Attenuanti generiche: la Cassazione chiarisce quando il diniego è legittimo
Le attenuanti generiche rappresentano uno strumento fondamentale nel diritto penale, consentendo al giudice di adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, la loro concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione sui limiti del loro riconoscimento, specialmente quando altre circostanze attenuanti sono già state applicate.
Il caso in esame: il ricorso contro il diniego delle attenuanti
Il caso analizzato dalla Corte Suprema riguarda un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’unico motivo di doglianza era la mancata applicazione delle attenuanti generiche. L’imputato sosteneva che il giudice di secondo grado avesse errato nel negargli questo beneficio, che avrebbe comportato una riduzione della pena.
La difesa dell’imputato ha cercato di far valere le proprie ragioni in sede di legittimità, ovvero davanti alla Corte di Cassazione, il cui compito non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
La decisione della Corte d’Appello
La Corte d’Appello aveva negato la concessione delle attenuanti generiche fornendo una motivazione che, secondo la Cassazione, risultava esente da vizi logici. La sentenza impugnata aveva già riconosciuto un’altra attenuante, quella speciale prevista per un reato specifico, e aveva ritenuto che non vi fossero ulteriori elementi positivi tali da giustificare un’ulteriore diminuzione della pena attraverso le attenuanti generiche.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente motivato con la semplice assenza di elementi o circostanze di segno positivo ulteriori rispetto a quelli già presi in considerazione per altre attenuanti.
In altre parole, se il giudice ha già valutato positivamente alcuni aspetti della condotta dell’imputato per concedere un’attenuante specifica (come nel caso di specie, quella prevista dall’art. 648 c.p.), non è tenuto a concedere anche le attenuanti generiche se non emergono altri fattori meritevoli di valutazione. Non è necessario che il giudice analizzi e confuti ogni singolo elemento che la difesa potrebbe aver addotto a favore del proprio assistito; è sufficiente una motivazione che spieghi, in modo logico e non contraddittorio, perché non sussistono le condizioni per un’ulteriore riduzione della pena.
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello “manifestamente infondata” e priva di “evidenti illogicità”, rendendo il ricorso non meritevole di accoglimento. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma che la concessione delle attenuanti generiche è un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è sindacabile in Cassazione solo per vizi di motivazione evidenti o illogicità manifesta. La presenza di altre attenuanti già riconosciute può essere un fattore determinante nel giustificare il diniego, a meno che non vengano presentati elementi positivi distinti e ulteriori. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la richiesta di attenuanti generiche deve essere supportata da argomentazioni specifiche e non basarsi sugli stessi elementi già valorizzati per altre circostanze favorevoli.
La concessione delle attenuanti generiche è un diritto dell’imputato?
No, la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto, ma una facoltà discrezionale del giudice di merito, che valuta la presenza di elementi positivi per giustificare una riduzione della pena.
È possibile ottenere le attenuanti generiche se è già stata applicata un’altra attenuante?
Sì, è possibile, ma il giudice può legittimamente negarle se non ravvisa elementi positivi ulteriori e diversi da quelli già considerati per la concessione della prima attenuante. La semplice assenza di tali elementi è una motivazione sufficiente.
Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 157 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 157 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MECKHE( SENEGAL) il 05/05/1992
avverso la sentenza del 21/04/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità e risulta manifestamente infond in presenza (si veda pagina 2 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui il man riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo ulteriori rispetto a quanto posto a fondamento dell’attenuante speciale di cui all’art. 648 cod. pen. (Sez. 4, n. 32872 08/06/2022, COGNOME Stefano, Rv. 283489);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 novembre 2023
Il Presidente