Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20768 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20768 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BOLOGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, i persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chie GLYPH do
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza emessa in data 14/11/2022, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Bologna con cui COGNOME NOME, ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 187, commi 1 e 1-quater; 186, commi 1, 2 lett. b) e 2-sexies cod. strada, è stato condannato alla pena di mesi sette di arresto, pena sospesa a termini e condizioni di legge.
Con motivo unico di ricorso la difesa deduce omessa motivazione con riferimento alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
2. Il ricorso è privo di pregio.
La difesa aveva invocato nell’atto di appello la concessione delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. in ragione dell’incensuratezza dell’imputato e del comportamento processuale.
La richiesta risultava tuttavia priva di concreti riferimenti a circostanz idonee a consentire l’individuazione dei profili di meritevolezza.
E’ noto come, in seguito alle modifiche apportate all’art. 62-bis cod. pen. dalla legge n. 125 del 24 luglio 2008, la sola incensuratezza non può essere posta a fondamento della concessione delle attenuanti generiche.
D’altro canto, il breve riferimento al “comportamento processuale” non era accompagnato da alcuna specificazione volta a chiarire in cosa si sia sostanziato il comportamento processuale meritevole di essere valorizzato ai fini della concessione del beneficio.
Occorre rammentare come le attenuanti generiche non possano essere intese come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentino tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena (così Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO) e devono essere fondate sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che la richiesta deve specificare gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza.
In virtù di tali considerazioni, deve ritenersi che la richiesta della difes fosse ab origine manifestamente infondata, perché genericamente posta e non supportata da indicazioni circostanziate.
Sebbene la Corte d’appello non abbia fornito risposta sul punto, secondo orientamento GLYPH consolidato della giurisprudenza di legittimità, in tema d’impugnazioni, è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ah origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (così, ex multis, Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281). Il caso esaminato, per le ragioni illustrate sopra, rientra fra dette ipotesi.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In Roma, così deciso il 19 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente