Attenuanti Generiche: La Cassazione e i Limiti del Ricorso
Le attenuanti generiche rappresentano uno strumento fondamentale nel diritto penale, consentendo al giudice di adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, la loro concessione non è un diritto automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile contestare il loro diniego, sottolineando l’ampia discrezionalità del giudice di merito e i requisiti di un ricorso ammissibile.
Il Caso in Analisi
Un individuo, condannato in primo e secondo grado per reati legati agli stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali, ha presentato ricorso in Cassazione. L’unica doglianza riguardava la mancata concessione delle attenuanti generiche, sostenendo che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione carente su questo specifico punto.
La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della richiesta, ma la blocca a monte, ritenendo che non abbia i requisiti per essere esaminata. La conseguenza diretta per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la Discrezionalità del Giudice sulle Attenuanti Generiche
Il cuore della pronuncia risiede nel principio consolidato secondo cui la valutazione sulla concessione o meno delle attenuanti generiche costituisce un “giudizio di fatto” riservato al giudice di merito. La Corte di Cassazione, quale giudice di legittimità, non può sostituire la propria valutazione a quella del tribunale o della corte d’appello. Il suo compito è limitato a verificare che la decisione sia stata presa senza:
* Arbitrio: ovvero che non sia frutto di un capriccio.
* Illogicità o contraddittorietà: ovvero che il ragionamento segua un filo logico e coerente.
* Mancanza di motivazione: ovvero che il giudice abbia spiegato le ragioni della sua scelta.
Nel caso specifico, la Cassazione ha rilevato che la Corte d’Appello aveva ampiamente e ragionevolmente giustificato il diniego delle attenuanti, basandosi su elementi concreti previsti dall’art. 133 del codice penale:
1. Gravità oggettiva della condotta: Le azioni commesse erano state considerate particolarmente gravi nel loro complesso.
2. Quantità di droga: La quantità di sostanza stupefacente detenuta non era trascurabile.
3. Precedenti penali: L’imputato aveva numerosi e recenti precedenti, anche per reati della stessa natura.
4. Assenza di ravvedimento: Non era emerso alcun segno di pentimento o di volontà di cambiare condotta.
A fronte di una motivazione così strutturata, il ricorso dell’imputato è stato giudicato generico, poiché non contestava specificamente nessuno di questi punti, limitandosi a lamentare il diniego.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica: per contestare efficacemente il diniego delle attenuanti generiche in Cassazione, non è sufficiente esprimere un semplice disaccordo con la decisione del giudice. È indispensabile individuare e dimostrare un vizio specifico nel suo ragionamento. L’appello deve evidenziare dove la motivazione è illogica, contraddittoria o del tutto assente, altrimenti il ricorso sarà inevitabilmente destinato all’inammissibilità, con le relative conseguenze economiche.
Un giudice può negare le attenuanti generiche anche se richieste?
Sì, la concessione delle attenuanti generiche è una facoltà discrezionale del giudice. Egli deve motivare la sua decisione, ma non è obbligato a concederle se ritiene, sulla base di elementi concreti come la gravità del reato o i precedenti dell’imputato, che non siano meritate.
Quali sono le ragioni valide per negare le attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti basandosi su vari elementi, come la gravità complessiva della condotta, la presenza di numerosi e recenti precedenti penali (anche specifici), la quantità di droga detenuta in un reato di spaccio, e l’assenza di qualsiasi segno di ravvedimento da parte dell’imputato.
Cosa significa che un ricorso in Cassazione è ‘inammissibile’?
Significa che la Corte non esamina la questione nel merito perché il ricorso non rispetta i requisiti di legge. In questo caso, il ricorso era inammissibile perché non contestava un vizio logico nella motivazione della sentenza, ma si limitava a criticare una valutazione di fatto del giudice. La conseguenza è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32239 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32239 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 12/07/1994
avverso la sentenza del 17/12/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per i delitti di cui agli artt. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, 337 e 582-585, cod. pen., deducendo vizi di motivazione in tema di diniego delle attenuanti generiche.
2. Il ricorso è inammissibile.
In tema di trattamento sanzionatorio, compreso il riconoscimento o meno di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133, cod. pen., da ess considerati preponderanti, e non si presenti quale frutto di mero arbitrio o di ragionamento del tutto illogico, contraddittorio od immotivato. Nello specifico, la sentenza impugnata ha specificamente e ragionevolmente giustificato le ragioni della sua decisione sul punto (gravità obiettiva della condotta complessiva, non trascurabile quantità di droga detenuta, numerosi e recenti precedenti, anche specifici, ed assenza di qualsiasi ravvedimento) ed il ricorso nulla di specifico obietta.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Così deciso, 1’11 luglio 2025.