Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36722 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36722 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/11/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
NOME ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore della parte civile, AVV_NOTAIO, il quale conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata e deposita le conclusioni scritte con nota spese anche per l’avvocato COGNOME;
udito, per l’imputato, l’AVV_NOTAIO, che conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2 novembre 2023, la Corte di assise di appello di Napoli, in parziale riforma di quella emessa dalla Corte di assise della stessa città il 14 luglio 2022, ha rideterminato in diciannove anni di reclusione la pena, ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato, inflitta ad NOME COGNOME pe reati, uniti dal vincolo della continuazione, di omicidio volontario, detenzione e porto in luogo pubblico di arma clandestina e minaccia aggravata.
Le menzionate sentenze sono state emesse nell’ambito del procedimento penale scaturito dalla morte di NOME COGNOME, avvenuta in Napoli il 18 maggio 2021 a seguito dell’esplosione, risalente all’8 aprile 2021, di numerosi colpi di arma da fuoco – di cui tre hanno raggiunto la persona offesa – da parte di NOME COGNOME il quale, a seguito di un estemporaneo litigio, avvenuto in Casoria, con COGNOME, suo conoscente, si è portato, a bordo di un motociclo, presso l’abitazione del contraddittore che, appena uscito da casa, ha ripetutamente colpito per poi allontanarsi, non senza avere prima minacciato di morte il padre della vittima, che si era posto al suo inseguimento al fine di bloccarlo.
Pacifica la responsabilità di COGNOME in ordine al gravissimo fatto di sangue, originato da un movente che non è stato possibile accertare compiutamente, la Corte di assise di appello ha, tra l’altro, disatteso i motivi di impugnazione articolati dall’imputato con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche e diversamente modulato, rispetto alla decisione di primo grado, le sanzioni irrogate, per i reati satellite, a titolo di aumento per la continuazione.
NOME COGNOME propone, con il ministero dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali si duole, in chiave sia di violazione di legge che di vizio di motivazione, del rigetto del motivo di impugnazione vertente sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, che egli, sostiene, avrebbe meritato in ragione dell’ottimo comportamento processuale, concretatosi nel presentarsi, spontaneamente, presso la Caserma dei Carabinieri dopo appena tre giorni dall’emissione, nei suoi confronti, di decreto di fermo, nel rendere piena confessione e nel consentire il rinvenimento dell’arma del delitto, indicandone la precisa ubicazione.
Con il secondo motivo, lamenta carenza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla determinazione delle pene inflittegli per i reati diversi da quello più grave, non assistita da idoneo apparato argomentativo ed avvenuta, quindi, in spregio ai canoni affermati dal massimo consesso
nomofilattico con la sentenza n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 01.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
2. Il primo motivo verte sulla congruità della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l’imputato, si sostiene, avrebbe meritato in considerazione dell’ottimo comportamento processuale da lui serbato, concretatosi nel presentarsi, spontaneamente, presso la Caserma dei Carabinieri dopo appena tre giorni dall’emissione, nei suoi confronti, di decreto di fermo, nel rendere piena confessione e nel consentire il rinvenimento dell’arma del delitto, indicandone la precisa ubicazione.
Così facendo, COGNOME invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e più favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merit hanno fornito una lettura aliena dall’ipotizzato travisamento della prova.
Premesso che è pacifico, in giurisprudenza, che «In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione» (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269), va attestato che la Corte di assise di appello ha indicato – alle pagg. 32-33 della motivazione della sentenza impugnata – le ragioni che precludono l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, riferendosi, in primo luogo, all’estrema brutalità del commesso reato ed all’intensità del dolo dell’imputato, il quale non ha esitato ad esplodere nove colpi di pistola all’indirizzo della vittima che, in quel frangente, cercava di fuggi e sottrarsi alla morte, senza deflettere dal proposito omicidiario neanche a fronte delle grida degli astanti, che cercavano di ricondurlo alla ragione, e del dolore del padre di NOME, che tentava di bloccarlo.
La Corte di assise di appello ha, d’altro canto, espressamente vagliato gli elementi addotti da COGNOME il quale, nel momento in cui si è consegnato alle autorità, era già raggiunto da un granitico quadro indiziarlo ed era stato raggiunto da un decreto di fermo, alla cui esecuzione erano state destinate cospicue risorse umani e materiali.
Rilevato che, nel delineato contesto, la confessione non costituisce, di per sé, sintomo di resipiscenza, i giudici di merito hanno aggiunto che le indicazioni
fornite in vista del ritrovamento dell’arma del delitto sono state accompagnate da concomitanti iniziative, tenute in costanza di detenzione, espressive del persistente collegamento con ambienti delinquenziali e della propensione a trasgredire le regole connesse alla condizione detentiva (COGNOME, in particolare, è risultato detenere senza autorizzazione un telefono cellulare, che ha utilizzato per comunicazioni dal contenuto allarmante)
L’iter argomentativo sviluppato dalla Corte di assise di appello si mantiene all’interno della fisiologica discrezionalità e non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che i giudice di legittimità non può compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali.
Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizz ermeneutico secondo cui «Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente» (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269) e «In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la “ratio” della disposizione di cui all’art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti» (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME Cotiis, Rv. 265826).
Allo stesso modo, incensurabile è la determinazione degli aumenti per la continuazione in termini che, correttamente, sono distintamente riferiti a ciascuno dei reati in contestazione e la cui misura appare adeguatamente parametrata, anche attraverso l’espresso richiamo a taluno degli indici previsti dall’art. 133 cod. pen., sia alle rispettive cornici edittali che al concr coefficiente di gravità del tragico episodio, sì da garantire il pieno rispetto d principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con l’evocata sentenza n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione in favore delle costituite parti civili, nel misura indicata in dispositivo, delle spese relative all’azione civile ed al grado.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentan difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 5.00 oltre accessori di legge, nonché alla rifusione delle spese di rappresenta difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE liquida in euro 3.500, oltre accessori di legge.
Così deciso il 30/05/2024.