposti di un’altra attenuante già concessa?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il riconoscimento delle attenuanti generiche deve fondarsi su presupposti differenti e ulteriori rispetto a quelli che hanno giustificato la concessione di un’altra attenuante, come quella della collaborazione.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove per concedere un’attenuante come quella del contributo minimo (art. 114 c.p.)?
No, la Cassazione ha dichiarato inammissibile un motivo di ricorso di questo tipo perché volto a sollecitare una diversa lettura degli elementi di prova, attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (primo e secondo grado) e non al giudice di legittimità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Stando alla sentenza, quando il ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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