Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22971 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22971 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CUI CODICE_FISCALE nato a NAPOLI il 05/08/1982
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Napoli ha confer44 GLYPH (“,t,ovAio trAl -mato la pronuncia del Tribunale locale (lb dicerrftYre 7022, con la quale COGNOME NOME veniva condannato in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/ 1990.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, carenza di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen. ed in ordine alla dosimetria della pena.
2. Il motivo sopra richiamato è manifestamente infondato, in quanto assolutamente privo di specificità in tutte le sue articolazioni e del tutto assertivo. L stesso, in particolare, lungi dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limita a prospettare deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste (su contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), altresì censurando il trattamento sanzionatorio benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione, nonché da un adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (così Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01 che ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
La richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche deve invero ritenersi disattesa con motivazione implicita – in casi come quello che ci occupa – allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondata su analogo ordine di motivi (così Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275057 – 01 che, in applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure l’impugnata sentenza d’appello che, nel
N. 9110/2025 GLYPH
R.G.
confermare la determinazione della pena effettuata dal primo giudice, aveva evi- denziato la pregnanza delle circostanze aggravanti, dando implicitamente conto
dell’impossibilità di addivenire ad una mitigazione della pena inflitta).
Nel caso in esame, la Corte territoriale, nel rispondere alla doglianza difen- siva relativa alla richiesta di esclusione della recidiva, ha invero fornito adeguata
motivazione in ordine alla congruità della pena comminata dal primo giudice, va- lorizzando il
curriculum criminale dell’imputato, già gravato da numerose e rece-
denti condanne, da cui ha desunto una perdurante e rinnovata capacità a delin- quere; valutazione, questa, che giustifica in modo coerente e logicamente conse-
quenziale anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche, attesa la man- cata allegazione di ulteriori elementi positivamente valutabili.
3. Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della
prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manife- sta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025