Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46222 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46222 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato il 01/01/1982 in Marocco NOME COGNOME nato il 27/01/1989 in Marocco avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 01/02/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Firenze, riformando la decisione, adottata a conclusione di un giudizio abbreviato, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pistoia, qualificati ex art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 i fatti descritti nei capi A e B delle imputazioni (concernenti la detenzione illecita di complessivamente 729 kilogrammi di hashish) e ritenuto assorbito il reato oggetto del capo B in quello contestato nel capo A, ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME e a NOME COGNOME.
Nei ricorsi congiunti presentati dai difensori degli imputati si chiede l’annullamento della sentenza.
2.1. Con il primo motivo, si adduce violazione dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. per avere la Corte di fatto rinnovato, d’ufficio, senza fornirne motivazione, la istruttoria acquisendo la nota del Pubblico ministero del 31/01/2014 con la allegata annotazione del Comando Provinciale dei Carabinieri di Pisa, contenente dati pertinenti alla richiesta della difesa di valutare, a seguit del disconoscimento, nel primo grado di giudizio, della circostanza attenuante ex art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309/1990, gli esiti (infruttuosi) delle indagin conseguenti alla chiamata in correità di NOME COGNOME effettuata dall’imputato NOME COGNOME
2.2. Con il secondo motivo, si adduce vizio della motivazione per avere disconosciuto le circostanze attenuanti generiche trascurando la regolarità della presenza di NOME COGNOME sul territorio nazionale, la risalenza del tempo dell’unico precedente penale dei due imputati e il loro corretto comportamento processuale, nonchè sminuendo il valore delle loro dichiarazioni auto e etero accusatorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Come precisato nella sentenza e non contestato nel ricorso l’acquisizione dei documenti prima indicati è avvenuta «anche su sollecitazione della difesa» all’evidente scopo di valutare gli esiti delle indagini avviate sulla base dell chiamata in correità espressa dall’imputato NOME COGNOME e per valutare la fondatezza del suo motivo di appello concernente il disconoscimento della circostanza attenuante ex art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309/1990. La Corte ha anche analiticamente spiegato (p. 6-7) perché le indicazioni fornite dall’imputato non hanno prodotto esiti utili a indentificare colui che gli fornì la droga.
Su questa basi, risulta sussistere una motivazione implicita, ma del tutto chiara nel contesto del processo, della integrazione istruttoria nella linea di quanto riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo la quale la rinnovazione dell’istruttoria in appello è compatibile con il rito abbreviato anche a fine di far valere, in tema di reati concernenti gli stupefacenti, l’attenuante del collaborazione prevista dall’art. 73, comma 7, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 30 (Sez. 3, n. 16199 del 12/03/2013, dep. COGNOME, Rv. 255484; Sez. 3, n. 1858 del 22/09/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251798).
Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Esercitando in corpo non irragionevole e senza incorrere in manifeste illogicità, il suo potere discrezionale, la Corte di appello ha negato le circostanze attenuanti generiche considerando che; gli imputati hanno ammesso soli i fatti che non potevano negare, stante la loro evidenza, che hanno condotto all’arresto in flagranza di reato; l’asserito grave disagio socio-economico dei due imputati non è stato provato; il precedente penale specifico si è realizzato dopo l’esecuzione delle precedenti sentenze di condanna, sicché l’esecuzione della pena non ha prodotto un effetto risocializzante.
Su queste basi, i ricorsi risultano inammissibili e dalla dichiarazione della inammissibilità deriva ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende che si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna I ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/10/2024