Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6486 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6486 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Con sentenza del 11 maggio 2023 la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza dell’i° dicembre 2022 del GUP presso il Tribunale di Roma, resa in esito a giudizio abbreviato, che aveva condannato NOME COGNOME, alla pena di anni sei di reclusione ed euro trentamila di multa per il reato di cui agli artt. 73 e 80 comma 2 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
È stato proposto ricorso per cassazione, tramite il quale l’imputato ha richiesto l’annullamento per vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche di cui all’art.62-bis cod. pen.
Il difensore dell’imputato ha depositato memoria con cui, ritenuta l’ammissibilità del ricorso, ha chiesto la assegnazione alla Terza Sezione.
Il ricorso è inammissibile.
In relazione al motivo di censura, la Corte territoriale ha dato conto delle ragioni per le quali l’odierno ricorrente non era meritevole della speciale benevolenza di cui all’art. 62-bis cod. pen., rilevando che gli elementi all’uopo proposti dalla difesa – ossia lo stato di incensuratezza e il ruolo effettivamente svolto dal prevenuto quale custode della sostanza stupefacente e del denaro, invero già ampiamente valutati dal primo Giudice ai fini della individuazione della pena base attestata al minimo edittale – fossero recessivi a fronte della gravità del reato per cui vi è stato processo, fonte di allarme sociale.
Significativi sono stati ritenuti il dato ponderale (kg. 3 e Kg. 1), la qualit della sostanza stupefacente di tipo cocaina e le modalità di detenzione della medesima rinvenuta occultata nella macchina in uso al ricorrente, tutte modalità sintomatiche di un assetto organizzativo tipico di circuito criminale di rilevante spessore, che aveva fornito la predetta sostanza stupefacente nonché una rilevante somma di denaro contante, telefoni cellulari, alloggio e automobile per gli spostamenti.
Sul punto, ritiene il Collegio che le argomentazioni della sentenza d’appello non meritino censura, in considerazione dell’esegesi giurisprudenziale di legittimità in materia. Ed invero, le circostanze attenuanti generiche, introdotte per consentire al giudice di adeguare la pena al caso concreto, sono delle circostanze a tutti gli effetti, ma sono indefinite: infatti, il legislato limita a dire che devono essere diverse da quelle indicate dall’articolo 62 cod.pen. e il giudice deve attenersi i criteri di cui all’articolo 133 cod.pen., sicchè il diniego può essere pertanto fondato sulla gravità oggettiva del reato, sulla capacità a delinquere.
Risalente e mai smentito orientamento giurisprudenziale afferma che la gravità del fatto può da sola costituire criterio sufficiente per negare la concessione delle attenuanti generiche senza che il giudice sia tenuto a motivare
sugli altri elementi indicati dallo art. 133 cod. pen. (Sez. 1, n. 626 del 05/12/1984 Rv. 167481 – 01) e che, al fine di determinare la pena base e di stabilire se concedere o negare una circostanza attenuante, il giudice può legittimamente valutare gli stessi elementi quali la gravità del fatto e precedenti penali dell’imputato (Sez. 6, n. 14414 del 19/12/1989, Rv. 185648 – 01). La motivazione resa sul punto dalla corte territoriale è congrua avendo fatto riferimento alla gravità del fatto oltre alle altre modalità dell’azione.
Ritenuto che il ricorso è inammissibilità attesa la manifesta infondatezza delle doglianze formulate alla stregua del consolidato orientamento richiamato.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
Il Consigli
Il Presidente