Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8195 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8195 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NARDO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/03/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 03/03/2023 la Corte d’appello di Lecce confermava la sentenza emessa il 09/01/2019 dal Tribunale di Lecce, con cui l’imputato era stato condanNOME alla pena di anni 1 di reclusione ed lauro 1.500,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando:
2.1. Violazione dell’articolo 157 cod. pen., essendo il reato estinto per prescrizione prima della sentenza di appello, previa esclusione della recidiva.
2.2. Vizio di motivazione per errata valutazione degli elementi di prova, da qualificarsi in termini di meri indizi, peraltro mancanti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato contestato, non provato oltre ogni ragionevole dubbio.
2.3. Violazione di legge per mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale evidenzia, infatti, che non può essere esclusa la recidiva: l’imputato, già recidivo (sia per reati specifici che contro il patrimonio e in materia di armi), ha commesso anche ulteriori reati dopo quello qui giudicato, processi definiti con condanna irrevocabile, ed è stato sottoposto alla sorveglianza speciale di P.S., sicché il presente reato costituisce espressione significativa della sua attitudine a delinquere.
In conseguenza, la prescrizione decorrerà nel 2025. A ciò va aggiunto circa un anno di sospensione del corso della prescrizione per astensione avvocati.
Il secondo motivo è inammissibile.
La Corte di appello evidenzia che la colpevolezza del ricorrente è stata desunta da plurimi e convergenti elementi, quali: il rinvenimento dello stupefacente, su segnalazione del posto esatto di occultamento da parte dello stesso imputato, già suddiviso in dosi singole; il rinvenimento di nastro adesivo usato per il confezionamento; il rinvenimento di una somma (445 euro) del cui possesso l’imputato, che versa in precarie condizioni economiche, ha fornito una spiegazione implausibile (vincita “alle macchinette”); l’aver colto l’imputato a colloquiare con
t
soggetti pacificamente conosciuti come tossicodipendenti (elemento di cui è scaturito il controllo), nonché l’implausibilità della spiegazione alternativa fornita dall’imputato per giustificare il possesso dell’eroina.
Con tale motivazione, ampia e rassicurante, il ricorrente non si confronta, limitandosi ad una generica contestazione.
5.kultimo motivo è inammissibile.
Il Collegio premette che l’obbligo di motivazione da parte del giudice sul riconoscimento delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. non sussiste tanto se la richiesta manca, quanto in caso di richiesta generica, che non alleghi gli specifici indicatori di una possibile attenuazione della pena (Sez. 3, n. 37844 del 15/06/2023, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018, Rv. 275440; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, Rv. 266460).
A tali ipotesi deve essere aggiunto il caso in cui il riconoscimento delle circostanze atipiche non abbia costituito motivo di impugnazione. Ed infatti, I riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (come di qualsiasi altra circostanza attenuante) rientra nei poteri officiosi del giudice di appello (art. 597, ultimo comma, cod. proc. pen.), ma è evidente che l’omessa attivazione di tali poteri officiosi non può essere oggetto di doglianza, in assenza di una sollecitazione ammissibile sul punto dinanzi al giudice di secondo grado (Sez. 5, n. 19893 del 28/03/2023, Pretesti, n.m.; Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019, G., Rv. 279063 – 02).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata nulla dice sulle attenuanti generiche, ma dal riepilogo dei motivi di appello emerge come il loro riconoscimento non avevsse costituito oggetto di doglianza con l’atto di impugnazione.
Tale censura deve quindi ritenersi tardivamente introdotta c:on il ricorso per cassazione.
In ogni caso, il ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente, nel ricorso, il riepilogo dei motivi di gravame operato dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, se ritenuto incompleto o comunque non corretto (cfr: Sez. II, n. 9028 del 5 novembre 2013, COGNOME, CED Cass. n. 259066); posto che alcuna contestazione al riguardo è stata formulata, deve inferirsi che la censura in scrutinio è stata tardivamente sollevata, non essendo deducibili per la prima volta in sede di legittimità vizi non dedotti in precedenza come motivo di appello (in tal senso, ex multis, Sez. V, n. 48703 del 24 settembre 2014, CED Cass. n. 261438).
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.